Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Italia è nuovamente al centro del testa a testa globale tra Stati Uniti e Cina, ma rischia di essere ancora uno – se non il principale – anello debole dell’alleanza guidata da Washington. La lunga trasferta in Occidente del premier giapponese Fumio Kishida, che il prossimo 10 gennaio si fermerà a Roma, sarà fondamentale anche per blindare il blocco anti Pechino. Che, nel frattempo, sta tessendo la sua tela nel sud-est asiatico. Con il leader cinese Xi Jinping che ha incontrato il suo omologo filippino Ferdinand Marcos Jr, nel tentativo di strappare le Filippine agli Usa.
Se i colpi di martello della Cina vibrano sopra i punti più fragili della catena diplomatica statunitense, allora Filippine e Italia risultano essere due tra gli anelli più deboli.
Pechino sa bene che per indebolire Washington non ha alcun senso scatenare una guerra. Molto meglio agire da dietro le quinte attivando la diplomazia. Per fare terreno bruciato attorno agli Stati Uniti e, allo stesso tempo, portare dalla propria parte i partner strategici della Casa Bianca.
Gli alleati di Joe Biden in Asia hanno capito qual è il gioco di Xi Jinping. Ed è per questa ragione che il Giappone intende ergersi a baluardo anti cinese. Il premier nipponico Fumio Kishida intende riarmare Tokyo e, soprattutto, riesumare il Pivot to Asia. Ovvero, il riequilibrio strategico degli interessi americani dall’Europa e dal Medio Oriente verso l’Asia orientale.
L’Italia al centro della contesa
Sia chiaro: non tutti gli interessi degli Stati Uniti coincidono con quelli del Giappone. In ogni caso, di fronte all’ascesa della Cina, grande partner commerciale ma anche rivale sistemico, Tokyo preferisce rinsaldare l’asse con Washington. Kishida si è dunque attivato per un viaggio in Occidente.
Dal 9 al 14 gennaio, il premier giapponese sarà in visita in Francia, Italia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti. Accanto agli incontri bilaterali con i vari leader, Kishida ha due obiettivi. Il primo: confermare la cooperazione degli alleati per il prossimo G7 che si svolgerà a Hiroshima, sotto la presidenza del Giappone. Il secondo: ribadire la collaborazione in materia di sicurezza con i governi che si sono impegnati nella FOIP (Free and Open Indo-Pacific Strategy).
La prima tappa di Kishida sarà Parigi, dove ad attenderlo ci sarà Emmanuel Macron. A seguire arriverà il turno dell’Italia di Giorgia Meloni. Completeranno il cerchio Regno Unito, Canada e Stati Uniti, con il vertice conclusivo con Biden a chiudere la trasferta diplomatica.
Per quanto riguarda la tappa italiana, Kishida avrà almeno tre temi da sollevare. Innanzitutto, la partecipazione di Roma al programma Tempest, un progetto congiunto tra Giappone, Gran Bretagna e Italia che punterà a produrre un aereo da combattimento ultra moderno. Anche perché la realizzazione di questo mezzo, un caccia di sesta generazione chiamato Tempest, appunto, coinvolgerà tutta la filiera italiana, dalle università alle pmi, dai centri di ricerca alle grandi aziende del settore della Difesa.
La risposta della Cina
Gli altri due temi riguardano invece la Cina. O meglio: che ruolo intende giocare Roma nella grande contesa tra Washington e Pechino? Washington non apprezza che i suoi partner mostrino ambiguità strategica sul tema, e sembrerebbe accettare sempre meno anche la loro cooperazione economica in determinati settori strategici.
La giusta garanzia del governo Meloni, e qui arriviamo al terzo tema, potrebbe consistere nell’incrementare la partecipazione alla FOIP, congelando ulteriormente ogni velleità di avere uno spartito nella Via della Seta cinese.
La Cina, intanto, si è già attivata per attuare valide risposte. Pechino ha svelato il nome del prossimo ambasciatore cinese in Italia. Si tratta di Jia Guide, un navigato funzionario che, tra le altre cose, dovrà fare in modo che Roma non scivoli via dall’architettura della Belt and Road Initiative.
A livelli più alti, invece, Xi Jinping ha ospitato a Pechino il presidente delle Filippine. Stiamo parlando di un Paese che, per l’importanza strategica nella disputa Usa-Cina, potrebbe essere considerato il corrispettivo italiano in Asia.
Manila, infatti, è sì un’ alleata degli Stati Uniti, ma è al contempo desiderosa di cooperare con altri soggetti, Cina compresa, per conseguire i propri interessi nazionali.
Il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr ha dichiarato a Xi che la sua amministrazione intende perseguire una politica estera indipendente. Le due parti hanno siglato 14 accordi di cooperazione. Gli investitori cinesi hanno invece promesso impegni finanziari nelle Filippine pari a 22,8 miliardi di dollari.
Adesso toccherà a Washington provare ad imitare Xi rendendo impermeabili gli anelli più deboli della propria catena diplomatica. Italia compresa.