Il giornalismo d’inchiesta esiste ancora in Italia? Dopo alcuni servizi mediatici, uno in particolare, che hanno visto protagonista l’eurodeputato Carlo Fidanza, abbiamo discusso con il diretto interessato in merito al tema del giornalismo d’inchiesta parlando di un possibile assedio al partito che rappresenta. Ecco cosa ha raccontato l’Onorevole in un’intervista esclusiva a TrueNews.
Il giornalismo d’inchiesta in Italia esiste ancora? Secondo lei c’è chi si nasconde dietro a questa professione per indirizzare chi legge o ascolta su un determinato pensiero?
Guardi, io ho provato sulla mia pelle i guasti di un falso giornalismo d’inchiesta. In molti ricorderanno ahimè l’indagine nota come “lobby nera” (per la quale la Procura di Milano ha richiesto l’archiviazione) nata da un’inchiesta giornalistica di un reporter di Fanpage che, spacciandosi per imprenditore, riprendeva con una telecamera nascosta alcune scene, poi abilmente tagliate e cucite per dimostrare al pubblico una mia presunta disponibilità a ricevere finanziamenti elettorali in modo non trasparente. Soldi che non erano mai esistiti e che pure mi furono offerti in gran quantità al solo scopo di far cadere nella trappola la vittima designata. Così come non esisteva quell’imprenditore, che si presentava alla malcapitata vittima con biglietto da visita e profilo social collegato ad una società londinese con tanto di sito web, tutto sparito a pochi minuti dalla messa in onda del servizio. Naturalmente nessuna traccia delle immagini nelle quali io puntualmente rifiutai quel denaro.
Qual è il sui giudizio su questi fatti?
Come limpidamente scritto in quei giorni dall’Unione delle Camere Penali, non si può considerare giornalismo d’inchiesta quello che, anziché cercare di scoprire evidenze di eventuali reati, cerca di indurre persone ignare – come ad esempio un nemico politico da abbattere – a compiere reati. Ricordo che soltanto pochi anni fa il nostro ordinamento ha normato la figura dell’agente sotto copertura, per consentire alla polizia giudiziaria di scovare funzionari pubblici corrotti. È assurdo pensare che in nome del diritto di cronaca si possa usare lo stesso metodo, peraltro unilateralmente contro una sola parte politica. E soprattutto contro una persona innocente, recando danni serissimi alla sua onorabilità e al suo percorso politico, nonché una sofferenza indicibile ai suoi familiari. Questo danneggia il vero giornalismo di inchiesta di cui invece abbiamo per fortuna ancora esempi stupendi, che vanno difesi e preservati, anche e soprattutto dal cattivo giornalismo d’inchiesta.
A Milano, secondo Report, ci sarebbe un’alleanza tra Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta pronta a fare accordi la politica. Una tesi che aveva portato avanti la Procura milanese prima che il giudice delle indagini preliminari Tommaso Perna, nel novembre scorso, respingesse 140 richieste di misure cautelari su 154 ma per la trasmissione si sarebbe trattato di una “straordinaria scoperta fatta dai carabinieri e dalla Procura”. Come commenta il servizio di Report che l’ha chiamata in causa? Ritiene che in quel caso il giornalismo d’inchiesta non sia stato svolto correttamente?
