Il prezzo del kebab cresce eccessivamente e in Germania c’è chi chiede un calmiere. La Linke, partito della Sinistra radicale tedesca, ha chiesto che i prezzi del kebab, piatto introdotto in Germania dalle milioni di persone giunte dalla Turchia e divenuto un must della cucina popolare e dello street food del Paese.
Ogni anno vengono venduti in Germania kebab per un giro d’affari di 7 miliardi di euro ma la Linke, che ha avuto in questo sostegno da frange dei Verdi, che governano nella coalizione del cancelliere Olaf Scholz, chiede che sia aperta un’indagine governativa sull’aumento medio del prezzo del kebab dalla pandemia in avanti. Sarebbe aumentato, mediamente, da 4,5 a 7 euro in due anni, con picchi di 10 euro.
L’inflazione da kebab
“Nonostante le sue umili origini, il doner kebab ha attirato l’attenzione politica, con incidenti recenti come la visita del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier in Turchia dove ha portato 60 kg di carne di kebab da Berlino ad Ankara nel tentativo di sottolineare il forte legame culturale tra il due nazioni”, ha ricordato First Post.
Aggiungendo che “il doner kebab ha trasceso il suo significato culinario per diventare un simbolo delle sfide socioeconomiche della Germania. I riferimenti ai prezzi del doner sono diventati un luogo comune nel discorso politico”, come simbolo della difficoltà del governo, che non intende procedere in tal senso, a rispondere alla fragilità delle fasce economiche più fragili della popolazione. E anche Scholz è pressato da più direzioni.
La realtà dei fatti è che il caro-kebab, o donerflation, è emblema dell’impatto dell’inflazione sui redditi medio-bassi in un Paese ove l’inflazione, lo ricordiamo, è da sempre vista come nemico pubblico numero uno. E su una generazione di consumatori, quella under 35, che all’inflazione non era più abituata. Tanto che le giovanili della Linke e dei Verdi sono le più attive sul tema.
Un problema non solo tedesco
Il problema non è solo tedesco. Il Financial Times ricorda che in America “i consumatori più poveri negli Stati Uniti stanno tagliando le loro spese a fronte dei persistenti aumenti dei prezzi, nel segno che i redditi più bassi stanno sopportando il peso della vischiosa inflazione statunitense. McDonald’s, Coca-Cola, Nestlé e PepsiCo hanno segnalato che molti consumatori a basso reddito non sono più in grado di assorbire l’ aumento dei prezzi poiché passano a opzioni più economiche o riducono i consumi, anche se i consumatori più agiati continuano a spendere”.
Questo pone un tema importante sul fronte dell’accessibilità di un’alimentazione salutare. Spesso l’alternativa per molti consumatori a basso reddito è tra un cibo dallo scarso valore in termini di salubrità, come il kebab in Germania e il junk food negli Usa, o il rischio di non raggiungere il fabbisogno in termini di calorie e soddisfazione alimentare. E l’inflazione può spiazzare questa scelta. Rendendo il cibo spazzatura ancora di più l’alternativa possibile all’assenza di cibo in tavola. Una questione d’ordine economico, sociale e sanitario. E uno dei grandi danni dell’ondata inflattiva di questi ultimi anni. Che spiazza i redditi più bassi.