Chiedere di ripudiare la guerra è un diritto del committente rispetto all’artista. Iniziamo a mettere qualche punto fermo nella vicenda della Scala, che non può essere confusa con il maldestro tentativo di censura della Bicocca, che ha annullato un corso su Dostoevskij perché il docente avrebbe dovuto inserire anche qualche autore ucraino. Roba da farsi venire l’orticaria. E’ come se studiando D’Annunzio, che fu fascista prima del fascismo, dovessimo intervallare le prose e le poesie del Vate con quelle di Ignazio Silone perché quello di destra e questo comunista. Una roba talmente idiota che la richiesta delle dimissioni della rettrice non dovrebbe essere per la tentata censura, ma per la manifesta imbecillità didattica. Transeat.
Invece, tornando sulla Scala, Beppe Sala penso che avesse il diritto di chiedere di abiurare la guerra al maestro Gergiev. E’ il committente, pro tempore, e può scegliere con chi lavorare. Pensate che forse nel Seicento un Papa avrebbe chiamato un infedele ad affrescare una chiesa con scene dal Corano? Ecco, è lo stesso. Ne risponderà davanti alla città, non davanti a Gergiev. Sul fatto che poi un artista debba dipendere dalla politica, ecco questa è questione filosofica aperta indubbiamente complessa.
Però sta accadendo qualcosa di inquietante in Italia, ed è l’apoteosi del fascismo in purezza, e proprio perché in purezza non è necessariamente di destra. Si stanno facendo le liste di proscrizione di tutti quelli che, nell’ambito della loro carriera, hanno detto qualcosa di positivo su Putin. Non parliamo di chi ha tentato una propria maldestra politica estera sul tiranno russo, come Salvini che seguiva peraltro le orme di Berlusconi. No, stiamo parlando di intellettuali, giornalisti, direttori o collaboratori di testate, che una volta – per un motivo o per l’altro – hanno scritto che ammiravano qualcosa di Putin. Magari l’hanno fatto vent’anni prima che Putin scatenasse la guerra in Ucraina, o magari in contingenze tipo la Siria, dove noi Occidentali siamo stati a guardare mentre lui bombardava il tiranno Assad (oddio: sto difendendo Putin di anni fa, peraltro fuori tempo massimo perché nel passato non ricordo di averlo mai fatto: mi uccideranno, mi impiccheranno per questo?).
Ecco, questo è pericoloso e non si chiama coerenza. Si chiama manganello. Manganello per buttare giù un avversario politico. Lo stesso manganello che si abbatteva su chi aveva difeso Craxi presidente del consiglio che nel frattempo era diventato Craxi latitante. Lo stesso manganello contro i partigiani comunisti, che finita la guerra si ritrovavano nell’impero della Democrazia Cristiana e via indietro, o avanti. Ecco, questo si chiama fascismo. Prendere l’opinione di qualcuno, magari del passato, e riproporla oggi, è come negare il diritto a divorziare: in fondo se te lo sei sposato, anni fa, non puoi cambiare idea anche se ti riempie di botte. Non è coerenza, è fascismo. E visto che io sono contro il fascismo inneggio alla libertà dell’Ucraina, ma anche a quella delle opinioni. Pure quelle sbagliate, giacché sono il primo a non essere perfetto.