Perché leggere questo articolo: La Rai mette in campo 206mila euro per monitorare la questione di genere nella Rai. Ma non c’è allarme sessismo o discriminazione guardando ai dati del passato
La Rai ha confermato per il 2023 il bando da 206mila euro per la costruzione di una ricerca sul tema della presenza femminile nei programmi Rai. In primavera è infatti andato a gara un bando per il “Servizio di monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione Rai” che dovrà dettagliare l’avanzamento dell’uguaglianza di genere nella televisione pubblica.
Chi ha vinto i precedenti bandi
Viale Mazzini non è nuova a indagini di questo tipo in passato. L’indagine in corso dovrà vagliare la programmazione trasmissione per trasmissione e censire la descrizione della presenza femminile nei programmi dell’anno solare 2022. Un mandato più mirato rispetto a quello del rapporto dello scorso anno, che aveva come obiettivo indagare “la rappresentazione della figura femminile, il pluralismo di temi, soggetti e linguaggi e contributo alla creazione di coesione sociale” che ha “previsto un’articolazione interna specifica (un tema nel tema) volta a rilevare le strategie di contrasto alla diffusione del discorso d’odio (hate speech)”.
I rapporti 2021 e 2022, relativi entrambi agli anni precedenti, erano stati vinti da un consorzio di imprese formato da ISIMM Ricerche srl (capogruppo), IZI spa, InfoJuice srl. A guidare il team, il sociologo e accademico Enrico Menduni, tra i massimi esperti italiani di comunicazione e media.
Cosa era emerso dal rapporto sulla presenza femminile
Su 1.632 trasmissioni monitorate nel 2022 dal team di Menduni, solo un centinaio erano prive di “rappresentazioni che sfidano sessismo, stereotipi e discriminazioni”. Dalle fiction ai varietà, dai programmi di approfondimento alle serate speciali, sono stati valutati tutti i programmi di questo tipo.
Togliendo 516 trasmissioni su cui la Rai riteneva non possibile giudicare la qualità della rappresentatività femminile non stereotipata, la stragrande maggioranza dei programmi era in linea con la promozione di quella che era indicata essere una rappresentazione socialmente accettabile. 1.016 trasmissioni su 1.116 valutabili, il 91%, erano in linea con le aspettative. E solo 13 programmi contenevano elementi di “sessismo ostile” e non benevolo.
Il “sessismo” in Rai? Residuale…
La ricerca Rai non nega che “sono stati rilevati tuttavia casi di mancata sfida al sessismo. Si tratta”, però solamente “di frammenti della programmazione”, riferibili a singoli passaggi e non trasmissioni intere, “nei quali sono state ravvisate rappresentazioni sessiste, stereotipate o discriminanti“.
Nelle 100 trasmissioni messe sott’occhio “i casi individuati sono stati 264” ma tra questi solo 22 non risultavano bilanciati nel contesto narrativo o discorsivo. L’ambito di riferimento prevalente ha riguardato la rappresentazione sessista di corpo ed estetica “per un sesto del totale”.
Parliamo di episodi largamente minoritari che mostrano, sicuramente, come la Rai stia prendendo a cuore il tema della lotta alle discriminazioni di genere. Sul fronte del rispetto delle preferenze sessuali, il 69% delle trasmissioni ha, secondo la ricerca, mostrato una visione positiva al linguaggio inclusivo, con un picco del 76% per i telegiornali, seguiti dall’intrattenimento, al 74,3%, e dall’approfondimento informativo, al 72,8%. Solo il 31% dei programmi, invece, conteneva un esplicito richiamo al contrasto al linguaggio d’odio (hate speech), che però gli spettatori della Tv pubblica possono confermare essere tutto fuorché dominante nella programmazione Rai.
Il cda Rai e l’attenzione al femminile
La Rai, del resto, negli ultimi anni ha posto la lotta a ogni tipo di discriminazione al centro della sua agenda. Non poteva essere altrimenti in un consiglio d’amministrazione ove spiccano le figure della presidentessa Marinella Soldi, sempre più influente, e della consigliera Francesca Bria, eletta in quota Pd.
La Rai ha, soprattutto con Rai Education e Rai Scuola, messo la lotta alle discriminazioni sotto un’ottica chiave con la linea formativa “Parità di genere” e con la serie di speciali “Senza distinzione di genere” promossa sulla storia delle donne nella società italiana. Un obiettivo che mira ad abbattere, gradualmente, l’impatto di queste discriminazioni che però si possono definire già residuali dalle parti di Viale Mazzini.