Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Nelle ultime settimane sono nati diversi intergruppi parlamentari. Ma che cosa sono e a cosa servono? Dagli “amici di Putin” ai fan del “Termalismo”, c’è un integruppo per ogni evenienza. Ma l’attività di questi club è spesso quasi carbonara. E c’è uno studio che li definisce uno dei segnali del declino dei partiti
C’è l’intergruppo parlamentare “Amici di Vladimir Putin”, le cui sedute presumiamo ultimamente non siano molto partecipate. Forse ci saranno più presenti alle riunioni del gruppo “Amici del Termalismo”. Se i suoi membri non sono impegnati ad organizzare le attività dell’intergruppo “Per l’invecchiamento attivo”. Immancabili i gruppi “Per lo sviluppo del Sud” o dei “Giornalisti“. Lasciamo per un attimo da parte le facili ironie. Lunedì 25 settembre è stato presentato ufficialmente il nuovo intergruppo parlamentare “Giovani universitari”. E qualcuno potrebbe essersi chiesto: che cosa sono e a cosa servono gli intergruppi parlamentari? La prima metà della risposta è semplice, la seconda (in teoria) anche.
Che cosa sono e cosa fanno gli intergruppi parlamentari
Gli intergruppi parlamentari sono associazioni informali transpartitiche, ovvero costituite da parlamentari di diversi schieramenti, aperte ad esponenti della società civile. Non si tratta di organi istituzionali come le commissioni ma di luoghi di confronto tra parlamentari interessati ad un obiettivo comune. Spesso nascono sull’onda di mobilitazioni per specifiche leggi o per dare visibilità su un tema proposto da un parlamentare. Oppure, la spinta nasce da associazioni o gruppi di lobby. Dal lavoro degli intergruppi possono scaturire iniziative parlamentari ufficiali. E’ stato così per l’intergruppo “Amici dei piccoli Comuni”, che ha portato all’istituzione di un fondo di 100 milioni di euro per finanziare i comuni con popolazione inferiore ai 5mila abitanti e superare i vincoli stabili dal Patto di stabilità. O per l’intergruppo “Non è un gioco”, che ha dato il via alla campagna “Gioca Responsabile”.
Intergruppi parlamentari: la trasparenza non è il loro forte
Ma, più in generale, lo score complessivo degli intergruppi parlamentari è piuttosto incerto. Nemmeno sembrerebbe esistere un registro ufficiale che consenta di sapere esattamente quanti sono gli intergruppi. Rarissimi i siti internet. Trattandosi in buona sostanza di club, la riservatezza è un’opzione lecita, per carità. Ma essendo composti da parlamentari, può anche suscitare qualche perplessità. Diversi gruppi annunciano la loro costituzione e poi il mondo esterno ne perde le tracce. Altri al contrario, e va riconosciuto, pubblicano e diffondono documenti programmatici per rendicontare circa la loro attività. Come recentemente hanno fatto l’intergruppo per la Sussidiarietà o quello per le Malattie oculari. Diversi a questo proposito gli intergruppi che stanno nascendo in questi mesi sul tema sanità. “L’Italia deve accelerare” sulla Sanità digitale, “Neuroscienze e Azlheimer”, “One Health” per l’approccio integrato e unificante alla salute.
Gli intergruppi parlamentari come segno del declino dei partiti
Alla atipica fenomenologia degli intergruppi parlamentari è stato dedicato nel 2017 un approfondito studio firmato da Eugenio Levi, Rama Dasi Mariani ed Elena Paparella, per Costituzionalismo.it. Le conclusioni? Appaiono piuttosto impietose. Alla voce “trasparenza”, emerge che solo il 17% degli intergruppi aveva un sito internet. E solo il 28% dei gruppi aveva reso pubblica la lista completa dei propri componenti. Eppure già allora si assisteva a quella che gli studiosi definivano una “proliferazione” di questi soggetti. Interpretata come un segnale della “fluidificazione delle forme della rappresentanza politica”. Ma soprattutto, di fatto, una chiara conseguenza della costante perdita di rappresentatività dei partiti. Ovvero, per usare le parole dei tre ricercatori, “una radicata difficoltà dei partiti politici a veicolare e tradurre le istanze sociali in iter parlamentari”. Sei anni dopo, il trend non sembra essersi invertito.