Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Papa Francesco è in viaggio dal 2 settembre. Per 11 giorni attraverserà quattro Paesi tra Sud Est asiatico e Oceania secondo il programma del viaggio apostolico più lungo del suo pontificato. Come lo accoglie la popolazione locale? Da cortei pieni di gente in festa a proteste per le case rase al suolo così da fare spazio per la messa. Ne abbiamo parlato con la popolazione locale.
È partito il 2 settembre da Roma il 45esimo viaggio apostolico di papa Francesco, il più lungo del suo pontificato. Si sta muovendo tra Sud Est asiatico e Oceania, visitando in 11 giorni Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore, con l’intento di essere vicino alle “periferie del mondo e della Chiesa”. Il viaggio apostolico è una visita ufficiale che il pontefice compie in diverse aree del mondo per incontrare le comunità cattoliche locali e affrontare questioni sociali, politiche e religiose.
Il programma serrato dell’itinerario è pubblico e prevede incontri con le autorità civili, diversi membri delle chiese locali e con alcune realtà impegnate nel sociale. Come lo sta accogliendo la popolazione locale? Ne abbiamo parlato con giornalisti, religiosi e credenti dei Paesi coinvolti, che hanno fatto un quadro di questo viaggio molto variegato: dai cortei pieni di gente in festa alle proteste per le case rase al suolo così da fare spazio per la messa.
Indonesia: non solo cattolici, ma anche musulmani
La prima tappa del viaggio apostolico è l’Indonesia, Paese in cui l’Islam è la religione prevalente. Secondo Pew Research Center, infatti, l’87% della popolazione è musulmana e l’11% cristiana. Ahmad Alex Junaidi, giornalista indonesiano e direttore di SEJUK (Journalist Association for Diversity), racconta che “il popolo indonesiano, con i suoi diversi background religiosi, ha accolto calorosamente la visita di Papa Francesco. Sin dal suo arrivo, lungo le principali strade di Jakarta, la gente ha salutato, si è avvicinata per stringere mani e ha scattato foto. Non erano solo cattolici, ma anche musulmani; ad esempio, sono state viste donne con il hijab lungo la strada principale che conduce all’Ambasciata Vaticana.
I preparativi sembrano molto ben organizzati, dal trasporto alla disposizione della messa nello Stadio Principale Gelora Bung Karno, fino alla ripartenza. La visita del Papa, che ha incluso incontri con funzionari statali e leader religiosi, mirava a migliorare i rapporti tra musulmani e cattolici. Tuttavia, ha toccato meno le questioni affrontate dai gruppi emarginati e minoritari, come le difficoltà nella creazione di luoghi di culto, la persecuzione e la discriminazione nei confronti della comunità LGBT.
Molti gruppi hanno espresso preoccupazioni riguardo all’ingiustizia e alla discriminazione nei confronti dei gruppi emarginati, nonché ai danni ambientali, ma queste questioni sembrano aver ricevuto poca attenzione. Sebbene il Papa abbia menzionato questi argomenti nel suo discorso di benvenuto, non sembrano essere stati il focus principale. Questo sembra contraddire le azioni intraprese dal governo”.
A proposito di gruppi emarginati, un grande sostegno a papa Francesco al suo arrivo è stato dato dalla comunità trans di Jakarta. Lo racconta il New York Times in un articolo tradotto in italiano dalla Tenda di Gionata: “Per molte donne transgender che vivono ai margini della società, la Chiesa cattolica è un rifugio sicuro e papa Francesco, con i suoi messaggi di tolleranza e apertura verso la comunità LGBTQ+, è diventato un eroe personale”.
Proprio per questo un gruppo di donne trans ha indossato gli abiti migliori e ha raggiunto lo stadio dove il pontefice ha celebrato la messa. Non avevano i biglietti per entrare ma speravano di vederlo da lontano. Non sono riuscite però perché “i poliziotti hanno impedito loro di stare all’ingresso dello stadio con il loro striscione di saluto a Francesco e i loro vestiti colorati. Il gruppo è tornato a casa prima ancora dell’arrivo del Papa”.
Papua Nuova Guinea: urgente parlare di cambiamento climatico
Partito da Jakarta, papa Francesco è atterrato a Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, venerdì 6 settembre. Lì Fr. Victor Roche è direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie e riporta che “il Papa è atterrato sul nostro suolo in Papua Nuova Guinea. È una grande benedizione. C’è un ottimo comitato organizzativo composto da funzionari della Chiesa e del governo. Ha messo a punto un ottimo programma per i tre giorni in cui Papa Francesco sarà con noi in Papua Nuova Guinea. I fedeli cattolici erano allineati lungo le strade che il Papa avrebbe percorso per raggiungere la Nunziatura Apostolica. Erano in gran numero, nonostante fosse sera, intorno alle 19:30. Le persone sono arrivate da tutte le 19 diocesi della Papua Nuova Guinea per vedere il Papa. Sono ospitate in diverse parrocchie di Port Moresby. Papua Nuova Guinea si è preparata molto bene per la visita del Papa”.
