Oltre a quanti italiani credono nella Terra piatta, di recente il Censis ha anche rivelato che il 70,4% dei cittadini ritiene che “la digitalizzazione abbia migliorato la loro qualità della vita” perché “semplifica tante attività quotidiane”. Incredibile a dirsi. Il Centro Studi Investimenti Sociali ha fatto sapere che “nell’Italia post-pandemia, per il 74,4% degli utenti è ormai abituale l’uso combinato di una pluralità di device (smartphone, pc, laptop, tablet, smart tv, console di gioco)” mentre invece “il luogo dal quale ci si connette non ha più importanza” come “anche gli orari sono relativi: il 25,5% naviga spesso di notte (il dato sale al 40% tra i giovani)”. Tutto questo ben di Dio di numeri emerge dalla ricerca “La digital life degli italiani”, realizzata dall’istituto guidato da Giuseppe De Rita “in collaborazione con Lenovo”, multinazionale che si occupa di tecnologia, pc, software, sistemi informatici intelligenti (etc etc) ed è facile immaginare sia rimasta positivamente impressionata da questa nuova sensibilità degli italiani fotografata dal Censis.
Il rapporto sul gioco d’azzardo realizzato con Lottomatica
Digitale ma non solo. Come si sa gli abitanti delle penisola sono tante altre cose: poeti, santi, navigatori (non solo di internet). E scommettitori. Così il Rapporto sul Gioco d’Azzardo presentato il 16 novembre presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica è stato realizzato in collaborazione con Lottomatica. Con il Presidente del Centro Studi, De Rita, che ha chiarito sin da subito: “Il gioco è espressione dell’umanissima voglia di divertirsi di milioni di italiani, che dimostrano ogni giorno nel concreto che è possibile giocare senza eccessi e senza finire preda di derive patologiche”.
Il welfare aziendale fa bene. Parola del… colosso del welfare aziendale
Insomma nessun impatto o rischio per il benessere psicofisico. Qualora però qualcosa andasse storto c’è sempre “Il welfare aziendale” che “fa bene” perché “due lavoratori beneficiari su tre ne riconoscono il contributo tangibile in termini di qualità della vita e benessere” dice ancora il Censis a marzo 2020 nel terzo rapporto sul Welfare aziendale pubblicato insieme ad Eudaimon (dal greco: il demone buono). Chi sono? Il “primo player italiano ad occuparsi di welfare aziendale” e “la società con la più completa – si autodefiniscono sul loro profilo – proposta di welfare aziendale in Italia con servizi dedicati sia alle grandi imprese che alle Pmi, oltre che alle Associazioni datoriali e ai Sindacati”. Insomma il Censis e un colosso del welfare aziendale dicono che il welfare aziendale funziona alla grande, perché “il 66,1% dei lavoratori che beneficiano di questi servizi dichiara che stanno contribuendo a migliorare la propria qualità della vita”. Buone notizie.
La ricerca sui videogames in collaborazione con l’associazione di categoria
Devono fare bene all’umore e alla salute anche i videogiochi visto che quello del gaming “è un settore che condensa talento, creatività, innovazione e presenta ancora ampi margini di sviluppo” ma “un aiuto potrebbe arrivare nel prossimo futuro dalle politiche pubbliche”. È l’introduzione della ricerca “Il valore economico e sociale dei videogiochi in Italia” realizzata dal Censis in collaborazione con IIDEA – Italian Interactive Entertainment Association – l’associazione che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia.
La comunicazione? Va tutto bene…
Se i videogiochi e l’informatica avanzano a grandi passi fra le nuove come le vecchie generazioni, nel Paese invece resta forte lo zoccolo duro che ancora oggi ama televisione e radio che l’hanno accompagnato nel corso della sua vita. La radiovisione è “in sintonia con gli stili di vita degli italiani”. E infatti “più di 4 milioni di italiani seguono ogni giorno la radiovisione dagli schermi televisivi” e sono addirittura “aumentati del 4,7% nel primo semestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019”. Questi gli aficionados. Ma “gli italiani che guardano anche saltuariamente la radio in tv superano gli 11 milioni” e “più di 5 milioni nell’ultimo anno e mezzo hanno scoperto per la prima volta la radiovisione sugli schermi televisivi”. Per non parlare del fatto che “credibilità e affidabilità” sono “alla base della good reputation”. O che “la pandemia accorcia le distanze tra giovani e anziani” mentre “il virus non ferma la spesa per i dispositivi digitali”.
Allo stesso tempo “crescono ancora le tv, quelle tradizionali e le più innovative” ma è “la radio sempre all’avanguardia” e “a sorpresa aumentano i lettori di libri” mentre si registra un vero e proprio “boom di internet, smartphone e social network”. Insomma il titolo di questo ricerca potrebbe essere “Va tutto alla grande”. E invece l’hanno chiamata “17esimo Rapporto sulla comunicazione del Censis” promosso da Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre, e presentato ad ottobre a Roma da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, insieme a Roberto Basso, Direttore External Affairs and Sustainability di Windtre, Vincenzo Morgante, Direttore di rete e delle testate giornalistiche di Tv2000, Roberto Nepote, Direttore Marketing della Rai, Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, Fabrizio Paschina, Responsabile Direzione Comunicazione e Immagine di Intesa Sanpaolo, e ancora Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.
Il Censis e gli studi sociali “in collaborazione con”
C’è solo un aspetto che non sono riusciti a spiegare gli autorevoli ospiti durante la tavola rotonda: come è possibile che di fronte a dei media così entusiasticamente in crescita ad ottobre, e tutti impegnati nella corale battaglia contro la pandemia, le fake news a favore della scienza e per la ragione, sia lo stesso Censis a dicembre a parlare de “La Società Irrazionale” dove la perdita della ragione “ha infiltrato il tessuto sociale” tanto che “per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi: il 5,8% è convinto che la Terra sia piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone”. “Perché sta succedendo?” si domanda il Censis. Già. Come è possibile che in un Paese in cui gli studi sociali vengono sostituiti dalla formula “in collaborazione con” le persone facciano fatica a fidarsi? Ai posteri l’ardua sentenza.