Tutto giusto, beninteso. Talmente giusto che forse il virus ci sta mostrando una via, quella della globalizzazione, che per una volta non è basata sulla moneta e sugli affari, ma sull’aspettativa di vita e sulla nostra sopravvivenza. Talmente giusto che mi ricorda la giusta battaglia ambientale: considerato che tutti respiriamo la stessa aria e beviamo la stessa acqua, dovrebbe essere interesse di tutti salvaguardarle. Talmente giusto che mi ricorda il fatto che se in nord Africa la situazione fosse più stabile, e con maggiori speranze di vita, non ci sarebbero disperati ad attraversare il Mediterraneo fornendo munizioni anche alle polemiche politiche in Italia ma soprattutto evitando che il mare nostrum sia quel che è: il nostro camposanto.
Tutto talmente giusto, ma anche un po’ ingenuo. La globalizzazione di fatto è una guerra globale commerciale, e non porta vantaggi a nessuno. In Italia non ci sono più legno, ferro e acciaio, e i costi di trasporto sono aumentati del 50 per cento. In Europa non ci sono più chip. La Cina compra tutto. La globalizzazione dei diritti potrebbe esserci se ci fosse almeno un vantaggio reciproco economico, ma non c’è neanche quello. La battaglia ambientale su cui tutti concordano ha registrato il suo più grande fallimento nella Cop 26 e nel G20: a fronte del fatto che tutti respiriamo la stessa aria Cina e India ci hanno detto che loro devono dare da mangiare alla loro gente così come noi abbiamo dato da mangiare alla nostra. Hanno il diritto di inquinare per campare, così come abbiamo fatto noi fino a 50 anni fa e forse meno.