Ha vinto il Parlamento. Anzi, per essere precisi, i parlamentari. Tutti. E proprio perché hanno vinto tutti, non ha vinto proprio nessuno. Ovviamente non abbiamo vinto noi.
Mi spiego.
Hanno vinto i parlamentari e non i partiti perché i parlamentari non volevano andare a casa anticipatamente. Nessuno voleva andare a votare salvo la Meloni, che dalle urne avrebbe avuto (e avrà) un vantaggio. Non potevano andare a votare i leghisti, perché qualcuno sarebbe tornato a casa, perché i ministri sarebbero dovuti uscire dal governo, perché i collegi non sono ancora ridisegnati e chissà chi avrebbe perso la cadrega definitivamente. Non potevano andare a votare gli azzurri, che sarebbero stati letteralmente falcidiati dalle urne. Non potevano andare a votare i renziani, che sarebbero spariti. Non poteva andare a votare il Partito Democratico. A che pro? Adesso controlla ogni cellula del potere romano, e le urne sono sempre un rischio. Dei cinque stelle non parliamo: per loro le urne vogliono dire la scomparsa definitiva e inappellabile.
Quindi, tutti i parlamentari hanno deciso, ognuno nel suo angolino, di dire no. No a qualunque personalità proposta, fosse stata anche Santa Madre Teresa rediviva e naturalizzata italiana. No a qualunque soluzione, anche se proposta dal proprio leader, che si fidava della loro lealtà. Il capolavoro al contrario di Matteo Salvini è che ha pensato che i parlamentari – anche i suoi, anche i suoi – non avrebbero fatto questo ragionamento. E quindi ha provato a proporre questa o quella, questo o quello. Macché: quanta ingenuità. C’è stata la celebrazione dello status quo. E il più furbo di tutti, ovvero Mario Draghi, l’aveva capito: non c’era spazio per variare nulla, dopo due notti furiose a capire come rimpastare il governo. Perché sul Colle tutti avrebbero detto di sì a Draghi, ma il problema è che le tensioni avrebbero dilaniato l’esecutivo, e reso probabili le urne: l’unica cosa che nessun parlamentare avrebbe mai permesso. Il principio dell’autoconservazione è il più forte, nell’uomo. Nel parlamentare viene moltiplicato per diecimila.
Che cosa ci lascia questa vicenda? Niente. Niente elettoralmente, niente di niente. Che cosa cambia questa vicenda? Nulla di nulla. Vi diranno altro. Diranno che Mattarella bla bla bla, quanto è bravo quanto è bello quanto è superiore, vi diranno che è una scelta di alto profilo, che è quella giusta. Non è vero, e non perché Mattarella non sia d’alto profilo. Ma perché Mattarella è un ripiego, seppur di superlusso. La rivoluzione arriverà l’anno prossimo, con le elezioni. Quelle non si possono rimandare. Ma elettoralmente le figuracce di questo o di quello nella partita del Colle non contano nulla perché prevedibilmente faranno solo aumentare l’astensionismo, in modo orizzontale. Nessuno ha capito che cosa è successo a Roma tranne i parlamentari e i giornalisti. Tutti gli altri, e pure giustamente, si sono voltati disgustati dall’altra parte, senza percepire variazioni di sapore nel cucchiaino prodotto dalla defecazione dei partiti che si sono dovuti ingoiare. E come avrebbero potuto o dovuto?
Ha vinto il Parlamento. Il peggior parlamento con il miglior capo del governo e capo dello Stato possibili. Ecco, hanno vinto i parlamentari. Ma non è una buona notizia. E non c’è saggezza, come dice Letta, nella scelta di Mattarella. C’è solo una dose talmente enorme di paraculaggine da far vergognare di essere rappresentati da cialtroni come questi.