Perché leggere questo articolo? Per Augusto Barbera, nuovo presidente della Consulta, le “donne sono impazienti per questione femminista”. Ma non è colpa sua. Cosa altro possiamo aspettarci dalla gerontocrazia di dinosauri della Corte Costituzionale?
Augusto Barbera è da due giorni il nuovo presidente della Corte Costituzionale. E ha già fatto parlare di sé, in maniera polemica. Nella sua prima uscita pubblica ha usato il termine “impazienti” per rivolgersi alle donne che richiedono parità di genere e norme più efficaci contro la violenza. D’altronde, cosa aspettarsi dall’ottantacinquenne successore di Antonio Amato – anche lui classe 1938 – se non una frase da “uomo del suo tempo”? Questo è il problema.
Barbera, un uomo di sinistra del suo tempo
Il caso è stato lanciato da Repubblica, che ha sottolineato come Barbera sia stato deputato del Pci prima e del Pds poi, di sinistra. Al punto stampa fatto dopo l’elezione alla Consulta il giurista ha ricordato le battaglie vinte, anche attraverso sentenze della Corte Costituzionale. E poi dichiara: “Lo dico in particolare a molte donne impazienti, che nell’auspicare nuovi traguardi, non bisogna dimenticare quelli che sono stati i progressi fatti. Non bisogna dimenticare tutto ciò che è stato fatto. Da quello che è stato fatto si ha la possibilità di avere ulteriori progressi, ma sapendo che la strada è importante con tempi che vanno rispettati”.
Non possiamo prendercela con uomo di sinistra, quella di una volta. Dei bei tempi andati, quando i treni arrivavano in orario. E’ una questione di curriculum (e di anagrafe). Barbera è nato nel 1938, in pieno Ventennio. Quando le donne nel nostro Paese hanno votato per la prima volta alle Politiche del 1948, il Presidente della Consulta aveva già concluso quelle che allora erano le scuole dell’obbligo. Quando nel nostro Paese è stato introdotto il divorzio – 1° dicembre 1970 – era già docente di Diritto Costituzionale nella sua Catania. Ai tempi della legge 194 sull’interruzione di gravidanza era già professore a Bologna, la più antica università del mondo.
Gli altri dinosauri
La Corte Costituzionale ha un problema coi suoi presidenti, ed è anagrafico. Un problema estendibile alla Magistratura in senso lato. Quella delle toghe è l’unica categoria di lavoratori che si batte per andare in pensione più tardi possibile: da 70 a 72 anni. Anche se si vanta di fare un lavoro usurante. Ecco che tornando alla Consulta, dall’inizio del decennio – da quando nel 202o è terminato il mandato di Marta Cartabia, che oggi ha 60 anni – ci sono stati tre Presidenti prima di Barbera. La loro età odierna va dai 75 anni della più giovane Silvana Sciarra, agli 85 anni dell’ex premier Giuliano Amato, anche lui classe 1938.
Sono passati meno di due mesi da quando il “dottor Sottile” tornava alla ribalta delle cronache, sempre per meri motivi anagrafici. Il predecessore di Barbera è stato infatti nominato presidente della Commissione Algoritmi. Nomina che – dicono le fonti vicine alla premier – ha indispettito Giorgia Meloni. Si perchè a capo della commissione che dovrà occuparsi delle ricadute dell’AI nel mondo dell’informazione è stato nominato Amato alla veneranda età di 85 anni. Il suo omologo inglese, Ian Hogarth, ne he 38. Quando è nato, Amato era già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dell’allora governo Craxi.
Jurassic Parc Consulta
Il caso Barbera è un nuovo cortocircuito che riguarda la Corte Costituzionale. Il vero problema è che il Quinto Potere dello Stato – dopo la Presidenza della Repubblica, delle due Camere e del Consiglio – è un Jurassic Parc. Il tripudio della gerontocrazia non può che generare uscite fuori dal tempo. E pensare che, nella stessa sala in cui Barbera lanciava la sua freddura contro le “donne impazienti”, l’11 dicembre 2019 Marta Carabia pronunciava un altro tipo di discorso. “E’ caduto il tetto di cristallo che impediva alle donne di giungere a questo ruolo”. Oltre che essere donna, l’allora neoeletta Presidente della Corte Costituzionale, aveva 56 anni.