L’Irlanda del Nord ha conosciuto in queste giornate una svolta epocale, con la conclusione dell’accordo di power-sharing tra i cattolici, nazionalisti e repubblicani del Sinn Fein, guidati dalla battagliera Michelle O’Neill, e gli unionisti del Democratic Unionist Party, portavoce delle istanze monarchiche, conservatrici e protestanti. Una svolta che consacra i risultati del voto del 5 maggio 2022, in cui per la prima volta dagli Accordi del Venerdì Santo del 1998 i cattolici avevano superato i partiti protestanti. Sono seguiti quasi due anni di intense di negoziazioni per formare il governo condiviso tra i due campi che hanno aperto, finalmente, la strada all’ingresso della O’Neill a Stormont, sede del governo locale di Belfast.
Il Sinn Fein vola al potere a Belfast
L’ascesa di Michelle O’Neill a First Minister dà nuova vita alle idee di unificazione dell’Irlanda. La 47enne leader del Sinn Fein di Belfast proviene da una famiglia di militanti dell’Irish Republican Army, l’organizzazione separatista che combatté una durissima guerra asimmetrica con le forze britanniche nel secondo dopoguerra. Lo slogan repubblicano “tiocfaidh ár lá ” – “il nostro giorno arriverà”, associato all’immagine di Bobby Sands, il militante dell’Ira morto dopo lo sciopero della fame contro la repressione del governo di Margaret Thatcher nel 1981, è tornato a risuonare. A Londra, incontrando la leader del Sinn Fein dell’Irlanda indipendente Mary Lou McDonald poco dopo la sua investitura la O’Neill ha dettato un traguardo: dieci anni per l’unificazione dell’Isola Celtica.
Looking forward to a busy day ahead.
I will represent everyone as a First Minister for All, standing up for workers, families and public services. pic.twitter.com/PValsx3vcw
— Michelle O’Neill (@moneillsf) February 5, 2024
L’Irlanda del Nord della O’Neill da Bobby Sands al governo
La leader del Sin Fein dell’Ulster ha preso in carico una delle Home Nations britanniche, erede dell’unione delle sei contee che era stata progettata nel 1921 per consacrare una maggioranza unionista per sempre e che l’IRA aveva promesso di distruggere. Nel lontano 1998, quando l’accordo del Venerdì Santo pose fine ai Troubles, sembrava inconcepibile che il Sinn Fein, l’ala politica dell’IRA, il quarto partito più grande, un giorno avrebbe rivendicato il posto più alto nell’esecutivo di Stormont.
“Il nostro giorno” sognato dai cattolici d’Irlanda è finalmente arrivato. Ed è sulle spalle di Michelle Doris sposata O’Neill, figlia di una famiglia operaia a Clonoe, un villaggio nella contea di Tyrone. Suo padre, Brendan Doris, era membro dell’Ira che fu preso prigioniero dai britannici e uno zio, Paul Doris, raccolse fondi per il movimento. Due cugini della nuova First Minister, a loro volta membri dell’IRA, sono stati colpiti dalle forze di sicurezza, uno mortalmente. All’età di 15 anni rimase incinta e ricordò di essere stata trattata a scuola “come se fossi una appestata”. Con gli accordi del Venerdì Santo, nel 1998, è entrata in politica.
La sfida politica
O’Neill da vice-premier dell’Irlanda del Nord tra il 2020 e il 2022 ha ereditato la lunga battaglia del predecessore e patriarca del Sinn Fein Martin McGuinness, vicepremier dal 2007 al 2017, per l’unificazione dell’isola. Non ha però lesinato di modernizzare le istanze del partito. Trasformandolo da formazione figlia di un movimento settario a partito a tutto campo, modellato sulla scia del Sinn Fein irlandese.
Dall’una all’altra parte del confine, IL Sinn Fein ha dimostrato unità e abilità nel ridefinire la sua retorica sull’unificazione, presentandola in modo positivo sia ai moderati del Nord che del Sud. “Irlanda degli eguali” è diventato il nuovo motto del partito, guidato dalle figure di spicco Michelle O’Neill e MaryLou McDonald. Una delle principali mosse strategiche dello Sinn Fein è stata quella di far convergere, attorno alla causa nazionalista, la divisione tradizionale tra destra e sinistra, una dinamica che, in Irlanda e in particolare nell’Ulster, non era stata così marcata in passato. Il Sinn Fein è, per le peculiari questioni legate alle dinamiche storiche irlandesi, evoluto come partito al tempo stesso cattolico, di sinistra e fautore del nazionalismo irlandese in opposizione al governo britannico e in nome di un’Irlanda unita capace di contare in Europa.
