Perché leggere questo articolo: Roberto Vannacci capo di stato maggiore delle Forze operative terrestri dell’Esercito. Una nomina legittima sul piano operativo ma con ovvi risvolti politici e comunicativi. Alcune voci raccolte tra chi si occupa di sicurezza nazionale invitano a dividere i due piani.
Roberto Vannacci torna in pista e per chi conosce i settori della sicurezza nazionale e delle forze armate non è una sorpresa. O meglio, è l’attestazione del fatto che nel mondo della Difesa convivono più anime. C’è quella politica, oggi incarnata dal ministro Guido Crosetto, che sulla scia del controverso Il mondo al contrario aveva deciso di spostare nelle retrovie l’ex comandante della “Folgore”. E c’è quello dei militari operativi, che non hanno disconosciuto Vannacci e che tramite la gerarchia dell’Esercito l’hanno portato al ruolo di capo di stato maggiore delle Forze operative terrestri dell’Esercito.
Quella di Vannacci non è una promozione. Le cautele dei militari
Le fonti sentite da True-News a cavallo tra mondo della sicurezza nazionale e apparati della Difesa distinguono, sul caso Vannacci-bis, lato pratico e lato comunicativo. Sul primo fronte, Vannacci, ci dicono conoscitori degli arcana imperii delle forze armate, “è un militare in pieno servizio operativo che, per storia personale e carriera passata, non è impossibilitato a essere scelto per questi incarichi”.
Vannacci, poi, è bene ricordarlo non ha ricevuto il ruolo come promozione: il Comfoter, l’unità che lo vedrà inquadrato, ha un comandante (il generale di corpo d’armata Salvatore Camporeale), ha un vicecomandante (il generale Angelo Ristuccia), e ha un “capo di stato maggiore” (Vannacci) che in questo contesto è da intendersi (semplificando) come il capo ufficio operazioni. Il numero tre della gerarchia e un profilo, dunque, attivamente operativo. Come del resto Vannacci è stato per tutta la sua carriera. In quest’ottica, ci ricordano le nostre fonti, “è bene togliere dal terreno l’ipotesi che quella di Vannacci sia una promozione come la sua precedente rimozione dall’Istituto Geografico Militare non era da vedere come una degradazione. Da un punto di vista strettamente tecnico – dimenticandoci del libro – è tutto legittimo e senza forzature sul ruolo di generale di divisione acquisito sul campo”.
Generali e gerarchie
Diverso, invece, è il nodo legato al posizionamento di Vannacci nell’opinione pubblica. Le nostre fonti ci ricordano che “ il dibattito può farsi solo per il discorso della cosiddetta opportunità politica” di nominare Vannacci in questo momento. “Non dimentichiamo che fu proprio il ministro Crosetto a stigmatizzare e censurare quanto da lui affermato nel suo libro” ricevendo in cambio un’inusitata levata di scudi da parte di settori minoritari ma rumorosi degli alti ranghi militari. In sostanza: è sbagliato, per gli addetti ai lavori, vedere motivazioni politiche dietro la scelta di Vannacci per il suo incarico che, va ribadito, non è di comando. Ma al contempo sarebbe ingenuo sottovalutarne le conseguenze politiche.
Non è da escludere, dunque, che nel prossimo futuro il riaprirsi del dibattito attorno a Vannacci possa, in quest’ottica, riportare in auge il personaggio e la sua connotazione politica. Settori dell’Esercito non particolarmente innamorati della gestione della Difesa da parte di un ministro considerato più vicino al mondo dell’industria che agli operativi potrebbero, dunque, aver propiziato il ritorno alla visibilità di Vannacci per farne il totem politico e identitario di una seconda fase del rapporto tra militari e governo Meloni. La stampa più critica di Vannacci, di orientamento progressista, sembra star giocando proprio questa partita, seppur inconsapevolmente. Dando visibilità al fatto che quello di Vannacci sia un ruolo di comando, cosa che non è, spinge all’identificazione sempre più forte tra la figura del generale e la destra di governo. Paradosso dei paradossi, proprio ciò che Crosetto voleva evitare.
Vannacci divide ed è sempre più politico
In questo nuovo capitolo, ricordano le nostre fonti, emerge un solo vincitore: Vannacci. L’unico generale noto al grande pubblico in una fase in cui, per il declino mediatico del conflitto in Ucraina, i militari stellati sono meno presenti nei salotti televisivi. Ora pronto a un altro “giro di giostra” mediatico.
Secondo i nostri contatti, “si passerà una settimana -o anche più – a parlare di lui nei vari rotocalchi televisivi, principalmente progressisti, e ciò ne rafforzerà l’immagine mediatica, rendendo gli italiani pronti a farsi un’opinione su di lui. A una parte dell’opinione pubblica ciò apparirà come un rafforzamento dell’immagine di servitore dello Stato e – per di più – patriota” che Vannacci si vuole cucire attorno. Una manovra “da veri esperti della comunicazione politica” che rende più difficile escludere una futura candidatura dell’ex comandante dei baschi amaranto. Divisivo ma capace, col suo libro, di polarizzare l’opinione pubblica su di sé come nessun militare della Seconda Repubblica era mai stato capace di fare.