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La Bielorussia ha trovato le nuove spie occidentali: i Pokémon

La Bielorussia ha trovato le nuove spie occidentali: i Pokémon

L’Occidente usa i Pokémon per spiare la Bielorussia. Non è la trama di un film di animazione ma il sospetto del governo di Aleksandr Lukashenko, alleato della Russia di Vladimir Putin. Il quale ha iniziato a accendere il faro della sicurezza sulla versione più aggiornata di Pokémon Go ritenendo che le informazioni raccolte dai giovani cacciatori di Pokémon rintracciabili attraverso l’applicazione possano garantire un flusso dati continuo alle agenzie d’intelligence occidentali.

Perché Minsk accusa i Pokémon

Per Minsk c’è un sospetto chiaro: i Pokémon, che nell’applicazione nata nel 2016 i giocatori devono cercare muovendosi fisicamente e seguendo con il proprio telefono una mappa coincidente con lo stradario effettivo di ogni città, si concentrerebbero maggiormente in Bielorussia vicino a siti d’interesse strategico. Il sillogismo del regime bielorusso è chiaro: c’è il sospetto che scattando foto e facendo video tramite l’app gli utenti possano fornire informazioni su fonti aperte (Open source intelligence, Osint) ai servizi segreti dell’Occidente circa la disposizione degli assetti di Minsk.

007 crescono

Il caso fa molto discutere in Bielorussia. Aleksandr Ivanov, alto dirigente del Ministero della Difesa, ha denunciato il fatto alla Ctv, l’emittente principale del Paese: “Tutti gli adolescenti e i bambini utilizzano qualche tipo di applicazione tramite cui si accende la fotocamera, si utilizza la realtà aumentata e si cercano alcuni Pokemon rari, raccogliendoli in una collezione”, ha ricordato. Sottolineando poi: “Dove pensate che ci fossero più Pokemon in questo momento? Sul territorio della 50esima base aerea, dove c’è una pista d’atterraggio, dove c’è molto equipaggiamento dell’aviazione militare, c’erano più Pokemon. Non sono queste informazioni di intelligence?“.

L’allarme di Ivanov non è il primo. Già in passato denunce simili che sottolineavano i rischi securitari del gioco erano giunte da Indonesia, Egitto e Kuwait. Ma solo la Russia di Vladimir Putin, negli anni scorsi, ha in passato sottolineato un possibile uso d’intelligence di Pokémon Go. La cui utilità sarebbe quella di “cavallo di Troia” tramite cui i territori dei Paesi rivali dell’Occidente sarebbero crescentemente esposti alla raccolta informativa prodotta dagli utenti. Una sorta di “intelligence collettiva” in cui anche dati sensibili potrebbero essere trasmessi a costo zero ai server dell’applicazione.

Bielorussia-Pokémon, è un braccio di ferro reale?

“Lo sviluppatore Niantic ha insistito sul fatto che rispetta le leggi locali ovunque i cacciatori di Pokémon scelgano di esaminare la Poké-sfera e ha negato tutte le accuse di condividere le informazioni degli utenti”, ricorda The Register, aggiungendo che “Pokémon Go non è l’unico a creare rischi per quanto riguarda la posizione degli utenti: l’app di allenamento Strava ha suscitato scalpore nel 2018 quando alcuni utenti l’hanno utilizzata per tracciare le loro attività nei pressi di strutture militari sicure”.

L’appello di Ivanov, certamente, è difficilmente dimostrabile e non si capisce come si possa stabilire il nesso tra presenza di Pokémon in aree accessibili della mappa e possibili prove Osint trasmesse ai server dell’applicazione di infrastrutture a rischio. Se un’infrastruttura militare bielorussa possedesse particolari a rischio di intercettazione con un semplice avvicinamento fisico, il problema sarebbe tutto nella sicurezza della struttura stessa, non dell’autore di possibili immagini sensibili. E inoltre non si hanno dati sull’effettivo numero di utenti di Pokémon Go in Bielorussia: potrebbe essere che le aree vicine alle basi insistano su città o paesi dove maggiore è il tasso di uso dell’app.

Il digitale…è fisico

Certamente, però, questo discorso apre una prospettiva d’analisi interessante circa il progressivo decoupling dell’Internet occidentale da quello a guida di Paesi rivali. In un contesto ove anche l’immateriale è fisico e i flussi dati che vanno verso i centri di raccolta presenti in Occidente pongono il problema del fatto che globalmente i dati sono di chi presidia le infrastrutture materiali che li processano. Questa la lezione securitaria, che potrebbe ripetersi, dell’affare Pokémon Go. Ben più, dunque, di una semplice curiosità o nota di colore.