Perché leggere questo articolo? La “terza via” di Giuseppe Conte sull’immigrazione assomiglia molto ai programmi di Giorgia Meloni. Perciò la svolta ha provocato diversi malumori nella base del M5s. Dagli uomini dell’entourage dell’ex premier al gruppo parlamentare.
La “terza via” di Conte sui migranti
Quella di Giuseppe Conte è una “terza via” che assomiglia parecchio ai proclami di Giorgia Meloni sui migranti. Una “svolta meloniana” che fa arrabbiare la base del Movimento Cinque Stelle e suscita dubbi sia tra gli uomini più vicini all’ex premier sia all’interno del gruppo parlamentare pentastellato. “Noi siamo per la ‘terza via’ sull’immigrazione. Il Pd è per l’accoglienza indiscriminata. Non è possibile”, ha detto Conte una settimana fa a Porta a Porta, sbarrando la strada a “un’alleanza strutturale” con i dem.
I malumori del M5s
Un tentativo di differenziarsi in ottica elettorale, in vista delle elezioni europee del prossimo anno? Può darsi. Ma la giravolta di Conte provoca malumori interni al M5s per i contenuti, certo. E però hanno disorientato anche le modalità del distinguo dell’avvocato di Volturara Appula. “Noi non sapevamo nulla, come al solito”, si sfoga con True-News.it un deputato stellato. “Prima di cambiare idea sull’immigrazione io penso che sarebbe stato opportuno riunirci con Conte”, borbotta un altro parlamentare.
L’asse Conte-Grillo sui migranti
Invece sembra che la mossa sia stata solitaria. O meglio, concordata con Beppe Grillo. Il Garante proprio in quei giorni è stato a Roma e ha incontrato il presidente del M5s. Grillo ha speso parole di elogio per Conte e non ha risparmiato frecciate a Elly Schlein. “Una persona colta, ma non lascia un granché”, ha detto il fondatore a proposito della segretaria. Non esattamente le parole di un alleato. E tutto fa il paio con la svolta anti-immigrazionista di Conte.
Conte disorienta il suo cerchio magico
L’avvocato e il comico, stavolta, si sono mossi in sinergia. All’insaputa dei parlamentari ma anche degli uomini del cerchio magico del leader del M5s. I cinque vicepresidenti dei Cinque Stelle erano all’oscuro di tutto. Così come alcuni membri importanti dello Staff di Conte. Il braccio destro Rocco Casalino, infatti, è descritto come “disorientato” dal cambio di rotta dell’ex presidente del Consiglio. Che comunque, prima di ritrattare, è stato anche il premier che ha firmato i “decreti sicurezza” di Matteo Salvini e ha assistito senza battere ciglio ai bracci di ferro con le Ong dell’allora titolare del Viminale.
I dubbi di chi non vuole rompere con il Pd
Un ritorno a “destra”. Anzi, al Movimento “né di destra né di sinistra” delle origini. La nuova strategia preoccupa per le modalità ma pure per la sostanza. Infatti, in Parlamento, c’è sempre una fetta importante di deputati e senatori che non sono disposti a gettare alle ortiche a cuor leggero la prospettiva di un’alleanza organica con il Pd di Schlein. “Alla fine credo che l’unico scenario possibile per noi sia quello di un accordo con il Pd”, riflette un eletto del M5s nel cortile di Montecitorio. “Altrimenti – è la considerazione che circola nei gruppi parlamentari – governerà il centrodestra per vent’anni”. Poi ci sono le ragioni pratiche di chi è convinto che senza i dem non ci sarà un’impennata del consenso dei Cinque Stelle. Tutt’altro. La paura è che l’equidistanza non funzioni più, in un contesto politico dominato dalla polarizzazione e con un Paese sostanzialmente spaccato in due.