Mentre il centrodestra si avvia al Governo, con la pace fatta tra Berlusconi e Meloni, in casa PD si analizzano gli errori e, soprattutto, si guarda al congresso. Anche e soprattutto nelle sedi regionali.
In Piemonte, il segretario, Paolo Furia, escluso dalla candidatura al Parlamento “a causa del taglio dei deputati, punta alla rielezione anche al congresso regionale, in programma in concomitanza con quello nazionale.
Contattato da true-news.it, Furia, classe ’87, biellese, con un dottorato in filosofia, parla di ripartenza. In tutti i sensi. “Ci deve essere una sostanziale sovrapposizione di percorsi tra quello regionale e la discussione nazionale. Non deve trattarsi solo della scelta di qualcuno ma l’occasione per ridefinire identità e rinnovamento del partito. Stiamo attendendo tutti la direzione nazionale della prossima settimana per capire come muoverci. Naturalmente sono per le primarie”.
Il PD, il partito che non piace in provincia e nelle campagne
Sui nomi da sostenere, Furio non si sbilancia, mentre è più cinico e mesto nell’analisi della distribuzione geografica del voto. In Piemonte, alle scorse elezioni, il centrodestra ha conquistato il 46%. A Torino, nel capoluogo, però, i Dem hanno trionfato. La dinamica si è ripetuta, allo stesso, modo in Lombardia.
“Si è assistito – commenta Furia, a un consolidarsi di una tendenza storica del centrosinistra in tutto il mondo: siamo forti nelle città, deboli in province e campagne. Vale per gli Stati uniti, la Francia, la Germania e anche l’Italia. Questo significa che nella provincia si sono accumulati sentimenti di paura nei confronti della società aperta che il Pd ha cercato di incarnare. Ora al partito tocca leggere molto bene questa differenza geografica. Bisogna riscoprire il valore dei borghi, delle aree interne”.
Furia è biellese, la provincia la conosce bene. “Posso raccontare come la crisi si sia abbattuta violentemente sul territorio provinciale a causa della carenza di infrastrutture e dei deboli investimenti sul digitale. Non dobbiamo lasciare questi impegni a Lega e Fratelli d’Italia”.
Insomma, si piange un po’ sul latte versato. Ma il segretario piemontese del Pd non attacca completamente l’operato di Letta: “Ha fatto quello che ha potuto. Ha raccolto il partito, un anno e mezzo fa, in una fase di crisi dopo le dimissioni di Zingaretti. Non gli sparerei addosso ma, spesso, si è sentita una certa distanza tra di lui e la gente. Ma per come è fatto. Lettta è serio, riconosciuto ma ha scarsa empatia”. E ancora: “Sul tema delle alleanze, ha poche colpe. E’ stata una serie di concause. Sono stati gli altri alleati a volerlo”.
Furia: “Lavorare sull’empatia dei gruppi dirigenti”
A Letta sembra mancare il carisma, quella capacità di entrare nel cuore dell’elettorato. Senza chiudersi rispetto alle alleanze nel cerchio delle opposizioni. “C’è da lavorare sull’empatia dei gruppi dirigenti. Dobbiamo cercare di tenere aperto il cantiere di tutte le opposizioni. Basta ai veti. La smettano Calenda e Renzi di porre veti”.
In Lombardia si vota nel 2023, nel vicino Piemontene nel 2024. La ricetta, per Furia, è la stessa: “Le regionali dei prossimi anni non si vincono senza l’alleanza con i Cinque Stelle. Il centrodestra, invece, litiga ma non si divide. E’ più orientato al Governo”.
I temi per il Piemonte
Secondo il segretario biellese, l’ultimo programma del Pd ha lavorato molto bene sui temi. Ma non ha avuto una buona interpretazione. Le tre questioni fondamentali sono: il lavoro, la transizione ecologica e la sanità, intendendo, per quest’ultima, la parte pubblica, messa in gravissima crisi. Il Piemonte è una terra fortemente industrializzata, non siamo un aggregatore finanziario come la Lombardia o un territorio di PMI come il Veneto. Penso innanzitutto all’automotive e poi al tessile.