Perchè leggere questo articolo? Finisce nei guai il capo di gabinetto del governatore della Liguria, per la gestione della richiesta di vaccini durante la pandemia Covid. Quasi un luogo comune, per un ruolo decisamente esposto e delicato. Ecco alcuni casi eclatanti tratti dalle cronache degli ultimi anni
Oggi sulla graticola c’è Matteo Cozzani. Capo di gabinetto del governatore della Liguria Giovanni Toti, accusato con il suo presidente di aver truccato i dati per avere più dosi di vaccino anti Covid per i cittadini della propria Regione durante la fase più acuta della pandemia. Come andrà a finire l’inchiesta, conoscendo la giustizia italiana, lo si saprà solo tra molto tempo.
La vicenda ligure ripropone quello che è quasi un luogo comune: i guai a cui si espongono i capi di gabinetto nello svolgimento delle proprie funzioni a stretto contatto con sindaci, governatori, ministri. Un continuo gioco di equilibri in cui i capi di gabinetto fanno spesso da cuscinetto tra volontà politiche e procedure amministrative. Ruolo di grande potere, sì. Ma anche di grande delicatezza e responsabilità. Questo non significa che siano esenti da colpe od errori o che non possano pure talvolta commettere consapevolmente illeciti. Le storie che seguono, tratte dalle cronache di questi ultimi anni, restituiscono uno spaccato piuttosto variegato degli incidenti di percorso in cui i capi di gabinetto possono incorrere. A volte per loro scelta. A volte no.
Toscana, lo slalom tra le inchieste di Gori
Nell’aprile del 2021 i carabinieri perquisirono gli uffici di Ledo Gori, all’epoca capo di gabinetto della Presidenza della Regione Toscana, guidata da Eugenio Giani. A Gori era appena stata notificata una accusa piuttosto pesante: corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio. Nell’ambito di una più ampia inchiesta della Dda di Firenze su presunti reati ambientali, che vedeva coinvolti anche imprenditori considerati contigui alle cosche della ‘ndrangheta. Seconda la Procura, Gori si sarebbe reso disponibile ad assecondare alcune richieste del gruppo criminale in cambio dell’impegno da parte di questi a sostenere la sua conferma nel ruolo di capogabinetto con il nuovo governatore Eugenio Giani. Il processo Keu è ancora in corso.
Mentre a gennaio 2024 è giunta invece l’assoluzione per un altro procedimento che vedeva coinvolto Gori. Per vicende avvenute nel 2015: il capo di gabinetto, questa l’accusa, si sarebbe speso alle Regionali di nove anni fa per raccogliere voti per i candidati Pd Ivan Ferrucci e Antonio Mazzeo, estranei all’inchiesta. Come? Favorendo in cambio la nomina di un medico, che si sarebbe dunque dovuto impegnare a portare voti a favore dei due dem. La tesi dell’accusa, che chiedeva cinque anni per Gori, non ha tuttavia retto una volta in tribunale.
Puglia, finanziamento illecito. Emiliano assolto, il suo braccio destro no
E’ stato invece condannato nel maggio del 2023 Claudio Stefanazzi, oggi deputato dem. Nel 2017 capo di gabinetto del governatore pugliese Michele Emiliano. Che quell’anno sfidò Matteo Renzi alle primarie per la segreteria del Pd. L’accusa era di finanziamento illecito – per complessivi 65mila euro – attraverso una società di comunicazione incaricata di curare la corsa di Emiliano. Il presidente barese è stato assolto perchè “il fatto non sussiste”. Non così tuttavia il suo braccio destro, condananto a quattro mesi. Un paradosso? Lo stesso Stefanazzi, intervistato dal Quotidiano di Puglia, così ha parlato dei rischi legati al suo delicato ruolo di capo di gabinetto: “Ho imparato con il tempo a farmene una ragione, ma pur sapendo che chi è politicamente esposto possa essere oggetto di attenzioni da parte delle autorità devo ammettere di averne molto sofferto, soprattutto i primi anni”.
