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Perché l’Italia rafforza i rapporti con le università cinesi

Perché l'Italia rafforza i rapporti con le università cinesi

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il recente viaggio in Italia del ministro cinese dell’Educazione accende i riflettori sui rapporti accademici tra le università italiane e quelle cinesi. Tra rischi e opportunità della nuova Guerra Fredda qual è la posizione di Roma?

Cultura, ricerca accademica, istruzione avanzata. In una sola parola: università. È qui che il legame tra Italia e Cina continua a mantenersi solido, nonostante le tensioni internazionali e le polemiche che hanno recentemente travolto il gigante asiatico.

Nei giorni scorsi, in prossimità del G7, è arrivata in Italia una delegazione da Pechino guidata dal ministro dell’Educazione cinese Huai Jinpeng.

L’illustre ospite ha fatto tappa Roma, presso il ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) e incontrato la sua omologa italiana, Anna Maria Berini.

Tra le parti, è sembrato di capire dalle dichiarazioni, c’è l’intento di rafforzare i rapporti nell’alta formazione, nonché di creare relazioni ancora più strutturate tra i rispettivi sistemi accademici. Nulla di strano, se non ci fossero due aspetti singolari da evidenziare.

Il viaggio in Italia del ministro cinese dell’Educazione

Il primo: a Bruxelles, e al cospetto dei massimi funzionari statunitensi, l’Italia è solita prendere posizioni risolute contro “la minaccia cinese”. Nell’ottica di questa nuova Guerra Fredda in corso tra Oriente e Occidente, il governo Meloni ha più volte ribadito di stare nel secondo gruppo. Senza se e senza ma.

Arriviamo poi al secondo punto, che fa però emergere qualche contraddizione con la strategia di Roma. Già, perché mentre nelle sedi internazionali e istituzionali l’Italia prende distanza da Pechino, altrove continua a restare ancorata alla Cina.

La realpolitik, la consapevolezza di non poter ignorare il Dragone in determinati settori, la volontà di ottenere vantaggi collaborando in certi ambiti, sono tutti fattori che obbligano il governo italiano a rivedere il proprio modus operandi. E questo vale anche per l’università e il mondo accademico.

“È stato un vero piacere tornare a incontrare” al Mur, a Roma, “il ministro dell’Educazione cinese, Huai Jinpeng, dopo la nostra riunione di Pechino dello scorso novembre”, ha scritto su X la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Berini.

“Lavoriamo al consolidamento dei rapporti nell’alta formazione tra i nostri Paesi nell’ambito di una relazione costruttiva e vantaggiosa per entrambi. Guardiamo con favore all’avvio di relazioni strutturate anche tra le reciproche conferenze dei rettori per alimentare il dialogo e confronto virtuoso tra i nostri sistemi accademici”, ha quindi concluso.

L’Italia e le università cinesi

Sul sito del ministero dell’Educazione cinese si legge che, durante la sua permanenza in Italia, Huai ha incontrato sia Berini che il ministro italiano dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, scambiando con entrambi “opinioni sull’approfondimento della cooperazione educativa pragmatica tra i due Paesi”.

Huai ha inoltre visitato l’Università La Sapienza di Roma e incontrato il suo rettore, Antonella Polimeni, con l’obiettivo di “rafforzare la collaborazione tra le migliori università in Cina e Italia”.

Il motivo? Il 2024 non è un anno qualunque. Segna il 20esimo anniversario dell’istituzione del partenariato strategico globale Cina-Italia.

“Questa visita mirava a implementare il consenso raggiunto dai leader di Cina e Italia, accelerare lo scambio tra studenti e giovani dei due Paesi e promuovere la cooperazione educativa e lo scambio culturale in tutti gli aspetti, sostenendo così lo sviluppo delle relazioni bilaterali sino-italiane”, ha specificato il sito del ministero dell’Educazione cinese.

Attenzione alle parole: il partenariato strategico globale Cina-Italia è la piattaforma che Roma vorrebbe utilizzare per rafforzare i legami con Pechino dopo non aver rinnovato il memorandum relativo alla Nuova via della Seta. Da questo punto di vista, dunque, il Dragone ha ricordato al governo italiano che, se davvero intende mantenere saldi legami, è necessario fare qualche passo in avanti.

Sul fronte dell’istruzione di alto livello si parla di scambio di docenti e studenti, cooperazione universitaria, coltivazione di talenti, collaborazione nella ricerca e nell’integrazione tra industria e istruzione. “Sono stati raggiunti vari consensi” in tali ambiti, informa il sito del dicastero cinese senza fornire ulteriori dettagli.

Opportunità e rischi nella nuova Guerra Fredda

Un anno fa, a Pechino, Bernini aveva inaugurato la dodicesima Settimana Cina-Italia della Scienza, della tecnologia e dell’innovazione, insieme al viceministro della Scienza e della tecnologia della Cina, Zhang Guangjun.

Nel corso di quell’evento era stato rinnovato il protocollo esecutivo stipulato dal ministero degli Esteri e dal ministero della Scienza e della tecnologia cinese per il biennio 2024-2025, incentrato sul lancio di progetti di ricerca congiunti che potranno contare su finanziamenti da ambo le parti.

Dieci i progetti selezionati in cinque aree tematiche (agricoltura e scienze dell’alimentazione; intelligenza artificiale applicata al patrimonio culturale; fisica e astrofisica; energia verde e biomedicina), cui l’Italia dovrebbe contribuire con uno stanziamento di 1,4 milioni di euro nel periodo di riferimento.

In tutto questo è necessario sottolineare che diversi Paesi occidentali hanno alzato gli scudi per impedire che le collaborazioni tra i propri atenei e quelli cinesi (ma anche russi e iraniani, ad esempio) potessero, in qualche modo, minare la sicurezza nazionale e favorire Pechino. In che modo? Attraverso la fuga di segreti tecnologici e industriali, il trasferimento di know how o episodi di spionaggio.