Si è trattato di un’altra brutta pagina di giornalismo, ahimè trasmessa dal servizio pubblico. Chiunque abbia visto la puntata con occhi obiettivi ha ben compreso che il mio nome, come quello di altre persone, è stato buttato in pasto al pubblico collegandolo ad un contesto chiaramente diffamatorio. Mi vengono contestati contatti, esclusivamente di natura politica, con una persona che all’epoca di quei contatti non era nemmeno indagato e le cui attività passate, presenti e future io non potevo conoscere. Nessuna condotta irregolare, tantomeno alcun reato, è ricollegabile al sottoscritto. Eppure vengo definito “referente politico” di un “mafioso”, il quale peraltro – da quel che ho letto – non è nemmeno stato riconosciuto tale dal Gip. E anche la tesi delle infiltrazioni in Fratelli d’Italia è risultata ridicola: la persona in questione non ha chiesto nè ha ottenuto da me alcun vantaggio, non c’è stata alcuna infiltrazione e se qualcuno ha pensato di attuarla direi che è miseramente fallita. Esattamente il contrario del teorema di Report. D’altra parte non poteva che essere così perché chi come me ha iniziato a fare militanza a destra nel nome di Paolo Borsellino odia la mafia in ogni sua forma. Oltre al killeraggio politico contro FdI però, ho trovato davvero sgradevole la chiosa finale di Ranucci che ha denigrato il Gip Perna, entrando a gamba tesa nella dialettica tra lo stesso Gip e la Procura di Milano. Io naturalmente non ho elementi e soprattutto ritengo non spetti alla politica prendere le parti dell’uno o degli altri, mentre ci troviamo di fronte ad un programma del servizio pubblico che non solo cerca di condizionare la politica ma anche le dinamiche interne al sistema giudiziario. È una cosa che dovrebbe far paura a chiunque creda nella democrazia, nello stato di diritto, nella separazione dei poteri.
Qualche giorno fa il suo nome è tornato a comparire in un articolo del Il Fatto Quotidiano che rendeva conto di un’indagine della Digos di Milano su una presunta rete criminale legata alla curva dell’Inter. Si sente sotto attacco?
Sono un dirigente apicale del partito del Presidente del Consiglio, sono per ciò stesso un bersaglio e forse qualcuno pensa erroneamente di abbattermi più facilmente perché ammaccato da vicende precedenti. Ovviamente non mi riferisco alla Digos di Milano, i cui agenti peraltro mi vedono tutte le domeniche allo stadio con mio figlio 14enne e credo sappiano perfettamente che io non ho legami con alcuna attività illecita. Sono arrivati a scrivere che sarei membro del Consiglio di un’associazione usata come copertura per traffici loschi. Le do una notizia: non faccio parte di alcun Consiglio. Lei capisce che di fronte a una tale malafede si può rispondere solo continuando a lavorare, forti della propria storia e della propria credibilità personale.
Pensa che sia in corso un assedio mediatico nei confronti di Fratelli d’Italia? Perché?
C’è un continuo tentativo di gettare discredito contro FdI. Proprio nell’ultima puntata di Report, sempre collegato al tema mafia, è andato in onda un lungo servizio sulle vicende personali del padre di Giorgia Meloni che tutti sanno essere uscito dalla sua vita molti anni fa e ben prima di quelle vicende. Usare quella storia per gettare ombre sulla nostra premier si commenta da sè. Ma, più in generale, la tesi che si prova a sostenere a tutto tondo da parte di un certo circuito politico-mediatico è che intorno a Giorgia Meloni ci sarebbe una classe dirigente inadeguata. Io credo invece che questo governo stia facendo bene, in condizioni difficilissime date da un lato dalla situazione internazionale e dall’altro dalla pesante eredità lasciataci proprio da quelli “bravi e presentabili”. E credo però che non sia più rinviabile la riforma della giustizia, anche per porre fine al tritacarne mediatico-giudiziario che distrugge la vita e l’onorabilità di persone oltre ad alterare la normale dialettica democratica. Ne va della giustizia con la G maiuscola e della credibilità di tantissimi ottimi magistrati e giornalisti.
Una domanda sulle elezioni europee: quali sono le sue previsioni (in termini di risultati elettorali) per Fdi?
Ogni voto in più delle elezioni politiche sarà un successo. Siamo fiduciosi di ottenere un ottimo risultato e di poter contribuire, con una larga pattuglia di nostri eurodeputati e con la credibilità di Giorgia Meloni, a costruire una maggioranza di centrodestra nel nuovo Parlamento europeo. Sarebbe una svolta per l’Europa, a partire da temi fondamentali come il contrasto all’immigrazione irregolare e la difesa di cittadini e imprese da un’impostazione talebana della transizione ecologica.