Perché questo articolo dovrebbe interessarti? Riparte la campagna per aderire al LGBT+ History Month, l’iniziativa che nel mese di aprile concentra l’attenzione pubblica sulla storia e la cultura queer italiana. È arrivata in Italia lo scorso anno, raccogliendo 200 adesioni. Ne abbiamo parlato con la fondatrice del progetto, Chiara Beccalossi, professoressa alla University of Lincoln.
Perché lanciare un progetto come l’LGBT+ History Month? Quali vantaggi può portare alla comunità LGBT+ e alla società italiana nel suo complesso?
LGBT+ History Month si celebra ormai da molti anni in altri paesi e ha sicuramente contribuito a creare società più inclusive. Da una parte l’LGBT+HM ha contribuito a far crescere la consapevolezza della comunità LGBTQ e della sua storia. Dall’altra ha contribuito a combattere i pregiudizi contro la comunità LGBT+. In paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra nella maggior parte delle scuole ormai si celebra l’LGBT+HM. Anche molti musei, biblioteche, librerie, organizzano almeno un evento per celebrare l’LGBT+HM.
Un terzo dei membri del comitato promotore della prima edizione dell’LGBT+HM Italia per motivi di lavoro vive da anni tra Italia e Inghilterra. Abbiamo quindi visto personalmente come in Inghilterra questa iniziativa abbia contribuito a cambiare la cultura di una società. In Italia, come del resto in altri paesi europei come l’Ungheria, le persone LGBT+ subiscono ancora discriminazioni, vessazioni, incitamento all’odio e violenze, a scapito del pieno godimento dei loro diritti fondamentali. LGBT+HM è un’iniziativa che coinvolge sia la comunità LGBT+ ma anche la società in generale e che aiuta a combattere l’ignoranza in materia di diritti LGBT+.
Quale risposta è arrivata dalle istituzioni? E dall’attivismo?
La prima edizione dell’LGBT+HM Italia si è celebrata nell’aprile 2022, in cui cadeva il cinquantenario della prima manifestazione pubblica della comunità gay italiana. Si tratta di quella di Sanremo organizzata dal FUORI (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano) contro il Congresso internazionale sulle devianze sessuali che patologizzava l’omosessualità. La ricorrenza della prima manifestazione pubblica gay italiana, ci sembrava una buona occasione per lanciare l’iniziativa in Italia. Alla prima edizione abbiamo ricevuto circa 200 adesioni, con circa 150 eventi organizzati sul tutto il territorio italiano. Molte di queste adesioni sono arrivate dal mondo Universitario e dall’associazionismo LGBT+.
A livello istituzionale sono da segnalare sicuramente le adesioni dell’intere Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Università di Enna “Kore”, di molti dipartimenti universitari di storia e quello della Società Italiana delle Storiche (SIS). Circa metà delle adesioni e degli eventi organizzati sono arrivati dal mondo dell’associazionismo LGBT+. La prima edizione è stata un successo considerando che in Italia non c’è la tradizione, come in altri paesi di celebrare il Women’s History Month o il Black History Month, cioè la tradizione di dedicare un mese per la celebrazione la storia dei gruppi discriminati nella storia di un paese.
Quali dubbi e timori avete in relazione al contesto politico e sociale italiano contemporaneo?
Rispetto all’anno scorso sicuramente ci spaventa il clima politico e il nuovo governo. Ci preoccupano molto i ministri apertamente omofobi del nuovo governo di estrema destra, penso alla nomina di Eugenia Roccella al ministero della Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità, ma anche Carlo Nordio che, discutendo del DDL Zan, ha parificato la pedofilia all’omosessualità. La stessa Giorgia Meloni si è più volte pronunciata contro quella che lei chiama ‘ideologia gender’.
Proprio in questi giorni stiamo assistendo alla campagna di Pro Vita e Generazione Famiglia contro la Carriera Alias. Campagne di questo genere si sentono probabilmente legittimate dal nuovo clima politico. La Carriera Alias, lo ricordo, consente alle studentesse e studenti trans di cambiare nome e genere a scuola ancor prima dei 18 anno. È nel pieno rispetto della legge ed è stata adottata in molte scuole per promuovere un clima più inclusivo, in un luogo, quello della scuola, dove maggiormente si registrano episodi di violenza e bullismo per le persone LGBTIQ+.