di Francesco Floris
Gli ambientalisti? Vogliono entrare nella stanza dei bottoni. E in una città come Milano la stanza – o meglio: le stanze – a cui accedere per poter controllare le leve di una politica che sia realmente ecologista, sono quelle delle società partecipate: A2A per l’energia; Atm e Amat per trasporti e mobilità; Amsa per il ciclo dei rifiuti; Metropolitana Milanese per il patrimonio immobiliare pubblico e le case popolari. La finestra temporale in cui giocarsi questa opportunità è quella del Recovery Plan con una mole di investimenti sulla transizione “green” senza precedenti. Il contesto politico? Quello dell’appoggio a Beppe Sala sindaco di Milano, dopo una guerra interna ai Verdi che ha dilaniato il partito proprio su questa scelta: andare da soli o dentro il centrosinistra? La risposta alla fine è arrivata dall’alto sotto forma di diktat della Federazione europea dei Verdi che vuole conquistare peso negli unici due Paesi dove non conta quasi nulla, Italia e Spagna. “Ora bisogna ricostruire la nostra credibilità dopo aver spergiurato che non avremmo appoggiato il sindaco Sala, non sarà facile” dice a True-News il consigliere comunale di Milano Enrico Fedrighini, dentro al partito uno dei pochi ad essere fin da subito fermamente contrario all’ipotesi dell’andare da soli e, al contrario, fautore dell’alleanza con il sindaco uscente per cambiare le cose “da dentro”. In settimana Fedrighini ha firmato assieme ai consiglieri di maggioranza Filippo Barberis e Laura Specchio (Partito democratico) un ordine del giorno per la decarbonizzazione di A2A – la multiutility dell’energia controllata dai Comuni di Milano e Brescia. Obiettivi? Raddoppiare la riduzione di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 con il Comune, in quanto azionista di riferimento della società, a dettare l’agenda per la transizione. Per ora si tratta solo di mozioni (peraltro condivise anche con pezzi di opposizione come il Movimento Cinque Stelle) in vista della presentazione il 21 gennaio del piano industriale della società. Ma in futuro è lecito aspettarsi da parte degli ambientalisti “collaboratori” del centrosinistra una pressione costante sulle società partecipate. E magari qualche poltrona all’interno.