Le acque dello Stretto di Taiwan sono in ebollizione. Il tour asiatico di Nancy Pelosi, speaker della Camera Usa, potrebbe infatti innescare un effetto domino con ripercussioni globali. Nel caso in cui il suo aereo dovesse atterrare o sorvolare Taiwan, la Cina ha minacciato gravi conseguenze. Il motivo è semplice: Pechino considera l’isola una provincia cinese, nonché spazio integrante del suo territorio. Dal canto suo, Taipei si considera indipendente, nonché unica Cina legittima. Che cosa potrebbe accadere, dunque, tra Cina e Stati Uniti nel worst case scenario? È davvero possibile aspettarsi un’invasione cinese di Taiwan?
La questione taiwanese
Prima di analizzare quanto sta accadendo a Taiwan è doveroso fornire un quadro generale della situazione. Gli Stati Uniti – così come la maggior parte dei Paesi del mondo – hanno aderito alla One China Policy. Significa che Washington riconosce la Repubblica Popolare Cinese come unica Cina legittima, e che non riconosce il governo taiwanese come sovrano. Allo stesso tempo la Casa Bianca considera Taiwan un importantissimo alleato geopolitico in chiave anti cinese. Adottando quella che è stata soprannominata “ambiguità strategica”, gli Stati Uniti hanno continuato ad armare (e difendere a distanza) l’alleato, pur senza riconoscerne l’indipendenza.
La questione taiwanese, mai risolta nel corso degli anni, è improvvisamente tornata alla ribalta in seguito all’annuncio di Pelosi di voler visitare Taiwan. Non è ancora certo se la terza carica degli Stati Uniti deciderà di atterrare sull’isola per effettuare alcuni incontri politici; oppure se si limiterà a sorvolarne lo spazio aereo per proseguire nella sua trasferta asiatica. In entrambi i casi, la Cina ha fatto sapere che non resterà a guardare. Pechino ha annunciato in fretta e furia esercitazioni a fuoco vivo e spostato uomini e mezzi nel Fujian. Ovvero nella provincia che “guarda” in direzione Taiwan. Ad oggi, Taiwan è riconosciuta soltanto dalla Città del Vaticano, dal Paraguay e da pochi altri staterelli, tra cui Belize, Palau, Haiti e Honduras, per un totale di 14 Paesi.
Le mosse della Cina
Qualora Pelosi dovesse davvero approdare a Taiwan, la Cina invaderebbe l’isola? Lo scenario non è da escludere a priori ma non è neppure il più probabile. Anzi: ci sono numerosi indizi che lasciano pensare ad un’altra mossa da parte di Pechino. Le condizioni climatiche nello Stretto di Taiwan ad agosto non giocano affatto a favore di un’assalto anfibio cinese. E questo per via di tempeste, tifoni e correnti presenti nei circa 160 chilometri di mare che separano la Cina da Taiwan. Alla luca di questo, e considerando che le migliori condizioni per una simile operazioni sono offerte dai mesi di ottobre e aprile, è probabile che, nel worst case scenario, il Dragone adotti un’altra strategia.
In caso di conflitto ad agosto, è probabile che non assisteremo ad una guerra su vasta scala. La Cina potrebbe infatti dare il via alla cosiddetta “fase 1” della riunificazione con Taiwan, limitandosi a conquistare le isole taiwanesi più vicine alla costa cinese. Stiamo parlando, ad esempio, delle isole Matsu, Quemoy e Pescadores, oltre alle Pratas. Soltanto in un secondo momento, probabilmente in autunno, Pechino andrebbe ad aumentare la pressione, da calibrare in vista della logica risposta taiwanese/statunitense. In attesa di capire cosa accadrà – è questione di ore – la tensione è massima. Nel frattempo aerei e portaerei americane si stanno avvicinando a Taiwan. Lo dimostrerebbe il documento del Servizio Ricerche del Congresso degli Stati Uniti, qui in allegato.