Ci crede davvero di poter diventare sindaco? “Dicevano che era impossibile anche mettere 24 spine di birre in un solo locale”
di Francesco Floris
Ci crede davvero di poter diventare sindaco? “Mi dicevano che era impossibile anche mettere 24 spine di birra in un locale, poi tutti mi hanno seguito”. Si accampa in tenda all’Arco della Pace a Milano per protestare contro le multe da 400 euro ai ristoratori e lì incontra Daniela Santanché e Matteo Salvini che gli portano solidarietà. Poi fa lo sciopero della fame. Di 45 giorni, dice. “Sono venuti a trovarmi Pucci, Massarò e Sarah Jane di Radio Dj. Dopo 37 giorni anche Filippo Barberis del Partito democratico ma mai il sindaco Sala”. Va in televisione. È amato dai conduttori di talk e annuncia di correre nel 2021 per Palazzo Marino. Senza partiti? “A destra tutti mi vogliono: Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia. Ma non abbiamo bisogno di nessuno”. I politici? “Si sono dimostrati incompetenti e incapaci in questi mesi”. Ci sarà qualcuno che le piace? “Calenda non è male ultimamente”. Paolo Polli, classe 1965, non si è fermato un secondo nella sua vita. Perché “si sa che sono un po’ megalomane”. Una vita al massimo spostandosi fra le Canarie, il Canada, l’est Europa. A Milano per anni ha costruito un impero nel campo della ristorazione prima di vendere tutto “perché non mi piaceva più vedere le cose che ho creato in mille locali diversi senza professionalità”. Arrivando ad avere 13 locali fra cui la catena BQ (Birra Artigianale di Qualità) che ha rivoluzionato il settore delle birre artigianali. Uno di questi – il BQ Navigli – era un vera e propria macchina da soldi. L’ultima sua creatura in ordine di tempo? “L’Ambaradan Pizza” dove si è inventato anche un nuova formula di pagamento. Il prezzo? Lo stabilisce il cliente in funzione del giudizio sulla serata a cena fuori.
Negli ultimi mesi Polli è diventato un simbolo. Si è messo a capo della protesta dei ristoratori che dal capoluogo della regione più colpita dal Covid inveiscono contro le misure del governo che “ci ammazzano”. L’ultima stima della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) mette in conto il fallimento di 60mila imprese e 300mila posti di lavoro a rischio. “Il 15 di novembre dovevano arrivare i ristori a tutti ma dai calcoli che ho fatto io più del 70% non ha ricevuto nulla” dice Paolo Polli. Il credito d’imposta sugli affitti dei locali? “Non ci facciamo niente visto che i proprietari delle mura non lo vogliono e quindi tocca anticipare a noi l’affitto nell’anno in cui fattureremo zero”. Idee? “In Germania danno il 75 per cento del fatturato di tutto l’anno, pagando mensilmente”. È la voce dell’uomo comune piegato dalla crisi economica. Che dice cose di buon senso e che vuole conquistare la politica milanese ma “senza i politici, poi è chiaro che assessore al Bilancio non ci mettiamo un commerciante o un idraulico ma un commercialista”. Di voci però su Paolo Polli ne girano parecchie nell’ambiente della ristorazione milanese. Voci da cui emerge il ritratto di un imprenditore inseguito dai fornitori che non paga, dalla morosità sugli affitti dei locali, dal fisco, dai dipendenti in nero che vogliono i soldi che gli spettano. È vero? “Può essere capitato in qualche momento di difficoltà, soprattutto dopo quella maledetta multa”. Quale multa? L’Agenzia delle Entrate gli contesta un milione di euro per uno degli innumerevoli festival della birra che Polli ha portato in giro per l’Italia per anni. “Hanno letto su Facebook che mi vantavo di aver fatto 75mila ingressi e hanno preso quel dato per contestare le cifre” sostiene, addossando comunque la colpa su un “commercialista truffatore che poi ho cambiato”. A proposito è vero che ha dei debiti con la Fiera di Milano proprio per l’Italia Beer Festival? “L’ultima edizione mi è andata male e sono andato sotto di 30mila euro ma li sto restituendo a rate mensili da mille ciascuna agli East End Studios di via Mecenate”.
Di guai con il fisco ne risultano anche altri: per esempio 118mila euro di crediti pignorati a inizio 2019. Quando l’Agenzia delle Entrate, incrociando i dati della fatturazione elettronica, inizia a mandare delle pec ai vari acquirenti della birra di Polli (aveva anche un birrificio in Valtellina, il BQ Delebio) intimandogli di non pagarlo più ma di versare direttamente le cifre all’Erario altrimenti il fisco si sarebbe potuto rivelare su di loro. “Sto pagando un tot al mese ma in Italia è impossibile fare l’imprenditore – dice Polli – la tassazione è troppo elevata”. Il lavoro nero? “È successo qualche volta ma solo per gli extra di poche ore come fanno tutti, del resto non conviene più da dieci anni tenere i dipendenti in nero perché non li scarichi dalla tasse”. Davvero? “Poi – aggiunge – se vi faccio vedere i video dei dipendenti che mi rubavano il fondo cassa non ci credete. Uno si è portato via le poltrone in pelle per l’ufficio della fidanzata”. A riprova che sia tutto in regola allega le buste paga dei suoi attuali 5 dipendenti. Il problema del “re della birra” però sono le esagerazioni durante le interviste per dare maggior forza al suo messaggio. Quanti dipendenti ha? “36” dice al quotidiano milanese Il Giorno l’8 maggio. Per Fanpage.it diventano 38 i lavoratori il 22 maggio. L’11 maggio per la rivista specializzata nel settore “food” Dissapore sono invece “una quindicina a cui ho dovuto anticipare personalmente qualche soldo per aiutarli ad arrivare alla fine del mese: abbiamo provato a metterli in cassa integrazione, ma per ora non abbiamo avuto risposta”. Le visure camerali delle sue società ne conteggiano complessivamente 7 di addetti fra cui lui e la sua ex compagna romena, Adina Guraliuc, che anche la persona che presenta a Regione Lombardia la richiesta di cassa integrazione in deroga per due lavoratori nei mesi del lockdown. Una curiosità? I dipendenti registrati risultano essere di meno nel primo trimestre 2020 – quando non c’è il covid, almeno fino a marzo – per poi raddoppiare nel secondo trimestre quando si chiude tutto.
