Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sanchez ha preso possesso del suo terzo mandato come primo ministro dopo l’accordo con gli indipendentisti catalani. Ma nell’intesa è prevista anche un’amnistia per chi ha avuto un ruolo nel referendum illegale del 2017, circostanza non gradita alla magistratura: “I giudici proveranno a fermare questa intesa – spiega a TrueNews la giornalista spagnola Irene Tabera – e a disapplicare le future leggi sull’amnistia”. In poche parole, in Spagna è il centrodestra, costretto all’opposizione, a tifare per la magistratura.
In Spagna il giuramento del nuovo governo, arrivato quattro mesi dopo il voto, non ha placato le polemiche. Al contrario, ha contribuito ad amplificare le tensioni tra la rinnovata maggioranza di centrosinistra, guidata dal premier Sanchez e dal suo Psoe, e l’opposizione di centrodestra trainata dal Partito Popolare. Le tensioni però sono anche fuori dal parlamento. Il motivo è dato dall’accordo che ha portato alla nascita del nuovo governo Sanchez. L’intesa infatti ha coinvolto, tra gli altri, gli indipendentisti catalani. Coloro cioè che nel 2017, guidati da Carles Puigdemont, hanno organizzato illegalmente il referendum per l’indipendenza della Catalogna.
L’accordo prevede l’amnistia per molti secessionisti e diverse possibili concessioni al governo regionale di Barcellona anche sul fronte economico. L’opposizione parla di pericolo per l’unità nazionale, sentimento riscontrato anche in diversi gruppi di cittadini scesi in piazza nelle principali città spagnole. “L’accordo – spiega anche la giornalista spagnola di OkDiario, Irene Tabera – non è andato giù nemmeno alla magistratura, con i giudici che vedono nell’amnistia agli indipendentisti un pericolo per il principio della separazione dei poteri”.
La situazione politica in Spagna
Come previsto alla vigilia, le elezioni anticipate di luglio hanno consegnato alla Spagna un parlamento molto frammentato. Finiti i tempi del quasi perfetto bipolarismo tra socialisti e popolari, oggi chiunque voglia governare deve formare coalizioni. Nello specifico, il voto programmato in piena estate ha visto il prevalere del Partito Popolare di Alberto Nunez Feijoo. Tuttavia, con il suo 33% e con i suoi 137 seggi su 350 alla Camera in palio, quest’ultimo non è riuscito a conquistare la maggioranza assoluta.
Il Psoe dell’uscente Sanchez, è arrivato secondo con il 31% dei consensi e con 121 seggi conquistati. Dietro i due partiti principali, si sono piazzate le formazioni di Vox (estrema destra) e Sumar (coalizione di sinistra che comprende anche Podemos). Queste ultime hanno ottenuto rispettivamente 33 e 31 parlamentari. Una volta partita la caccia all’alleato, a spuntarla è stato proprio Sanchez. E questo grazie ai piccoli partiti regionali. Una coalizione di centrodestra tra Popolari e Vox avrebbe portato in dote a Feijoo 171 deputati, 5 in meno di quanto richiesto per la maggioranza. L’alleanza tra Psoe e Sumar invece, ha fruttato una coalizione di 152 parlamentari per Sanchez, il quale ha però potuto sondare le alleanze con le varie formazioni regionaliste.
Lista per lista, regione per regione e deputato per deputato, l’uscente e rientrante Sanchez in questi mesi ha cercato tutti quei voti in parlamento capaci di consegnargli la fiducia. E alla fine i suoi sforzi sono stati premiati: il Psoe ha blindato intese con i repubblicani catalani, con i nazionalisti baschi e persino con il singolo rappresentante dei nazionalisti galiziani e con l’unico deputato dei nazionalisti della Canarie. “Ma l’accordo più controverso – dichiara a TrueNews Irene Tabera – è quello con Junts per la Catalunya”.
L’intesa della discordia tra Psoe e indipendentisti
L’intesa è controversa per almeno due motivi: “Sanchez per concluderla – sottolinea la giornalista spagnola – è andato fino a Bruxelles, lì dove risiede Puigdemont”. Il leader indipendentista cioè che non rientra in Spagna proprio dai giorni del referendum del 2017. “L’altro motivo – ha aggiunto Tabera – riguarda le concessioni fatte agli indipendentisti”. L’intesa infatti prevede l’amnistia per lo stesso Puigdemont e oltre 300 attivisti e sostenitori del suo partito.
“L’amnistia – dichiara ancora Irene Tabera – arriverebbe per chi ha procedimenti aperti per i fatti del 2017 e per l’attacco all’unità nazionale”. Non è solo il colpo di spugna per gli indipendentisti ad agitare le acque attorno l’accordo: Psoe e catalani hanno infatti previsto una legge che permetta di trattenere in Catalogna il 100% delle tasse pagate nella regione, circostanza non certo gradita dalle parti di Madrid e che potrebbe dare il via a una serie di rivendicazioni in altre comunità autonome. Ad ogni modo, il sì di Puigdemont e soci all’accordo è valso a Sanchez il via libera per un appoggio esterno decisivo per ottenere il suo nuovo mandato.
Il centrodestra ora tifa per i magistrati
I leader dei popolari sono andati giù duri. C’è chi ha accusato Sanchez di essere un dittatore e di voler far planare la Spagna verso una dittatura. Poi ci sono coloro che hanno sottolineato il rischio di uno sfaldamento dell’unità nazionale. Le proteste però non stanno coinvolgendo solo l’opposizione parlamentare: “La gente è scesa in piazza nei giorni scorsi, per almeno due settimana in tutta la Spagna – ha rimarcato Irene Tabera – sono state registrate manifestazioni”. Il filo comune è unico: secondo i detrattori dell’accordo, il premier spagnolo avrebbe barattato l’unità del Paese per il potere.
Ma l’opposizione più dura all’intesa tra Psoe e Puigdemont probabilmente non verrà in futuro né dal parlamento e né dalla piazza. Le barricate più importanti sono attese dalla magistratura. La promessa di una legge sull’amnistia infatti è stata recepita dai giudici come un’invasione di campo. Anche perché nel documento in cui socialisti e indipendentisti hanno apposto le firme, si intravede la possibilità di istituire apposite commissioni incaricate di vigilare sul rispetto dell’amnistia. In poche parole, i giudici temono di veder il proprio operato vagliato e controllato dalla politica: “Il problema più importante – sottolinea Tabera – è proprio il timore da parte della magistratura di veder leso il principio della separazione dei poteri”.
E ora i magistrati starebbero preparando le contromisure: “I più importanti giudici spagnoli hanno già espresso la loro contrarietà al progetto di amnistia – prosegue la giornalista – sicuramente prepareranno molti ricorsi e faranno valere le proprie ragioni quando la legge sarà ufficialmente in vigore”. I popolari potrebbero quindi affidarsi ai magistrati per veder naufragato l’accordo che ha dato vita al nuovo governo Sanchez. A pensarci bene, in Spagna sta accadendo l’esatto opposto di quanto osservato in Italia. Se da noi gli screzi principali tra politica e giustizia hanno riguardato le polemiche tra centrodestra e magistrati, a Madrid invece sono i popolari a sperare in un intervento dei giudici. Anche perché, a conti fatti, solo loro al momento potrebbero ribaltare l’accordo voluto dal centrosinistra.