Perché leggere questo articolo? Al via il processo nei confronti del professor Luciano Canfora accusato di aver diffamato Meloni, definendola “neonazista nell’animo”. Ma per la difesa “il fatto non è reato. È manifestazione del diritto di critica politica”. Così si legge nella memoria difensiva dello storico, visionata in anteprima da true-news.it. Ma i giudici dell’udienza predibattimentale hanno deciso che il professore deve essere rinviato a giudizio
“Il fatto non costituisce reato, perciò l’addebito è del tutto infondato”. È quanto si legge nella memoria difensiva del professor Luciano Canfora, visionata in anteprima da true-news.it. Lo storico e filologo 81enne affronta oggi il processo per diffamazione aggravata nei confronti della premier Giorgia Meloni. Si è presentato all’udienza predibattimentale presso il tribunale di Bari, alle 9.25. Accompagnato dal suo avvocato Michele Laforgia, che è anche candidato designato a sindaco del capoluogo pugliese per i Cinque Stelle. E sostenuto da un’armata di oltre un centinaio di intellettuali provenienti da tutto il mondo, firmatari di un appello in suo favore sul quotidiano francese Libération.
Memoria di Canfora: il diritto alla critica non è reato
La difesa di Canfora respinge l’accusa appellandosi alla non punibilità del “diritto di critica e in particolare del diritto di critica politica, giustificato ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione”. Proprio quello che avrebbe manifestato il professore definendo Meloni “nazista nell’animo”, durante un incontro di studio sul conflitto russo-ucraino promosso dal Liceo Scientifico Statale E. Fermi di Bari.
Nel suo intervento, l’avvocato Laforgia ha illustrato le ragioni per cui l’addebito è del tutto infondato. “Terribilissima, poveretta, mentecatta e neonazista nell’animo”, questi gli appellativi con cui Canfora ha apostrofato la già presidente di Fratelli d’Italia. Ma per la difesa tali espressioni non avevano alcun senso diffamatorio, esprimevano soltanto un giudizio nei confronti della querelante. “ Per descrivere – criticamente – il sostegno incondizionato della NATO all’Ucraina, e la posizione successivamente assunta dall’On. Giorgia Meloni”.
Gli avvocati di Canfora sottolineano come l’intervento del professore sia mera critica politica, che in quanto tale “consente l’uso di termini oggettivamente offensivi in qualità di giudizi negativi, da contestualizzare sempre anche in base al senso comune”. E com’è noto, il “neonazismo” – quello a cui apparterebbe Meloni secondo Canfora – viene inteso come un orientamento ideologico-politico che si richiama ad alcuni principi del nazionalsocialismo. L’affermazione, contestata come diffamatoria, è dunque “un’opinione critica squisitamente soggettiva” e non è punibile.
E Meloni? Parte civile
All’epoca dei fatti, Meloni non era ancora premier. Ma nonostante sia stata eletta, non ha ritirato la querela per diffamazione nei confronti di Canfora. Il quale “in data 11.4.2022, comunicando con più persone, anche con mezzo di pubblicità e attribuendo un fatto determinato, offendeva la reputazione di Meloni Giorgia”. Questa la convocazione con la descrizione del reato di cui è stato accusato il professore.
Al processo la Presidente del Consiglio si è costituita parte civile, difesa dall’avvocato Luca Libra che sostituisce Andrea Del Mastro, sottosegretario alla giustizia che per tale carica istituzionale non può esercitare la professione forense. Per la pubblica accusa, invece, sono presenti il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e il sostituto procuratore Giuseppe Dentamaro. L’avvocato di Meloni ha confermato l’intenzione di non ritirare la querela. E c’è la richiesta di un risarcimento da 20mila euro.
Al termine dell’udienza predibattimentale, la Procura di Bari ha insistito per il rinvio a giudizio nei confronti di Canfora. La richiesta è contenuta nell’atto con cui Meloni si è costituita parte civile. Così il suo legale: “Canfora ha, senza giustificazione alcuna, leso l’onore, il decoro e la reputazione della persona offesa (…) aggredendo, vieppiù, la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita, utilizzando volgari epiteti – imprevedibili ed estemporanei – che hanno seriamente minato la sfera intima e privata, oltre al patrimonio morale e personale della stessa persona offesa”. E ancora, “la dinamica dei fatti occorsi ha determinato profondi strascichi sulla psiche e sull’immagine personale e professionale della parte civile, tenuto conto dell’ingiusta lesione del diritto inviolabile inerente la propria dignità, immagine e reputazione”. “La domanda risarcitoria è motivata, anzitutto, dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione alla reputazione, all’onore e all’immagine di Meloni“, conclude l’avvocato.
Canfora rinviato a giudizio: ci sarà il processo
Il giudice, Antonietta Guerra del Tribunale di Bari “rilevato che e’ necessaria una integrazione probatoria approfondita, incompatibile con l’udienza predibattimentale”, ha deciso per il rinvio a giudizio. Canfora dovrà dunque sostenere un processo. Al quale potrebbe essere chiamata a testimoniare anche la premier Giorgia Meloni. Prima udienza il 7 ottobre di fronte al giudice Pasquale Santoro.