I locali quanti sono invece? Quattro quelli ancora virtualmente in vita e in suo possesso: l’Ambaradan Pizza, due Ambaradan Sicilia e infine il BQ Arduino, l’ultimo della storica catena che ha cambiato il modo di gustarsi malti e luppoli a Milano e che arrivò ad avere 6 punti vendita in città di cui uno aperto per tutta la notte, il celebre “BQ de nott”. Anche lì, un multone Polli non se lo è risparmiato. Una sera arrivano i Vigili del Fuoco e contestano le attività all’interno di musica e cabaret. Motivo? Il posto non era registrato per svolgere attività di quel tipo. Polli dà la colpa al proprietario delle mura che a sua volta dà una versione opposta. Nessuno dei due parla pubblicamente: non corre buon sangue e in ballo ci sono cause civili ancora in corso per una storiaccia di assegni post datati.
Problemi legali a parte, true-news.it ha parlato con 4 ex dipendenti di Polli e 3 ex fornitori. Tutti gli riconoscono dei pregi: è stato un innovatore. Qualcuno lo definisce “rivoluzionario”, addirittura “guru” della birra artigianale. Come? Un suo ex fornitore parla del “sistema Polli”: ordinare tanta birra con la promessa di visibilità nei propri locali famosissimi di Milano e con gli stand nei festival. Una, due, tre volte. Senza pagare. E questo sarebbe il motivo per cui le famose 24 spine cambiavano sempre birrificio di riferimento. “Gli ho dato un sacco di soldi in 18 anni di di lavoro e nel caso ho rateizzato perché ero in difficoltà, non certo per fare il furbo, comunque ora solo a un paio devo dare ancora qualcosa” dice Polli. Nel mondo della birra può capitare di litigare anche per i fusti dei vuoti a rendere. Perché invece che essere restituiti ai fornitori, finivano nel birrificio in Valtellina di sua proprietà. Un’altra “furbata” di piccolo cabotaggio per risparmiare qualche soldo secondo chi lo accusa. Lui ribatte punto su punto: “Non ero io a ritirare i fusti, mi capitava che li portassero via a me ed io a loro”
Ma la vita sregolata di Paolo Polli non finisce qui. È stato un fiume in piena, spesso a causa di donne e passioni smisurate. Il locale a Fuerteventura, alle Canarie? “Mi ero innamorato follemente e ho seguito questa ragazza”, racconta, “ma non si può vendere birra a un euro come funziona lì, ci ho pure guadagnato qualcosa rivendendolo alla fine ma a questi non interessava nulla della birra artigianale, volevano solo surfare e ubriacarsi”. Per sei mesi sparisce in Canada e di quell’esperienza si sa poco. Le donne sono una costante dei casini in cui si viene a trovare. Se ne trova traccia nel suo blog personale, non aggiornato dal 2012, dove racconta un’esistenza degna di Forrest Gump. Dentro c’è un racconto della sua vita in dieci puntate narrato con una prosa avvincente. Parabola dell’imprenditore self made che prima di fare successo lavora come umile tassista, ballerino di Flamenco, piano bar (ricorda qualcuno?) e un’epopea che per i suoi ex dipendenti diventa un modo di animare le serate post lavoro con grasse risate: a 19 anni scappa dal servizio di leva per inseguire il suo grande amore e rischia il processo per diserzione. Poi fa il tassista e mentre guida per Milano conosce una modella cubana con cui si trasferisce all’Avana dove apre il suo primo fortunato locale grazie all’appoggio del padre di lei, colonnello di Fidel Castro. Pur simpatizzando apertamente per la destra italiana, il modello socialista cubano non gli dispiace: “Lo stato paga l’affitto del posto e lo stipendio del personale in cambio della metà dei guadagni”. Perché andarsene da questo paradiso castrista allora? “I problemi nacquero quando la mia gelosissima morosa cominciò a picchiare tutte le ragazze che mi si avvicinavano (ero un bell’uomo del resto, non potevo farci niente!) tanto che mi rese impossibile continuare a stare lì”. Si trasferiscono a Saint Vincent dove il futuro proprietario dei BQ si guadagna da vivere come giocatore d’azzardo professionista. Ma è lì, fra i casinò e la roulette, che alla giovane modella cubana gelosa viene impartita una lezione. Lei lo schiaffeggia in pubblico e gli distrugge le camicie di Versace e “io le diedi… diciamo una leggera spinta con la mano chiusa in un occhio che la fece volare in un angolo della stanza (io, che sono contrario alla violenza). Mi riempii le tasche di soldi e partii per Milano. Mi giunse voce che lei mi cercava per tutta la Costa Azzurra in taxi”. Ora che è candidato a sindaco di Milano la donna non avrà problemi a rintracciarlo. Polli, un’ultima domanda: ne vale la pena? “Guardi io avevo la mia enoteca, il Decanter, e guadagnavo seimila euro al mese personalmente. Tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per amore di questo settore e alla fine tutti mi sono venuti dietro”.