Perché questo articolo potrebbe interessarti? Si inizia a delineare quella che sarà la composizione del futuro parlamento europeo dopo il voto di giugno: i partiti italiani, oltre che ai propri risultati interni, dovranno guardare anche a quelli dei gruppi europarlamentari di riferimento.
Il conto alla rovescia verso le europee sta per entrare nella sua fase cruciale. Il Vecchio Continente entro nove settimane conoscerà il suo destino politico. E, in particolare, scoprirà se la pronosticata virata a destra diventerà realtà oppure, al contrario, se anche la prossima commissione verrà formata da una maggioranza con dentro sia i popolari che i socialisti.
Al momento, così come confermato a TrueNews.it da una fonte di Bruxelles, a temere maggiormente sono i socialisti: il gruppo che comprende in Italia il Pd dovrebbe conservare il secondo posto del 2019, alle spalle solo dei popolari, ma potrebbe perdere fino a venti seggi. Circostanza che metterebbe a rischio l’attuale accordo su cui si regge la commissione guidata da Ursula Von Der Leyen e che prevede, tra le altre cose, un matrimonio di interesse tra i partiti popolari, socialisti e liberali.
La rielezione di Von Der Leyen già al centro delle trattative
L’attuale capo della commissione è pure membro della Cdu, ossia il partito che in Germania per quasi venti anni è stato guidato da Angela Merkel e che rappresenta il ramo tedesco dei popolari. Questi ultimi dovrebbero nuovamente sforare quota 180 eletti nel prossimo parlamento di Strasburgo, rappresentando ancora una volta il gruppo di maggioranza relativa. Spetterà quindi proprio ai popolari, in poche parole, indicare il nome del nuovo presidente della commissione.
E il nome dovrebbe essere lo stesso: nel corso della riunione del Partito Popolare Europeo, svolta a Bucarest a inizio marzo, Ursula Von Der Leyen è stata ufficialmente investita della candidatura per succedere a sé stessa. Ma chi la appoggerà questa volta? Se i socialisti dovessero perdere ulteriore terreno, è la ricostruzione che circola tra i corridoi delle sedi comunitarie, potrebbe diventare realtà un accordo solo tra i gruppi di destra e con l’esclusione proprio del Partito Socialista Europeo.
In particolare, Von Der Leyen potrebbe essere sostenuta dai popolari e dal gruppo dei Conservatori e Riformisti, al cui interno andranno a sedere gli eurodeputati di Fratelli d’Italia. Non è un caso quindi se negli ultimi mesi, come visto ad esempio in occasione della recente visita in Egitto, il presidente della commissione europea ha accompagnato Giorgia Meloni nei suoi viaggi istituzionali all’estero: “Prove di dialogo – confermano a TrueNews.it da Bruxelles – ufficialmente nessuno si sbilancia, ma dei contatti ci sono stati”.
Cosa sperano di fare i partiti italiani a Bruxelles
Ma l’idea di realizzare a Strasburgo una coalizione di centrodestra sul modello italiano, è naufragata sul nascere per via dell’opposizione dei massimi vertici di Identità e Democrazia, il gruppo a cui appartiene la Lega. Lo stesso Matteo Salvini, non senza lanciare frecciate alla leader di Fratelli d’Italia, ha ribadito il proprio secco ‘No’ a un Von Der Leyen bis. Il rifiuto di riconfermare l’attuale presidente della commissione, potrebbe rappresentare un forte elemento di contrasto in campagna elettorale tra la destra rappresentata da popolari e conservatori e quella invece cosiddetta “sovranista”, identificata con Identità e Democrazia.
In soccorso di Von Der Leyen, potrebbero quindi arrivare i liberali di Renew. Ossia il gruppo del partito del presidente francese Emmanuel Macron e che rischia di rimanere senza rappresentanti italiani in caso di mancato accordo tra Renzi, Calenda e Bonino. Tutto appare comunque piuttosto in divenire: “Raramente un presidente designato dal partito di maggioranza relativa poi arriva ad essere effettivamente presidente della commissione – ha aggiunto la fonte sentita da TrueNews.it – nel 2019 i popolari avevano designato Weber ad esempio, il nome di Von Der Leyen è arrivato dopo mesi di trattative”.
