Perché potrebbe interessarti questo articolo? Il mancato via libera allo scostamento di bilancio alla Camera ha scatenato il putiferio. Tra volti scuri, ironie e la ricerca di una soluzione tecnica a quanto avvenuto in Aula. Ma un dato è certo: per la prima volta la maggioranza di centrodestra è andata sotto.
Situazione confusa. La fotografia perfetta è stata consegnata dal viceministro, Maurizio Leo, in Transatlantico subito dopo il mancato voto dello scostamento di bilancio alla Camera. Quella che sembrava una tranquilla giornata in vista del ponte del Primo Maggio, si è trasformata in un delirio totale: di sicuro mai visto dall’inizio della legislatura.
Molti deputati della maggioranza erano stupefatti per l’accaduto e le opposizioni che gongolavano, chiedendo l’intera riscrittura del Documento di economia e finanzia, il ben noto Def.
Cosa è successo con il voto sul Def alla Camera
Per capire occorre una digressione tecnica: il mancato raggiungimento del quorum di 201 voti favorevoli ha rappresentato uno shock per un’alleanza che avrebbe potuto contare in totale su 240 sì. Ma tra assenze giustificate, come quelli di alcuni ministri tra cui Francesco Lollobrigida e Carlo Nordio, e banchi vuoti a sorpresa, la maggior parte sul lato leghista, ci sono stati appena 195 voti a supporto della risoluzione di maggioranza: 6 meno di quelli necessari.
Senza scostamento di bilancio non ci può essere il Def e senza questo documento non si può provvedere, tra le altre cose, ad approvare il cosiddetto decretone lavoro messo in calendario dall’esecutivo il Primo Maggio. Un cortocircuito incredibile. A quel punto si è scatenato il putiferio, con Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza verdi-sinistra che hanno attaccato il governo, mentre in Transatlantico si cercava di capire cosa potete accadere dal punto di vista tecnico: è la prima volta che non viene votato lo scostamento di bilancio dalla riforma costituzionale del 2012.
Caos in Transatlantico
Anche gli uffici legislativi hanno dovuto comprendere come agire. Tanto che nella maggioranza ha preso forma la tentazione di richiedere la ripetizione del voto, come se fosse mancato il numero legale. “Una forzatura regolamentare inaccettabile”, ha però ammesso un deputato di centrodestra.
Nei corridoi di Montecitorio non sono mancate ironie: “Lo abbiamo fatto per movimentare una giornata un po’ moscia”, ha detto un parlamentare di Fratelli d’Italia, rivolgendosi a un collega. Ma c’era chi, come Federico Mollicone, scuro in volto, ha dribblato i cronisti che hanno cercato di strappargli una battuta. A riportare un minimo di raziocinio è stato Maurizio Lupi, deputato di Noi Moderati con un bel po’ di anni nelle Istituzioni: “Non c’è dietro alcun segnale politico, è stata solo inesperienza”. La soluzione più plausibile è diventata quella di riconvocare il consiglio dei ministri e licenziare un nuovo testo, modificato solo nella cifra dello scostamento di bilancio. E quindi far ripartire l’iter parlamentare, dalle commissioni all’assemblea.
Il grande pasticcio alla Camera sul Def
Oltre le note di colore e il dibattito tecnico, però, c’è stato un fatto politico: la cattiva gestione dell’Aula di Montecitorio. Sotto esame sono quindi finiti i capigruppo: Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, Paolo Barelli di Forza Italia e Riccardo Molinari della Lega. “In questi casi – spiega un parlamentare di lungo corso – i presidenti dei gruppi si attaccano al telefono e chiedono ai deputati di essere presenti, ricordando che per lo scostamento di bilancio è necessaria una maggioranza qualificata”. Le responsabilità sono condivise con il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che è tenuto a tenere i fili con i capigruppo.
“Un grande pasticcio da cui bisogna uscire senza strappi”, suggerisce un altro esponente della Lega. La soluzione è in divenire, ma resta la certezza di ore surreali in Transatlantico. Perché il centrodestra ha dovuto fare i conti con i rischi parlamentari: gli scivoloni possono arrivare nei momenti più inattesi. Come una giornata in apparenza sonnacchiosa, che ha dato una bella sveglia al governo.