A novembre del 2022 la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di persone, un traguardo demografico impressionante, nel bene e nel male. Se da un lato, come si legge nell’introduzione dell’ultimo rapporto dell’UNFPA, il fondo dell’Onu per le politiche demografiche, questo potrebbe apparire come un “segnale che le persone vivono di più, sono più sane e godono di diritti e libertà di scelta come mai prima nella storia dell’ umanità”, dall’altro i dati disaggregati ci raccontano una storia diversa.
Demografia è destino
E mentre il dibattito pubblico finisce talvolta per polarizzarsi tra chi sostiene che siamo troppi e chi invece troppo pochi, le condizioni ideali per poter creare davvero un futuro giusto e sostenibile escono dall’inquadratura.
Secondo l’UNFPA, rispondere all’incertezza dovuta al cambiamento climatico, alle pandemie e alle guerre continuando a concentrarsi ossessivamente sulle dinamiche demografiche come se fossero l’unico problema (e l’unica soluzione) sul piatto finisce solo per distrarci da problemi più seri, ma risolvibili.
Questo naturalmente non significa che gli indicatori demografici non contino nulla. Al contrario il numero di abitanti del pianeta ha impatti rilevanti sulle relazioni sociali, culturali, economiche e politiche e sul livello di consumo delle risorse; ma il report dell’UNFPA invita provocatoriamente e chiederci se ci stiamo facendo davvero le domande giuste.
Donne e politiche demografiche
Forse il punto non è se siamo troppi o troppo pochi, se è giusto che la popolazione mondiale stia aumentando o se dovrebbe invece diminuire o crescere più lentamente. Forse, per poter prevedere e immaginare un futuro migliore per l’umanità dovremmo iniziare a domandarci come vive chi su questa terra c’è già. I diritti e le libertà sono garantiti per tutti e per tutte? Ciascuno può davvero scegliere il proprio destino?
Di fronte agli scenari catastrofici che ci vengono quotidianamente proposti queste potrebbero sembrare domande vezzose, se non addirittura inutili ma in realtà sono fondamentali per poter disegnare delle politiche demografiche efficienti. Quello che troppo spesso nel discorso pubblico viene taciuto è che alla base di un aumento o diminuzione della popolazione, e dunque delle nascite, c’è, o meglio dovrebbe esserci, la libera scelta delle donne di mettere al mondo figli, o di non farlo.
Donne, i diritti riproduttivi sono diritti umani
A trent’anni dalla Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo che si tenne al Cairo nel 1994, dove venne sancito che i diritti riproduttivi erano diritti umani, lo scenario che ci presentano i dati è ancora scoraggiante.
Secondo l’UNFPA ben il 44% delle donne che si trovano in una relazione di coppia non ha la possibilità di decidere autonomamente sul proprio corpo e sulla la propria salute sessuale, non può scegliere liberamente se e quando avere figli né se assumere o meno un anticoncezionale. Il risultato è che circa la metà di tutte le gravidanze che si verificano nel mondo sono involontarie e molte di queste coinvolgono donne povere, giovani e marginalizzate.
Nei paesi a basso e medio reddito la maggior parte delle donne dichiara di avere più figli di quelli che avrebbe voluto.
Sempre in questi paesi circa un terzo delle donne diventa madre nell’adolescenza e il 43% delle adolescenti tra i 15 e i 19 dichiara che vorrebbe evitare una gravidanza ma che non ha accesso ai contraccettivi. Globalmente questa percentuale si attesta sul 24%.
Costringere le donne ad avere più figli di quelli che vorrebbero, negando l’accesso all’aborto o alla contraccezione, non è comunque il solo modo per negare i diritti riproduttivi.
Anche non avere tanti figli quanti se ne vorrebbero è una limitazione alla libertà di scelta. Un minor livello di natalità, infatti, non significa necessariamente che le donne non vogliano avere figli, ma potrebbe essere dovuto a barriere pratiche come l’incertezza e l’instabilità economica, la mancanza di servizi e strutture a supporto della genitorialità o l’impossibilità di conciliare la maternità con il lavoro. Oppure a problemi di infertilità per i quali non si trovano cure accessibili ed economiche.
Il nodo natalità
Tutti temi generalmente esclusi dal dibattito pubblico a favore dell’incremento della natalità, che preferisce concentrarsi su soluzioni a breve termine come dimostrano le recenti e fantasiose iniziative di alcuni paesi asiatici che vanno da app di incontri pubbliche destinate solo a desidera sposarsi, a premi in denaro a chi decida di sottoporsi a un’operazione per annullare la vasectomia e la legatura delle tube fino a speed dating e incontri romantici organizzati dal governo.
E se questi espedienti potranno sembrarci buffi, o magari eccessivi, basterà ricordarsi di come invece i partiti della destra nazionalista europea cerchino di stimolare i livelli di natalità spacciando la riproduzione come un dovere patriottico e facendo leva sulla paura di un presunto “cambio demografico” causato dall’ immigrazione.
Donne e riproduzione
Quale che sia la strategia scelta dai governi, che serva per limitare la natalità o per farla aumentare, ad andarci di mezzo sono sempre i diritti riproduttivi e la libertà di scelta delle persone, e non è un caso che secondo quanto emerge dal report i Paesi con un miglior indice di parità di genere siano anche quelli che non hanno politiche di natalità attive.
La paura per la crescita o il declino dei tassi demografici, avverte l’UNFPA, non deve distogliere l’attenzione dal fatto che la condizione più importante per creare un mondo giusto e sostenibile è il rispetto dei diritti umani, dei quali il diritto di poter decidere liberamente e responsabilmente se, quando e quanti figli avere e il diritto di disporre delle giuste informazioni e dei mezzi per farlo sono parte imprescindibile.
“Progettare politiche demografiche senza interrogarsi su cosa vogliono le persone per i loro corpi e il loro punto manca l’obiettivo centrale” si legge nel report. “Perché la popolazione mondiale stia bene e sia in grado di partecipare al meglio alla società, creando innovazione e migliorando la vita sul pianeta è necessario che tutte e tutti possano godere appieno dei propri diritti e della libertà di scelta”.