“La nostra fede non può essere considerata separata dal nostro impegno per i diritti umani”. È sulla base di questo principio che numerose organizzazioni cattoliche per i diritti delle donne chiedono alla Santa Sede di aderire al Consiglio d’Europa.
Vaticano nel consiglio d’Europa: la petizione di Donne per la Chiesa e altri enti
L’occasione per lanciare la richiesta è stata la Giornata internazionale per i diritti umani (10 dicembre) e gli enti firmatari sono distribuiti in tutto il continente. Si parla di Donne per la Chiesa per l’Italia e Comité de la Jupe per la Francia; sia Ordensfrauen für Menschenwürde che Maria 2.0 per la Germania; e poi Voices of Faith, che opera a livello internazionale; Catholic Women Speak dal Regno Unito, In Bona Fide dalla Croazia e We are Church dall’Irlanda. In rappresentanza della Spagna si sono mosse sia La Revuelta de Mujeres sia Alcem La Veu e chiudono il coro l’austriaca Wir sind Kirche e la svizzera SKF Schweizerischer Katholischer Frauenbund.
Tutte queste organizzazioni partono da un presupposto: la Santa Sede è considerata uno Stato autonomo e si comporta come tale. Questo avviene sia nei confronti di altri Paesi sia, ad esempio, delle Nazioni Unite. Perché allora non fa parte del Consiglio d’Europa?
Cosa comporterebbe l’adesione?
Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti umani all’interno del continente. È stato fondato nel 1949 con lo scopo di risolvere i problemi sociali e ad oggi conta quarantasette Stati membri. Diventare un Paese membro significa riconoscerne il ruolo autorevole in fatto di diritti umani e operare insieme agli altri partecipanti, lavorare nella stessa direzione e secondo standard internazionali, per raggiungere degli obiettivi comuni.
Visto che il Vaticano si è concentrato più volte nel corso della sua storia – e soprattutto della storia recente – sull’importanza dei diritti umani, del loro rispetto e della centralità che devono avere all’interno delle politiche statali e sociali, le donne cattoliche si chiedono perché non sia già entrato nel Consiglio d’Europa.
Attualmente la Santa Sede gode dello status di osservatore, quindi ha modo di assistere alle decisioni prese dai Paesi membri e di portare all’attenzione la propria opinione. Eppure sempre in modo defilato, senza un reale potere decisionale e senza doversi poi attenere agli standard stabiliti dal Consiglio.
Fede e impegno sociale: un cambio di prospettiva
Una maggiore tutela, quindi, chiedono le donne cattoliche europee. E insieme a essa un cambio di prospettiva: accettare che la fede e la pratica religiosa non possono essere scisse dall’impegno sociale, sia nelle comunità spirituali che nella società nel suo complesso. Ignorare la richiesta di un maggior impegno e una più vasta riflessione sui diritti umani risulta cieco ai bisogni delle persone di fede, soprattutto di quelle marginalizzate.
Dalla Germania alla Spagna, dal Regno Unito alla Croazia, dall’Irlanda all’Italia, milioni di donne chiedono che la propria voce venga ascoltata e, in particolare, che anche dal punto di vista degli equilibri internazionali la Santa Sede agisca.