Perchè questo articolo potrebbe interessarti? Non si fermano le polemiche sul caso Iene. La trasmissione Mediaste è entrata nell’occhio del ciclone dopo che un servizio ha generato una gogna che ha portato alla suicidio di un uomo. Non solo giustizia da strada; il programma negli anni ha portato avanti fake news e autentici abbagli.
Da casa Iene nessun capo cosparso di cenere. Nessun pentimento, nonostante la gogna mediatica inflitta a Roberto Zaccaria, il 64enne che si è tolto la vita a pochi giorni dal loro servizio sul suicidio del giovane Daniele che ha deciso di farla finita dopo aver scoperto l’identità della sua fidanzata fake, impersonata dallo stesso sessantenne. Un servizio da giustiziere della notte col nobilissimo intento di fare giustizia. Giustizia, per inteso, che non spetta certo a un programma televisivo, per quanto sia lecita la battaglia contro il catfishing.
Disinformazione formato Iene
Intanto che strillano di “tragedia nella tragedia” nella puntata successiva, ma poi tirano dritto, come d’abitudine in oltre vent’anni di scoop sensazionalistici, e spacciati per pseudo giornalismo d’inchiesta. Come se inseguire per strada una persona che spinge la sedia a rotelle dell’anziana madre disabile e oscurarne il volto in maniera amatoriale sia cosa normale. Ma tanto, se ci scappa il morto “dalla vergogna” è solo un incidente di percorso. Uno dei tanti. Già, perché gli uomini in giacca e cravatta di Mediaset non sono nuovi a queste pratiche, in barba alle norme deontologiche da rispettare. Così, tanto per tenerci caldi sul loro modus operandi, vi rinfreschiamo la memoria su quelle più eclatanti.
Riavvolgiamo il nastro e cominciamo proprio dalla rivalutazione di Rosa e Olindo, gli ex coniugi della strage di Erba, a cui dedicano speciali in prime time. Fino alla ricostruzione delle indagini, giudicate frettolose, e la comparsa di un supertestimone che individua nel figlio, fratello e zio di tre delle vittime – ossia Pietro Castagna – il vero assassino, che diventa ben presto colpevole anche per il suggestionabile popolino, nonostante l’unico sopravvissuto avesse anche riconosciuto Olindo. Ma tant’è, ai fake giornalisti basta sbandierare lo scoop, vero o presunto che sia.
Stamina e Blue Whale
Intanto che ci spingiamo in campo scientifico, e nello specifico al metodo Stamina. Anche stavolta nessun mea culpa per aver alimentato false speranze con innumerevoli servizi d’inchiesta firmati da Giulio Golia, in cui raccontava dei “miglioramenti” riscontrati da alcuni pazienti di Davide Vannoni. Anzi di più, pur sapendo che “Stamina” non aveva alcun fondamento medico-scientifico condivideva persino i suoi appelli sui social. Eppure stavolta ci rimette la pelle una bambina, Sofia, affetta da una grave malattia, e che proprio “grazie” alle Iene diventa il simbolo della battaglia “per Stamina”.
Ma non è finita. Come dimenticare l’inutile allarmismo con Blue Whale, alias il “gioco della morte”, che aveva trovato presto spazio sui quotidiani. Ricorderete i filmati degli adolescenti russi che si buttavano giù dai palazzi, terrorizzati da un gioco a cui partecipavano in oscure chat online, e sbarcato anche in Italia. Salvo poi scoprire che i video mostrati in trasmissione erano falsi. Tutto montato ad arte, in barba al controllo delle informazioni, come se l’essere plausibile e verosimile fosse uguale. A confermarlo? Matteo Viviani, lo stesso del fresco caso catfishing, per capirci. D’altronde Mia Martini ben cantava gli uomini non cambiano, figuriamoci quelli “iena”.
Il giornalismo sensazionalistico delle Iene
Potremmo andare avanti per un pezzo, ma per non tediarvi la chiudiamo con una delle loro pestate più clamorose, ossia quel tentativo di sexgate col regista Fausto Brizzi sull’onda dello scandalo Weinstein.
Anno 2017, la iena Giarrusso monta il caso intervistando le presunte molestate, molte delle quali a viso coperto, creando un corto circuito di condanna, che coinvolge anche la paladina del MeToo Asia Argento, e che finisce per mettere alla berlina il regista romano. Ma alla fine, il mostro sbattuto in diretta Tv risulta innocente. Ebbene, anche stavolta il giornalismo investigativo formato Iene si dimostra per quello che è.
Un mare di fake non basta a chiudere un programma
Eppure non sono bastate fake, Stamina e una tonnellata di altri servizi di questa caratura a suggerire il cambio di rotta. Per questo c’è da chiedersi, con esteso invito a Pier Silvio Berlusconi che fa pubblica ammenda, che senso abbia supportare un programma televisivo che ha perso di vista la sua identità, finendo per creare bufale invece di combatterle, e peggio ancora, senza neanche imparare dai suoi sbagli.