Dove sono i 300 euro mensili destinati a ogni profugo ucraino? Secondo numerose famiglie che stanno ospitando chi fugge dalla guerra e l’associazione Refugees Welcome non si sono mai visti.
Refugees Welcome Milano: “Le famiglie ospitanti senza contributi”
Valentina La Terza di Refugees Welcome Milano denuncia a True-news.it che “non si sa quando il contributo sarà erogato”. Ma c’è di più. Anzi, di peggio. “C’è un altro dispositivo della Protezione Civile che riguarda l’accoglienza, e che scade domani, per sostenere le famiglie che stanno ospitando i profughi. Contando che fino ad ora l’accoglienza la stanno garantendo i singoli cittadini in maniera informale”.
Un provvedimento che eviterebbe l’ingresso negli hub dei numerosi profughi tenendo lontane le situazioni di disagio a cui spesso si è assistito in occasione di altre ondate migratorie. “Ma il provvedimento – continua Laterza – che aspettavamo con grande attesa, esclude dalle Faq le famiglie che stanno accogliendo. Una situazione paradossale”. Molte convivenze tra italiani e ucraini nate per emergenze, verranno lasciate senza supporto economico. Soli e abbandonati dallo Stato. A Milano ne sono nate già 150. La Lombardia è il principale approdo dei profughi ucraini diretti nel nostro Paese. Finora, secondo i dati diffusi dal Viminale, delle 80.622 persone in fuga dal conflitto almeno il 30% è approdato nella regione diretto verso il capoluogo e Brescia, roccaforti della comunità ucraina che conta oltre 54mila presenze. Aggiunge Valentina: “Il provvedimento della Protezione Civile prevede rimborsi solo per gli alberghi che hanno, in via istituzionale, accolto i profughi. Perché costano troppo”.
Alessia, una casa libera per gli ucraini ma bloccata dalla burocrazia
Alessia Maccaferri, dopo l’invasione del 24 febbraio, ha scoperto la possibilità di ospitare ucraini o di segnalare la disponibilità di appartamenti sfitti o in vendita. “Ho subito chiamato la Caritas e ho messo a disposizione gratuitamente, per un tempo limitato di tre mesi, un bilocale dove non vivo, a cento metro dall’ospedale Buzzi, dove vengono ricoverati dei bambini ucraini. Mi sembrava una soluzione perfetta per le famiglie in fuga dal conflitto”.
Alessia ha sistemato l’appartamento, l’ha pulito ed è stata convocata dalla Caritas Ambrosiana. “Mi è stato detto che tutte le pratiche di accoglienza erano ferme in prefettura. E che avrebbero dato la priorità alle strutture della Caritas”. La casa resta vuota e potenzialmente libera per gli ucraini. Ma la macchina burocratica impedisce l’ospitalità.
Fanny: “Non voglio soldi ma una soluzione per una coppia ucraina che ospito”
Fanny Marchese vive e lavora a Milano dove fa l’assistente sociale. “Quando è scoppiata la guerra – racconta a True-News.it – ho ospitato una donna ucraina con il suo bambino provenienti da Carkhiv avendo momentaneamente una stanza libera con un letto”. Fanny era in contatto con l’associazione “I bambini dell’est” e si è regolarmente registrata sulla piattaforma di “Refugees Welcome”. “Qualche giorno dopo mi hanno contattato per chiedermi vari informazioni sulla mia affidabilità. Hanno accettato la mia proposta. La mia è un’accoglienza con tutti i crismi della regolarità: la donna e il bambino hanno anche eseguito i tamponi anti-Covid e i vaccini per garantire la loro e la mia sicurezza sanitaria”. Ho seguito tutto l’iter istituzionale, una procedura lunga e stancante, ma sono arrabbiata con le istituzioni. Io non voglio soldi. Ma voglio che Oxana, la donna ucraina, e suo figlio possano ricevere i famosi 300 euro e un’altra famiglia che li possa accogliere dopo la permanenza a casa mia”. Il bambino ha cominciato le scuole elementari, Oxana, la madre, non vuole più tornare in Ucraina. Ma a casa di Fanny non potranno restare a lungo.
La donna milanese è infuriata: “Qualcuno mi deve dire perché abbiamo fatto arrivare 80mila persone in questo paese. Cosa faccio quando a giugno, al rientro di mia figlia dall’estero, non potrò più ospitare la coppia di profughi. Dove andranno? Che fine faranno?”. E i soldi promessi?
Curcio li aveva annunciati il 30 marzo. E’ passato quasi un mese. Le famiglie ospitanti e gli ucraini non hanno visto un euro