L’impatto della Brexit sull’Irlanda del Nord
Ovviamente su questo ha inciso la Brexit. Il 2016 è stato un anno cruciale per l’Irlanda del Nord, con il voto a favore del Remain nella maggioranza dell’isola durante il referendum sulla Brexit (55,78% contro il 44,22% per il Leave). In questo contesto, lo Sinn Fein è riuscito a capitalizzare il malcontento di una parte della popolazione, soprattutto a Belfast, preoccupata per le conseguenze economiche e sociali della separazione dal resto dell’isola. Il partito ha anche utilizzato la lotta all’austerità come arma contro i suoi avversari e i partner di governo del DUP, che hanno sostenuto il governo conservatore a Londra tra il 2017 e il 2019, dipingendo il DUP come responsabile della minaccia alla sicurezza sociale dei nordirlandesi e dell’errore della Brexit.
La pandemia ha ulteriormente accentuato la situazione, portando a una recessione nell’Irlanda del Nord, con il PIL che ha raggiunto i livelli pre-pandemici solo alla fine del 2021 e con l’occupazione ancora sotto i livelli precedenti alla pandemia a maggio 2022, quando si è votato per le elezioni che hanno certificato il sorpasso dei cattolici nazionalisti. I cattolici nordirlandesi hanno anche beneficiato della crescita dello Sinn Fein nella Repubblica d’Irlanda, dove il partito è diventato il primo in termini di voti e ha assunto un ruolo di maggior opposizione ai governi centristi e liberali di Dublino.
La svolta “sociale” del Sinn Fein
In vista del voto del 2022 il Sinn Fein ha concentrato la sua campagna sulla lotta al costo della vita e sul miglioramento del servizio sanitario, rispondendo a esigenze concrete anziché affidarsi a retoriche liberiste e pro-mercato. Il partito ha promesso di investire oltre 1 miliardo di sterline nell’assistenza sanitaria e 300 milioni per contrastare l’aumento dei prezzi, seguendo un approccio simile a quanto fatto nella Repubblica d’Irlanda, dove i membri dello Sinn Fein hanno lottato per salari dignitosi, riduzione dei prezzi degli affitti, diritti sindacali e aumento dei pagamenti dell’assistenza sociale. Su questi temi O’Neill gioca la tenuta del suo governo.
Il ritorno di un esecutivo funzionante a Stormont imporrà di affrontare una lunga di sfide, tra cui la crisi fiscale, il deterioramento dei servizi pubblici e una crescente sfiducia nella democrazia. Il governo britannico ha stanziato 3,3 miliardi di sterline condizionati al ripristino delle istituzioni stabilite dall’accordo del Venerdì Santo del 1998, compresi aumenti salariali per i dipendenti pubblici. I leader aziendali e il governo irlandese vedono il ritorno al potere condiviso come un passo verso la stabilità, specialmente dopo gli anni di incertezza legati alla Brexit. Mercoledì, il governo ha annunciato nuove regole per agevolare il commercio attraverso il Mare d’Irlanda, eliminando i controlli di routine sulle merci provenienti dalla Gran Bretagna destinate all’Irlanda del Nord. La Camera dei Comuni ha approvato le modifiche giovedì senza un voto formale, nonostante le preoccupazioni dei sostenitori della Brexit riguardo alla permanenza della regione sotto il diritto dell’Ue.
Il giorno è arrivato. E adesso arriva il difficile
Il “giorno” agognato dai figli di Bobby Sands è arrivato. Ma c’è la sensazione che il difficile cominci adesso. Il Sinn Fein deve dimostrarsi capace di governare e gestire l’immagine dell’Irlanda del Nord britannica mentre lavora per realizzare le sue politiche identitarie. Il tutto evitando di cedere terreno sulle questioni sociali che attanagliano un Paese strutturalmente in crisi. Ed evitando di polarizzare eccessivamente l’opinione pubblica che, in Irlanda del Nord, è sempre pronta a sobillarsi.
“C’è il silenzio dei cimiteri in quelle zone, rumoroso e carico di dolore. Una zona di guerra senza vera pace ma solo quiete. Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant“, scriveva Leonardo Palma su Geopolitica.info raccontando la Belfast del ventennale del Good Friday, nel 2018. O’Neill dovrà fare della zona di quiete un’area di pace. La prima leader di Belfast figlia della tradizione dell’Ira dovrà rispondere a una popolazione divisa in forma confessionale, politica e di identità per accreditarsi come First Minister prima di sdoganare la sua agenda. Dieci anni sono un orizzonte lungo. Ma, se non ben gestiti, possono passare in fretta.