Stefanazzo ha rinunciato alla prescrizione perchè intende arrivare sino all’ultimo grado di giudizio e dimostrare la propria innocenza: “Mi prenderò tutto il tempo che ci vuole. Così come le altre ombre si sono dissolte, avrò pazienza fino a che non accadrà anche con questa. Mi hanno accusato di reati gravi da cui sono stato completamente assolto. Questa accusa è meno grave ma ugualmente dolorosa e infondata e dunque mi batterò anche questa volta perché si faccia luce”.
Lazio, il capo di gabinetto assolto, poi condannato, poi assolto
Cambiamo Regione. Nel marzo del 2015 Maurizio Venafro, capo di gabinetto della Regione Lazio, annunciava le proprie dimissioni “unilaterali e irrevocabili” all’allora presidente Nicola Zingaretti. Venafro aveva appena appreso di essere indagato dalla Procura di Roma in merito ad una gara d’appalto della Regione Lazio per l’assegnazione del servizio Cup. Come è andata a finire? Assolto in primo grado con formula piena, poi condannato in secondo grado a un anno con pena sospesa. Infine, nel settembre del 2020, assolto in Cassazione.
Ministero della Giustizia, Baldi e quei rapporti con Palamara
E’ un continuo equilibrismo anche la vita dei capi di Gabinetto ministeriali. Nel settembre del 2020 a dare le proprie dimissioni fu Fulvio Baldi, braccio destro del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Un articolo del Fatto quotidiano aveva appena riportato alcuni compromettenti colloqui con Luca Palamara nei quali Baldi sembrava prodigarsi per piazzare “fuori ruolo” due magistrate. Operazione peraltro poi non andata a buon fine. Indagini a carico di Baldi? Nessuna nota.
Il capo di gabinetto di Salvini che… ha preso il posto di Salvini
Nell’agosto del 2018 fu invece indagato assieme al suo superiore per sequestro di persona, arresto illegale ed abuso di ufficio il capo di gabinetto dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. La vicenda era quella della nave Diciotti con a bordo 177 migranti: al pattugliatore italiano fu inizialmente negato l’attracco a Lampedusa ed i 190 migranti a bordo, che erano stati soccorsi in mare. E che furono fatti sbarcare pochi alla volta nei dieci giorni successivi. Da indagato, il capo di gabinetto divenne semplice testimone. Un episodio che in questo caso ne pregiudicò la carriera: l’allora capo di gabinetto, che di nome fa Matteo Piantedosi, è dal 2022 divenuto ministro dell’Interno.
Gli affari del ministro Brunetta con il suo vice-capo di gabinetto
Meno fortunato, almeno per il momento, il rapporto tra Renato Brunetta ed il suo vice-capo di gabinetto. Entrambi indagati per una compravendita avvenuta ai tempi in cui l’economista era ministro della Funzione Pubblica. Si tratta della vendita di quote per 60mila euro di una società attiva in campo sanitario da parte del ministro al proprio vice-capo di gabinetto. Tutto regolare per Brunetta: la moglie del suo collaboratore avrebbe vantato un diritto di prelazione e l’operazione non presenterebbe alcuna ambiguità. Ma gli inquirenti indagano per finanziamento illecito. Una questione ancora aperta.
Il capo di gabinetto di Agrigento e l’assistenza agli anziani
E chiudiamo con una vicenda (ri)emersa poche settimane prima dello scandalo in Liguria, ma che ha avuto molta meno risonanza perchè oggettivamente di minori dimensioni. Al centro, manco a dirlo, un capo di gabinetto. Gaetano Di Giovanni, del Comune di Agrigento. Indagato dal 2022, quindi tornato a svolgere funzioni di comandante della Polizia municipale, è stato arrestato l’11 aprile. E’ accusato di aver favorito l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare socio-assistenziale per anziani non autosufficienti ad una coop in cambio di 7.500 euro. Anche in questo caso è presto per sapere come finirà l’inchiesta. Ma almeno, a quanto pare, il capo di gabinetto sembra aver fatto tutto da solo.