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Iran, inizia l’era Raisi: pandemia, Usa, crisi economica e geopolitica del Medio Oriente le sue sfide

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Con la cerimonia ufficiale d’insediamento in cui riceve l’approvazione ufficiale della Guida Suprema Ali Khamenei, comincia l’era di Ebrahim Raisi. Considerato un falco ultra-conservatore, si era imposto con oltre il 60% dei voti alle elezioni dello scorso giugno – contraddistinte da un tasso altissimo di astensionismo (oltre il 52%) e da una feroce pre-selezione dei candidati (su oltre duecento candidati, il Consiglio Supremo della Rivoluzione ne ha autorizzati solo quattro). 

Iran, inizia l’era Raisi

Raisi, 60 anni, è un giudice ultra-conservatore e vicinissimo all’Ayatollah. Ha prestato giuramento davanti al Parlamento di Teheran, difronte ai rappresentanti di oltre 70 paesi. Succede al “centrista” Hassan Rouhani, conservatore moderato che aveva portato timidamente ad alcune aperture sul fronte sociale ed economico. 

Sono tante le sfide che il nuovo leader dovrà affrontare, su tutte la complessa situazione economica di un paese schiacciato tra sanzioni economiche e pandemia. La comunità internazionale guarda con apprensione a quali saranno le prime mosse del neo-eletto presidente che prova a rilanciare l’accordo sul nucleare per il quale non si è ancora raggiunta un’intesa. L’avvento di Raisi non dovrebbe fermare il tentativo negoziale per un dossier vitale per l’Iran: il trattato, firmato nel 2015 dall’Iran con altri sei paesi, da cui gli Usa sono usciti nel 2018, a cui è legata la revoca delle sanzioni per il paese. 

Iran, il fronte geopolitico aperto

Per la principale potenza sciita del mondo sono diversi i fronti a livello geopolitico, in primis con Israele. L’ultimo capitolo della guerra combattuta sottotraccia tra i due paesi riguarda l’attacco della scorsa settimana a una petroliera gestita da una società israeliana: a largo dell’Oman un drone esplosivo ha causato la morte di due membri dell’equipaggio, un britannico e un romeno. Da Gerusalemme, il ministro della difesa Benny Gantz ha esortato il mondo ad agire “contro l’Iran e i suoi tentativi di destabilizzazione dell’area”. Da Washington, gli ha fatto eco il segretario di Stato Anthony Blinken, che ha ribadito come “sia necessaria una risposta collettiva nei confronti dell’Iran”. Teheran, dal canto suo, ha negato ogni coinvolgimento e minaccia ripercussioni in caso di attacco. Rimane la gestione di una politica estera complessa che mira a influenzare i vicini Iraq – dove a gennaio 2020 è stato ucciso il generale iraniano Soleimani – e la Siria con le milizie vicine al paese che sono state cruciali nella lotta all’Isis, ma che ora sembrano “un genio scappato dalla lampada”. 

L’iran tra le sanzioni Usa e pandemia

Proprio all’agenda estera sono dedicate le prime parole da presidente di Raisi: “lavoreremo per arrivare alla revoca delle sanzioni americane, ingiuste e oppressive – ha detto – ma la vita e l’economia degli iraniani non saranno legate alla volontà degli stranieri. Non aspetteremo che saranno loro ad aiutarci a migliorare la situazione”. Il momento è effettivamente particolarmente preoccupante per un paese che, oltre alla crisi economica, vive continui black-out, siccità e una pandemia che in Iran sta colpendo più forte rispetto ad altri paesi del Medio oriente. Una crisi pesante al punto che la Guida Suprema ha ordinato alle autorità di valutare con attenzione l’ipotesi di un lockdown nazionale. Sarebbe la prima chiusura totale dall’inizio dell’emergenza sanitaria.