Perché questo articolo potrebbe interessarti? Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina l’Italia ha sempre sostenuto la causa di Kiev. Prima con il governo Draghi poi con l’esecutivo Meloni. Ecco come e perché la posizione di Roma non è mai cambiata.
Aiuti umanitari, assistenza militare, sanzioni alla Russia. Nel corso dell’ultimo anno il sostegno dell’Italia all’Ucraina si è mosso lungo tre direttive parallele. Prima di tutto è importante sottolineare come Roma abbia fin da subito condannato l’offensiva russa, schierandosi contro Mosca e nell’alveo dell’Alleanza Atlantica.
Giorgia Meloni ha mantenuto, anzi rafforzato, la postura imbastita dall’esecutivo guidato da Mario Draghi. Ha speso parole e tweet di vicinanza nei confronti di Volodymyr Zelensky. Lo ha incontrato prima a Bruxelles e poi direttamente a Kiev. Last but not least, gli ha promesso che l’Italia resterà al fianco degli ucraini fino alla fine.
Le sanzioni contro la Russia
Il primo pilastro dell’azione italiana a sostegno dell’Ucraina coincide con l’adesione alle sanzioni economiche contro Mosca. Stati Uniti, Unione Europea e altri partner del blocco occidentale hanno cercato di sanzionare la Russia nel tentativo di fiaccare il suo sistema economico.
Anche se fin qui i risultati sono stati oggettivamente inferiori ai proclami, il governo italiano ha risposto presente. C’è comunque da dire che l’esposizione dell’Italia sul mercato russo era piuttosto limitata. Basti pensare che nel 2021 l’export italiano in Russia ha toccato i 7,6 miliardi di euro, e cioè l’1,5% delle esportazioni complessive.
I contraccolpi, semmai, si sono avuti dallo stop delle importazioni russe formate per lo più da gas e petrolio. Non è un caso che l’Italia abbia dovuto cercare in fretta e furia partner energetici alternativi al Cremlino, non sempre con risultati soddisfacenti.
Aiuti umanitari e assistenza militare
Il primo pacchetto di aiuti all’Ucraina dell’Italia risale allo scorso 28 febbraio, quattro giorni dopo l’inizio delle ostilità. Secondo i dati del Kiel Institute for the World Economy, nei primi quattro mesi di guerra Roma ha inviato a Kiev aiuti per 482 milioni di euro. Nello specifico, 310 milioni di supporto finanziario, 150 milioni di assistenza militare e 22 milioni di apporto umanitario.
Il governo italiano ha spedito kit medici, tende da campo e strumenti funzionali ai tipi di assistenza elencati. Impossibile essere più precisi visto che il governo Draghi ha apposto il segreto di stato sui decreti inerenti all’invio di armi all’Ucraina. Detto altrimenti, il contenuto è stato comunicato solo al Copasir.
In ogni caso, ai numeri elencati, ci sono da aggiungere 390 milioni di aiuti militari finanziati dallo European Peace Facility, uno strumento creato dall’Ue per garantire un maggiore coordinamento tra le industrie delle varie difese nazionali.
Il peso del contributo dell’Italia
Il confronto con gli altri Paesi ridimensiona però il contributo italiano. Prendiamo la Germania e il Canada: Berlino ha inviato a Kiev aiuti di diversa natura per un totale di 5,45 miliardi di dollari mentre Ottawa per 3,79 miliardi. Il contributo italiano alla causa ucraina non può minimamente competere con cifre del genere.
Fino al 15 gennaio 2023, sempre secondo i dati del Kiel Institute for the World Economy, Roma ha messo sul piatto 0,66 miliardi di dollari di assistenza militare, 0,05 miliardi di aiuti umanitari e 0,31 miliardi di aiuti finanziari.
Dal punto di vista militare, è possibile mettere insieme le varie indiscrezioni uscite sulla stampa per capire quali tipo di armamenti l’Italia ha spedito agli ucraini. Si parla, ad esempio, di munizioni di diverso calibro, mitragliatrici MG, lanciarazzi Milan, mortai da 120mm, artiglieria Fh70. E ancora: mezzi Lince, semoventi Pzh2000 e, inoltre, un’unità del sistema terra-aria SAMP-T di concerto con la Francia. Oltre a pezzi di artiglieria pesante, gruppi elettrogeni e carri di movimento. Aiuti senz’altro utilissimi ma niente che possa alterare gli equilibri del conflitto.
In ultima battuta l’Italia potrebbe rafforzare il suo contributo sul fianco orientale della Nato. Roma guida infatti il battlegroup formato in Bulgaria e disponde le proprie forze nello spazio di terra compreso tra la Lettonia e il Mar Nero.