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La falsa svolta democratica di Marine Le Pen

Il vento della destra Le Pen

Concittadini, la democrazia ha parlato”: ha esordito così Marine Le Pen nel discorso pronunciato dopo gli esiti del primo turno delle elezioni legislative francesi. Un discorso tipicamente populista dove la democrazia è una parola chiave ma risulta un termine svuotato di ogni significato se si considera chi lo sta pronunciando.

Le Pen, una “donna populista”

“Una delle maggiori differenze tra Meloni e Le Pen è che la prima si definisce “una donna di destra”, la seconda una “donna populista””. Questa discrepanza evidenziata da Gilles Gressani, direttore della rivista Le Grande Continent, fa sì che il partito di Le Pen, Rassemblement National, venga inglobato nel vortice dei nazional populismi che sta travolgendo il mondo occidentale a partire dalla grande crisi finanziaria del 2008. Se pur Le Pen sia notoriamente una donna di destra, il definirsi populista la rende accusabile di una grandissima menzogna, quella che Javier Cercas definisce la più grande del nostro secolo: la menzogna di chi vuole svuotare la democrazia dal suo interno. 

Il partito di Marine Le Pen è notoriamente un partito di estrema destra. Dire che Jean-Marie Le Pen, il fondatore di Front national (ora RN) e padre di Marine, sia un uomo dalle posizioni estremiste è un eufemismo. L’ormai novantaseienne, nel 2012 è stato condannato per aver contestato crimini contro l’umanità affermando che l’occupazione nazista non fu “particolarmente disumana” così come che le camere a gas sono “un dettaglio” all’interno del contesto della seconda guerra mondiale. Non c’è da dimenticare poi le mai negate torture perpetrate in Algeria e giustificate come “qualcosa che andava fatto”. 

Le radici estremiste del partito di Le Pen

Se pur Marine abbia tentato di normalizzare il partito attraverso il processo di dediabolizzazione, l’eredità del fondatore ha ancora un forte retaggio sull’ideologia di base che caratterizza RN. Il cambio del nome del partito e toni più moderati non rendono infatti la figlia meno pericolosa del padre, anzi. 

Quello che ha da sempre permesso al Fronte Repubblicano di arginare la minaccia dell’estrema destra in Francia è che quest’ultima si dichiarava tale. Le posizioni del fondatore apertamente estremiste erano facilmente inquadrabili come una minaccia e dunque arginabili semplicemente facendo appello alla moralità dei cittadini francesi (almeno della maggior parte). Ora invece quelle idee nazionaliste e xenofobe vengono oscurate dalla grande promessa tipicamente populista di difendere la democrazia, una promessa che ai giorni d’oggi trova un hummus di insoddisfazione perfetto per il suo sviluppo.

Per capire che questi grandi slogan sono in realtà delle maschere di pulcinella basta poco. E’ vero che Le Pen è stata costretta ad adeguare la sua offerta alla domanda e quindi a moderare i suoi toni su discorsi senza appeal tra l’elettorato francese come la Frexit e la pena di morte.

Democrazia per chi?

Tuttavia, non bisogna dimenticare che “il cuore del suo programma politico, “national preference”, è contrario ai principi fondamentali della Costituzione della Quinta Repubblica, incluso il principio di uguaglianza”, come puntualizza Nonna Mayer in un’intervista del think tank “Institut Montaign”. Quello che in italiano viene tradotto come “Preferenza Nazionale” consiste nell’idea di “condizionare l’accesso ai servizi e all’impiego nel pubblico al possesso della nazionalità francese, instaurando una selezione prioritaria per i “francesi” a scapito degli “stranieri”” spiega il professore di Scienze Politiche della Sorbona Frederik Sawicky a “Il Manifesto”.

Ciò andrebbe ad abolire lo ius soli e porterebbe all’introduzione di misure liberticide come il divieto del velo nei luoghi pubblici, andando a creare due categorie di persone con diritti e libertà diversi, una sorta di “cittadini di serie A e B”: l’”American First” trumpiano in vesti francesi. “La democrazia ha parlato” dice Le Pen, ma quale democrazia e, soprattutto, democrazia per chi?