Perché leggere questo articolo: Alemanno torna in campo. Il no alla Nato come collante. Più che a destra, la sua critica si inserisce nel campo della galassia antisistema
Gianni Alemanno è tornato in pista. L’ex deputato, ministro e sindaco di Roma, storico esponente della Destra sociale italiana, con il “Forum per l’indipendenza italiana” tenutosi a Orvieto, in Umbria, a fine luglio ha ricominciato a far parlare di sé. L’obiettivo? Sfidare da destra Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni. Della quale è stato, già ai tempi di Alleanza Nazionale, un antico avversario e con la quale ora il dibattito è entrato nel vivo sul futuro della destra e delle sue prospettive.
Parla, Alemanno. Parla molto e in maniera approfondita. Non nasconde la sua visione. Da Repubblica a Libero, rilascia interviste a tutto campo in cui promuove la sua agenda in alternativa a quella Meloni, ritenuta in continuità eccessiva con Mario Draghi. Quella dell’ex sindaco è una chiamata a raccolta sui valori fondanti di una Destra che si ritiene tradita dal governo conservatore.
I temi su cui Alemanno attacca Meloni
Molti i temi su cui Alemanno contesta Meloni: sul fronte economico, è sotto attacco particolarmente il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ritenuto prono a Bruxelles; sul tema dell’identità e dei valori, il recente caso Vannacci ha dato all’ex sindaco il gancio per attaccare Guido Crosetto, ritenuto schiacciato a sinistra nella gestone del caso della pubblicazione del controverso libro del generale. A tema difesa e politica estera, durissimo il contrasto di Alemanno sulla partecipazione italiana al sostegno all’Ucraina. A fine 2022, l’ex sindaco di Roma si è fatto promotore del “Comitato fermare la guerra” che è un’interessante manifestazione del “pacifismo di destra” basato soprattutto sulla percepita minaccia della Nato alla sovranità nazionale.
La posizione anti-americana di Alemanno ricalca un vecchio cavallo di battaglia della destra sociale che fa riferimento a posizioni minoritarie nella seconda fase del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale. Praticamente messe ai margini in Fratelli d’Italia negli ultimi tempi, ma capaci di risvegliare un collante identitario. E di calamitare la nuova galassia del dissenso verso un fattore comune capace di rilanciarla dopo la fine dell’emergenza pandemica.
La “galassia del dissenso” attorno ad Alemanno
Non è stato dunque sorprendente vedere che attorno ad Alemanno si stia calamitando un polo in larga parte esterno alla politica tradizionale. E che fa riferimento alla galassia legata a mondi informativi quali Byoblu, L’Indipendente, L’Identità, Radio Radio e altri media antisistema. Ai popolari “influencer” antipandemici divenuti poi anti-americani col passare da un trend topic all’altro. Agli analisti costruitisi sui social una credibilità come voci di opposizione.
Uno strano artificio della storia presente ha portato così a condividere il palco di Orvieto, lo scorso 30 luglio, il filosofo comunista Andrea Zhok e la vignettista di estrema destra Paola Ceccantoni, in arte “Pubble”, in prima linea a proporre in forma artistica i temi del dissenso. E ad alternarsi, assieme ad Alemanno, in interventi in una tavola rotonda dal titolo emblematico: “Per non morire americani”. A cui hanno partecipato anche il costituzionalista Luciano Barra Caracciolo, già sottosegretario nel governo gialloverde agli Affari Europei, e Simone Di Stefano, ex leader di Casapound ora alla guida di Exit.
Hanno partecipato al convegno di Orvieto anche analisti geopolitici anti-Nato come Giacomo Gabellini e Hanieh Tarkian, non riconducibili al mondo storico della Destra sociale. Più organico Francesco Borgonovo, giornalista de La Verità e star della galassia antisistema. La cui presenza mette il cappello sulla posizione di Alemanno. Ormai oltre la destra e la sinistra. Vicino ai mondi già annusati in passato da Gianluigi Paragone, Marco Rizzo e altre star del “No tutto”. I cui referenti ora guardano a un anti-Meloni strutturale. Tante idee, pochi voti come in passato? Se Alemanno scenderà in campo politicamente con una sua formazione, il rischio di una fine del genere c’è. Ma il tentativo è sicuramente indicativo della dialettica interna a una Destra che il potere ha reso, sempre di più, contesa nei temi e nei valori.