Quali sono le aspettative in merito a questo viaggio apostolico? Roche risponde: “Mi aspetto che il Papa dia un messaggio incoraggiante ai quasi 2,5 milioni di cattolici su una popolazione di 9 milioni. Questa è la terza visita di un Papa e la prima di Papa Francesco. È qui per una visita pastorale. Rafforzerà la fede dei cattolici. È anche molto attento all’ecumenismo: le chiese storiche si aspettano un messaggio di unità, pace e collaborazione per il regno di Dio. Papa Francesco darà un buon messaggio sul cambiamento climatico e sulla cura del pianeta Terra. Ci sono molte isole in Papua Nuova Guinea gravemente colpite dall’innalzamento del livello del mare”.
Tra le questioni che la Chiesa e la cittadinanza di Papua Nuova Guinea intendono portare all’attenzione del papa e del pubblico durante la sua visita, Roche individua “alcuni aspetti positivi: La Chiesa cattolica è attiva e vivace. La liturgia è vivace e molto partecipata grazie all’inculturazione di danze e canti tradizionali. Inoltre i laici assumono una buona leadership nella governance a livello comunitario e parrocchiale. Infine ci sono molti sacerdoti e religiosi della Papua Nuova Guinea che servono come missionari in altri Paesi. La Chiesa che riceve è diventata una Chiesa che invia“.
Tra le sfide: “Molte persone sono influenzate dalla tecnologia moderna, come cellulare, internet e TV, e sempre meno persone vanno in chiesa. Molti cattolici stanno lasciando la Chiesa cattolica per unirsi ad altre chiese. Negli ultimi 50 anni la Chiesa cattolica ha perso il 6,5% dei suoi membri. In aggiunta il Paese è alle prese con illegalità: furti, violenze, omicidi e violenze per sospetta stregoneria sono in aumento. La corruzione politica sta peggiorando a tutti i livelli. Da considerare è anche che gli Avventisti del Settimo Giorno (SDA) sono molto attivi sui social media, affermando che il Papa è una bestia selvaggia. Molti di loro non sono contenti della visita del Papa. Tuttavia, James Marape, il Primo Ministro, che è un Avventista, sostiene pienamente la visita del Papa”.
Timor Est: case demolite e infrastrutture non necessarie
L’arrivo a Dili, capitale di Timor-Leste, è previsto per lunedì 9 settembre e ad attendere il pontefice c’è un clima di maggior tensione: forti critiche alle spese sostenute dal governo per l’occasione e un nascondimento della povertà che pesa sulle spalle di chi è ai margini della società. Ato Lekinawa Costa, caporedattore di Neon Metin, da Timor Est spiega infatti: “La preparazione della Chiesa riguarda principalmente la preparazione della messa e gli incontri con il Papa. Per quanto riguarda la messa, la Chiesa è responsabile della liturgia e della mobilitazione delle persone per partecipare alla celebrazione. Si prevede che 23 mila persone parteciperanno alla messa a Tasi Tolu. Il governo sta fornendo fondi per la mobilitazione delle persone.
Il governo ha stanziato oltre 400 mila dollari per portare persone dalle 13 municipalità a Dili. Oltre a ciò, il governo sta costruendo un nuovo altare che costa 1 milione di dollari, nonostante l’altare usato dal precedente papa, Giovanni Paolo II, potrebbe essere utilizzato nuovamente. Per partecipare alla messa, le persone devono registrarsi e non sono stati previsti soluzioni apposite per gli anziani e le persone disabili. Molti potrebbero quindi non riuscire a partecipare, inclusi i bambini”.
Le aspettative della Chiesa e della popolazione locale sono discordanti. “Pubblicamente, ciò che si sapeva era che la Chiesa desiderava che la visita del Papa portasse pace e riconciliazione. Lo stesso vale per il governo” sottolinea Costa. “Tuttavia, questo è stato interpretato come una mossa politica avanzata dal governo timorese per mostrare al mondo che il popolo timorese è disposto a riconciliarsi con l’Indonesia e anche con gli altri timoresi che ora vivono in Indonesia. Le organizzazioni della società civile non sono d’accordo con questo desiderio perché ci sono molte vittime e sopravvissuti che chiedono ancora giustizia e riparazioni“.
