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Italiani d’Albania, l’integrazione riuscita (perchè non ce n’era bisogno)

Italiani d’Albania. "Una (non) integrazione riuscita"

Perché leggere questo articolo? L’evento dell’orgoglio albanese con Edi Rama a Busto Arsizio ha messo in chiaro l’integrazione degli italiani di Albania nel nostro Paese

Domenica alla E-Work Arena di Busto Arsizio, al raduno col premier Edi Rama, erano quasi 10mila. Per contenere tutti gli albanesi in Italia non basterebbero cinque stadi di San Siro, anche se da tempo non fanno più notizia. Dagli arrivi in massa di profughi fatti dormire allo stadio San Nicola di Bari nel 1991 le cose sono cambiate. Quella degli albanesi in Italia è un’integrazione riuscita. Anzi, Emanuel Pietrobon, analista politico ed esperto di Balcani occidentali che ha lavorato a lungo con agenzie albanesi, spiega a True-news.it perché quella degli “italiani d’Albania” non è una vera e propria integrazione.

Dottor Pietrobon, qual è il significato dell’evento di Busto Arsizio?

L’evento a Busto Arsizio rappresenta il clima generale, fatto di baci e abbracci tra italiani e albanesi. Il rapporto fraterno del premier Edi Rama con Giorgia Meloni nei vari meeting è la conseguenza del sentimento intercorrente tra Italia e Albania. Ma anche tra italiani e albanesi. Un legame commerciale e geopolitico, ma prima ancora culturale e sentimentale.

Quanto conta la storia di relazioni tra italiani e albanesi?

Il passato impatta sul presente. Il nostro soft power sull’Albania è forte. Non siamo noi a cercarli, è l’Albania che cerca noi. Anche in questi ultimi anni caratterizzati dalla nostra colpevole assenza in politica estera. Nonostante l’Italia si stata del tutto assente nei Balcani, arrivando dopo i turchi nel fornire supporto, la nostra relazione speciale ha retto. Dopo anni di assenteismo, a partire dal governo Draghi, c’è stato un nostro ritorno nell’area. Che è genuino: la geografia non si può ignorare.

Possiamo dire che gli albanesi si sono integrati in Italia?

Gli albanesi non sono estranei e stranieri in Italia. A differenza di altri gruppi: non c’è stato bisogno di integrazione. Per cominciare, una forte comunità albanese è presente in Italia dai tempi delle invasioni ottomane. Gli arbëreshë, albanesi d’Italia, sono arrivati nel nostro Paese nel corso del Quattrocento, mantenendo lingua e costumi, e al tempo stesso interagendo alla perfezione con gli abitanti dell’Italia meridionale. Gli albanesi arrivati in Italia nel periodo recente hanno rappresentato la comunità ideale per integrarsi in Italia.

Come mai?

Sono una comunità folta, radicata in tutto il Paese e assimilata. Dopo i primi anni di fisiologico rigetto, c’è stata un’integrazione veloce, anche per ragioni culturali. Gli albanesi sono prossimi agli italiani. Parliamo di persone che una volta arrivate in Italia era già state secolarizzate dall’ateismo comunista di Enver Hoxha. Festeggiano il natale, parlano italiano. Nell’Albania comunista, le uniche televisioni con segnale dall’estero erano quelle italiane. Guardavano Sanremo in tempi in cui agli italiani del Festival quasi non interessava più. Erano un popolo estraniato dall’estero ma che conosceva l’Italia, la sorella maggiore dell’Albania.

Chi sono gli italiani d’Albania oggi?

Anche in studi accademici ci si chiede che fine abbiano fatto gli albanesi? Oggi sono cittadini italiani. Parliamo di oltre 400mila albanesi con cittadinanza, il secondo gruppo più numeroso dopo i marocchini. Persone che ricoprono il ruolo che un tempo svolgevano i meridionali che andava al Nord per lavorare. Un popolo imprescindibile. Anche la classe politica di destra ha capito l’importanza di non demonizzare questa comunità, fondamentale per il paese. Edi Rama ci ha scherzato su, ma adesso sono davvero gli italiani che vanno in Albania. Il boom turistico degli ultimi anni conferma le relazioni straordinarie tra italiani e albanesi. Siamo il primo investitore straniero e primo partner commerciale dell’Albania, un Paese dove l’Italiano è la lingua franca.