Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il caso Solinas in Sardegna e la notizia di un’indagine a suo carico a pochi giorni dal voto hanno scosso la politica anche a livello nazionale, con il centrodestra adesso pronto a trovare la quadra e l’unità attorno al candidato proposto da Giorgia Meloni. Ma la Lega proverà a far valere il suo passo indietro.
Questa volta la notizia dell’avvio di un’inchiesta sembra recare al centrodestra più benefici che grane. In una fase in cui tra governo e parte della magistratura le tensioni nelle ultime settimane hanno sfiorato il proprio culmine, la circostanza potrebbe anche apparire tragicomica. In realtà, l’indagine avviata dalla procura di Cagliari contro Christian Solinas, presidente della regione Sardegna uscente, è arrivata in un contesto molto delicato per la coalizione che sostiene l’attuale esecutivo.
Solinas nel 2019 ha vinto da leader del Partito Sardo d’Azione, formazione vicina alla Lega. Per il Carroccio quindi, la sua amministrazione poteva essere annoverata tra quelle a trazione leghista. Proprio (anche) per questo, su Solinas nelle settimane scorse è piombato il veto di Fratelli d’Italia: tanto a Roma quanto a Cagliari, i meloniani hanno spinto per un cambio di passo. Da qui una divisione interna alla coalizione in grado di far gridare alla spaccatura e alla rottura definitiva, almeno in Sardegna. L’inchiesta su Solinas, potrebbe adesso mettere tutti d’accordo: il presidente, con un’indagine pendente sulle spalle, è quasi costretto alla resa. Lega e Fratelli d’Italia potrebbero quindi deporre le armi.
L’ira di Solinas: “Tempismo sospetto”
A parlare di tempismo da parte della magistratura è stato lo stesso Solinas, anche se ovviamente in chiave molto negativa. Il presidente uscente, raggiunto dai cronisti del Tg1, nelle scorse ore è apparso alquanto adirato per la notizia relativa all’inchiesta: “Mentre si decide il candidato presidente unitario del centrodestra – ha dichiarato – sono uscite notizie legate ad atti che dovrebbero essere coperti da segreto istruttorio”.
L’ira di Solinas non riguarda quindi soltanto la comunicazione giunta nel cuore del confronto nel centrodestra per decidere su una sua ricandidatura, ma anche la diffusione di dati che secondo l’esponente del Partito Sardo d’Azione dovevano rimanere nei cassetti delle procure: “Quegli atti – ha aggiunto il governatore – sono adesso in possesso di tutti i media, i giornali e le televisioni e circolano liberamente. In un paese democratico, in uno Stato di diritto queste cose non dovrebbero accadere”.
Un passaggio quest’ultimo che non mancherà di riaccendere le annose controversie su presunzione di innocenza, spettacolarizzazione delle inchieste e libertà di stampa. Proprio martedì, rispondendo a un’interrogazione del parlamentare Enrico Costa alla Camera, il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro ha reso noto come il dicastero di via Arenula ha già inviato ispettori in tredici procure per accertare il rapporto tra gli uffici giudiziari e la stampa. Sul tema il dibattito con l’opposizione è sempre più acceso. A dicembre, tra le altre cose, la maggioranza, assieme ad Azione e Italia Viva, ha approvato la modifica del codice di procedure penale prevedendo il divieto di pubblicazione di avvisi di garanzia e ordinanze cautelari fino all’udienza preliminare.
Leggendo le carte fin qui trapelate, emerge come nell’inchiesta, partita lo scorso anno e riguardante la posizione di Solinas e di altri sei soggetti, si parli soprattutto di corruzione. A pesare sul governatore è il sequestro di beni per 350 milioni di Euro, con il diretto interessato che si è detto pronto a chiarire la situazione e a ristabilire la verità. Oltre al sequestro, in questa fase probabilmente sono anche le conseguenze politiche a turbare l’umore del presidente della Sardegna: con l’inchiesta, le residue speranze di essere ricandidato sono oramai per sempre tramontate.