Dopo la fine del dominio coloniale portoghese nel 1975, infatti, l’Indonesia invase Timor-Leste e lo annesse come sua provincia. Durante l’occupazione, vi furono gravi violazioni dei diritti umani, tra cui violenze, torture, esecuzioni sommarie e abusi sistematici contro la popolazione civile, che hanno portato alla morte di oltre 100 mila persone. La resistenza timorese, sia armata che civile, lottò per l’indipendenza, ottenuta nel 1999 attraverso un referendum che portò alla separazione dell’Indonesia. Tuttavia anche la transizione verso l’indipendenza fu segnata dalla violenza delle milizie pro-indonesiane.
Aggiunge Costa: “Tra i cittadini comuni ciò di cui si parla è il cambiamento nelle politiche governative su salute, istruzione e vita agricola. Vogliono che il Papa chieda al governo di prestare maggiore attenzione alla qualità dell’istruzione. In questo paese i figli dei politici e degli uomini d’affari studiano in scuole private, per lo più scuole internazionali. Le scuole pubbliche sono per i figli della gente povera.
Le persone vogliono anche che il Papa chieda al governo di fornire buoni servizi sanitari. Abbiamo il 42% di bambini malnutriti e la violenza pubblica sta aumentando. Si chiede anche che vengano stanziati più fondi per i settori agricoli. Durante il periodo della visita del Papa, molte persone hanno effettivamente problemi di sicurezza alimentare. Non produciamo molti alimenti di base, la maggior parte del nostro cibo viene importato dall’estero. Ma il nostro governo è più concentrato sulla costruzione di infrastrutture non necessarie.
Inoltre abbiamo grandi problemi di sicurezza nelle Chiese per i bambini e le donne. Casi di abusi sessuali vengono nascosti. La Chiesa ha preso una posizione forte contro la comunità LGBTQ+. In generale, la Chiesa è molto conservatrice e pone più attenzione alla salvezza delle anime che alla vita delle persone. Di conseguenza, alcune persone stanno ora passando a rami protestanti o altre religioni”.
La stampa di Timor-Leste ha denunciato la demolizione delle abitazioni vicino alla capitale, Dili, per fare spazio alla messa del papa. Costa conferma: “È vero. Le case vicino all’altare sono state demolite e altre sono state bloccate con recinzioni in zinco, in modo che le persone non possano accedere al luogo in cui si svolge la messa. La gente è triste e arrabbiata perché pensa che questo Papa ami i poveri, mentre il governo li stia allontanando dalla sua visita.
Inoltre, ora in città, molte strade sono bloccate per via dei preparativi. Le persone non possono accedere ad alcune parti delle strade principali e si lamentano. Il nostro governo sta effettivamente preparando la città per la visita del Papa: i venditori ambulanti vengono cacciati dalle strade e per il momento non avranno alcun reddito per sostenere la loro vita quotidiana, almeno dal 4 all’11 settembre.
Singapore: testimoniare l’unità della Chiesa
L’ultima tappa del viaggio apostolico è Singapore, dove l’arrivo è previsto per mercoledì 11 settembre. Secondo il dipartimento di statistica locale, la religione maggiormente praticata è il buddhismo (31.1%), seguita dal cristianesimo (18.9%). Già alcuni mesi fa attorno all’arrivo del pontefice è nata una truffa online: un attacco phishing via WhatsApp che ha colpito alcune delle persone desiderose di accaparrarsi uno dei 40 mila biglietti disponibili per partecipare alla messa.
In merito al viaggio apostolico, una persona cattolica di Singapore da noi intervistata riferisce: “Quello che mi soddisfa di più nella preparazione a Singapore è che la Chiesa cattolica ci ricorda che l’attenzione non è sul Papa come una celebrità, ma piuttosto sull’accoglienza del messaggio dello Spirito Santo che ci sarà trasmesso attraverso di lui durante la sua visita. Qui a Singapore Govindharaj Muthiah, un falegname indù, sta felicemente realizzando due sedie per Papa Francesco. La sedia usata da Papa Giovanni Paolo II, invece, è stata collocata nella sala del patrimonio della Cattedrale del Buon Pastore.
Per me il denaro speso non è per Papa Francesco in sé, ma piuttosto rappresenta una meravigliosa opportunità per testimoniare l’unità e la cattolicità della Chiesa con la partecipazione di migliaia di persone che pregano come una sola comunità durante la Messa. È una festa per celebrare la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore per il Signore.
Ogni ministero o individuo ha le proprie questioni e sfide che spera siano poste all’attenzione del pontefice. Mentre vedo i messaggi comunicati in Indonesia, spero che nel contesto di Singapore, dove si promuove l’armonia interreligiosa e razziale, la Chiesa non dimentichi mai il suo ruolo profetico di alzare la voce per la giustizia e la pace. Un’altra sfida che l’Arcidiocesi di Singapore sta affrontando è la tossicità del clericalismo. Il Santo Padre prende molto sul serio questo problema”.