Gli ultimi sondaggi
I vari istituti preposti a raccogliere pareri e impressioni degli elettori in giro per l’Europa, al momento sono più impegnati nell’elaborare dati e sondaggi sull’esito del voto in ogni singolo Paese. Nei giorni scorsi, l’istituto Euractiv ha messo assieme le varie cifre emerse dalle 27 nazioni che compongono il club comunitario, provando a stilare una prima proiezione su come potrebbe essere composto il futuro europarlamento.
Come in parte accennato in precedenza, i popolari dovrebbero rappresentare il primo gruppo con almeno 183 deputati, uno in più rispetto a quanto ottenuto nel 2019. Al secondo posto dovrebbero piazzarsi i socialisti, ma con “appena” 135 rappresentanti a fronte dei 154 ottenuti nelle elezioni di cinque anni fa. Nella sfida per il terzo posto, si nasconde la crescita dei due partiti di destra: al momento, secondo Euractiv, Identità e Democrazia dovrebbe chiudere il podio con 89 europarlamento, mentre i Conservatori potrebbero ottenere complessivi 84 seggi e il trend attualmente li vede in crescita. Giusto per dare un’idea del balzo fatto da entrambi i gruppi, basti pensare che Identità e Democrazia nel parlamento uscente può contare su 73 eurodeputati, mentre i conservatori su 62.
Alla bagarre per il terzo posto partecipano i liberali di Renew, i quali però rispetto al 2019 appaiono in caduta libera: il gruppo supportato da Macron è accreditato nei sondaggi di 86 eurodeputati, cinque anni fa gli eletti dalle proprie liste erano stati 108. In discesa anche i Verdi, con il gruppo che potrebbe passare da 74 a 50 seggi. Stabile infine il gruppo che riunirà la Sinistra, accreditato di 46 eurodeputati, appena cinque in meno rispetto al 2019.
Dove si andrebbero a posizionare i partiti italiani in Europa
Nel nostro Paese per le europee si voterà con un proporzionale secco, per cui ogni lista viaggerà in solitaria e misurerà il proprio peso politico in base al proprio singolo risultato. Gli esiti che riguarderanno la nostra penisola potrebbero dare risultati diversi rispetto alla complessiva distribuzione dei seggi che avverrà in Europa.
L’unica costante in tal senso potrebbe arrivare dal Pd: accreditato come secondo partito in Italia, i dem a Strasburgo si siederanno all’interno del gruppo che dovrebbe attestarsi come seconda forza. Fratelli d’Italia invece, primo nelle intenzioni di voto nel nostro Paese e partito di maggioranza relativa nel nostro parlamento, siederà in un gruppo che, seppur in crescita, si piazzerà tra il terzo e il quinto posto.
A rappresentare lo stivale in quello che a Strasburgo si confermerà probabilmente come partito di maggioranza relativa, ossia il Partito Popolare Europeo, sarà Forza Italia. La formazione guidata da Antonio Tajani però, seppur in ripresa rispetto al passato, dovrebbe attestarsi come quarta forza nelle circoscrizioni italiane.
I paradossi a destra e sinistra
Una situazione paradossale serpeggia in casa Lega. Il Carroccio risulta in caduta libera rispetto alle europee del 2019, ma i suoi deputati andranno a sedere nella potenziale nuova terza forza di Strasburgo. Ancora invece avvolta nel mistero è la situazione riguardante i partiti che dovrebbero rappresentare Renew: Renzi e Calenda, sciolto il terzo polo, non hanno più trovato intese e +Europa con Emma Bonino prova a fare da forza mediatrice. Il rischio per loro, è quello di vedere correre tre liste diverse con poche possibilità per ognuna di raggiungere la soglia di sbarramento del 4%.
A sinistra, l’alleanza Verdi e Sinistra di Bonelli e Fratojanni dovrebbe oltrepassare lo sbarramento e piazzare i propri deputati tra i Verdi europei e il gruppo della Sinistra europea. La più grande incognita riguarda invece il Movimento Cinque Stelle: quello che dovrebbe essere il terzo partito più votato in Italia, non ha ancora trovato una precisa collocazione a Strasburgo. Nei giorni scorsi si è parlato di un’accoglienza all’interno dei Verdi, ma al momento nessun accordo è stato ufficializzato.