Il passo indietro della Lega
Le prime indiscrezioni sull’inchiesta nei confronti di Solinas sono arrivate nel tardo pomeriggio di mercoledì. Ma già in quel momento l’era del leader del Partito Sardo d’Azione sembrava volgere al capolinea. Intervistato su Agorà a Raitre, il segretario del Carroccio Matteo Salvini dichiarava che sulla Sardegna un accordo era vicino: “Per me in linea di principio – si legge nelle sue dichiarazioni – sarebbe stato più giusto sostenere tutti gli uscenti, ma nel nome dell’unità l’accordo lo troveremo“. Parole che sapevano di implicita ammissione dello stop alla difesa a oltranza della candidatura di Solinas.
La notizia sul sequestro di beni al governatore quindi, anche se ha avuto una forte eco mediatica, potrebbe non aver rappresentato il detonatore in grado di far deflagrare definitivamente l’esperienza di governo di Solinas. Esponenti sardi della Lega, raggiunti da True News, sembrano fare spallucce sull’inchiesta: “Sul tempismo dell’inchiesta ci sarà da discutere – dichiara una fonte isolana del Carroccio – ma la scelta dell’unità del centrodestra non è arrivata dai giudici ma dal nostro senso di responsabilità”.
Un modo per far notare che, prima ancora della diffusione sulle agenzie della notizia relativa all’indagine, Solinas era già stato accantonato per la volontà di Salvini di non spaccare la coalizione. E forse adesso la priorità della Lega è proprio quella di far passare il messaggio, rivolto soprattutto a Fratelli d’Italia, che a pesare sul passo indietro del Carroccio non sono state soltanto le notizie arrivate dalla procura di Cagliari.
Cosa può accadere adesso nel centrodestra
La prima conseguenza del mix tra le indagini su Solinas e il passo indietro leghista, riguarda l’ufficialità “de facto” di Paolo Truzzu quale candidato ufficiale del centrodestra alle regionali sarde del 25 febbraio. Sindaco di Cagliari, esponente di Fratelli d’Italia, il rappresentante della coalizione rimasto in lizza è già nel pieno della partita. Per lui da giorni in agenda si susseguono visite in diversi centri della Sardegna, con la campagna elettorale avviata quindi ben prima della fine delle dispute tra leghisti e meloniani.
Dispute che però adesso si vedranno su altri fronti. Forse in Abruzzo, dove il Carroccio, più per uno sberleffo alla Meloni che per una concreta convinzione di incidere sulla scelta del candidato, ha accennato alla possibilità di mettere in discussione il presidente uscente Marco Marsilio. Quest’ultimo è fedelissimo della Meloni, nonché primo governatore sotto le insegne di Fratelli d’Italia. Quanto basta per renderlo intoccabile.
Tra le regioni al voto quest’anno c’è anche la Basilicata e, così come fatto notare su IlFattoQuotidiano, c’è chi tra le fila del Carroccio vorrebbe aprire la discussione sulla candidatura dell’uscente Vito Bardi. Un esponente cioè di Forza Italia, partito che la Lega considera al suo stesso piano per via dei risultati delle ultime legislative: “In Sardegna la Lega ha fatto uno sforzo perché il centrodestra andasse unito ed è uno sforzo per noi importante – ha dichiarato nei giorni scorsi il vice di Salvini, Andrea Crippa – perché continuiamo a credere che la squadra di Solinas abbia governato bene. Ora un altro partito dovrebbe fare lo stesso sforzo”. Come dire, per l’appunto, che il passo indietro in Sardegna deve avere un chiaro contrappeso.
Il centrodestra quindi è ancora in una fase di riassestamento degli equilibri. La sfida sarda era però quella più insidiosa. Sciolto il nodo a Cagliari, tra inchieste e passi indietro, adesso si guarda altrove. Con una vista mai tramontata anche sulle europee di giugno. Il vero banco di prova per tutti i partiti e per l’intero asse della maggioranza.