Perché leggere questo articolo? L’addio al Pd di trentuno esponenti locali della Liguria sta provocando tensioni al Nazareno. I riformisti scalpitano e si allunga la lista di chi minaccia di lasciare il partito guidato da Elly Schlein.
I trentuno della Liguria non sono un caso isolato
Trentuno. Ma altri potrebbero seguirli. Anche in Parlamento. La segretaria del Pd Elly Schlein attacca: “Evidentemente quelli che sono usciti avevano sbagliato indirizzo”. Poi alla conclusione della Festa dell’Unità fa un discorso che invita alla compattezza del partito. La realtà è che la fuga dei trentuno esponenti dem della Liguria non è un caso isolato. I moderati e i riformisti sono in sofferenza e si susseguono le voci di nuovi addii.
Delrio: “Nel Pd c’è disagio”
Un esponente del Pd entrato più volte nel toto nomi dei potenziali fuoriusciti è Graziano Delrio. Cattolico, ex capogruppo alla Camera ed ex ministro e sottosegretario nei governi di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. È proprio lui a uscire allo scoperto in un’intervista a La Repubblica, quotidiano di riferimento del centrosinistra. “Non si può guidare il Pd a colpi di maggioranza, Schlein si faccia aiutare”, esorta Delrio. E ancora: “Nel Pd c’è disagio, Schlein deve porsi delle domande”. Fonti dem non escludono che l’ex ministro possa decidere di virare su altri lidi politici, diversi dai dem.
I De Luca? “Più fuori che dentro il Pd”
Un disagio interno che era già stato esplicitato più volte dal governatore della Campania Vincenzo De Luca, che sovente duella dialetticamente con Schlein. Con lui il figlio ed ex vicecapogruppo alla Camera Piero, rimosso dal direttivo del gruppo a Montecitorio proprio da un blitz della segretaria. I De Luca già si muovono autonomamente rispetto al Nazareno. E tra i corridoi del Parlamento “sono già considerati più fuori che dentro”.
Il malessere degli atlantisti del Pd
Tra chi ha espresso più volte disappunto nei confronti del nuovo corso della segretaria ci sono le deputate Marianna Madia e Lia Quartapelle. Due giovani parlamentari dem che, in caso di esodo più massiccio dal Pd, potrebbero decidere di lasciare definitivamente il Nazareno. Con loro c’è il gruppo dei riformisti di Lorenzo Guerini, particolarmente perplessi di fronte alla strategia “cerchiobottista” della segretaria sulla guerra in Ucraina. Strizzate d’occhio “pacifiste” che non piacciono nemmeno all’eurodeputata e vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, considerata tra i più in sofferenza per la gestione del Pd.
Gli anti-Schlein su giustizia e lavoro
Sicuramente insofferente è l’eurodeputato Giuliano Pisapia, che ha già rifiutato la proposta di Schlein di correre di nuovo alle prossime elezioni europee. L’ex sindaco di Milano, garantista, potrebbe uscire dal Pd per via delle posizioni della dirigenza sulla giustizia. Ed è pronto a strappare la tessera dem anche l’ex senatore Tommaso Nannicini. Nannicini è considerato “il padre” del Jobs Act renziano. Una misura presa a picconate più volte dalla stessa Schlein.
Lo scouting di Renzi a Milano
Sul territorio, intanto, continuano i movimenti. Gli occhi sono puntati soprattutto su Milano. Matteo Renzi vuole candidarsi al Nord Ovest con la sua lista “Il Centro” e punta a saccheggiare i dem riformisti nel capoluogo lombardo. Tra i possibili partenti i rumors indicano anche il nome del capogruppo a Palazzo Marino Filippo Barberis. Che potrebbe essere seguito da una piccola pattuglia di consiglieri. Potenziali smottamenti attesi in Toscana, vecchio feudo del renzismo.
I cattolici del Pd in subbuglio
Premono per uscire dal Pd i cattolici, che hanno già lanciato i primi segnali a fine maggio scorso sottoscrivendo una petizione dell’ex Terzo Polo contro la maternità surrogata. Un tema su cui Schlein, invece, ha fatto diverse aperture. Su questo fronte spiccano i nomi di due ex di lusso come l’ex ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e l’ex parlamentare della Margherita Pierluigi Castagnetti. Un cattolico considerato in partenza è il senatore Alfredo Bazoli. Sul territorio, si attendono fughe anche in Emilia Romagna, terra di Stefano Bonaccini. Una “regione rossa”, dove tutta l’area riformista è in pieno subbuglio. Come in tutta Italia.