Perché può interessarti questo articolo? Paolo Cento, volto storico dell’ecologismo, è uno dei fondatori della lista Polo progressista alle Regionali nel Lazio. A True-news.it racconta come si svilupperà il progetto al fianco di Giuseppe Conte. Lancia un avvertimento al Pd: «Finita l’epoca in cui decideva tutto sulle alleanze», anche se lascia aperta la porta al dialogo: «Serve una coalizione per contendere il Paese alle destre»
Più che voto utile, quello ad Alessio D’Amato sarebbe voto per “l’inciucio”, perché dice le stesse cose di Rocca. Paolo Cento, ex deputato e storico volto dell’ecologismo, è uno degli animatori della lista Polo progressista alle Regionali nel Lazio. Sulla scelta non manifesta titubanze: “Diamo voce agli elettori di sinistra che hanno scelto Conte”, puntualizzando che “non vogliamo entrare nel Movimento 5 Stelle“. Per il futuro avvisa il Pd: “Non ci sono sudditi, ma alleati”. E rilancia un modello di governo: «Solo il Conte bis può contendere il Paese alla destra».
Esponenti del mondo progressista ed ecologista hanno scelto di sostenere il Movimento 5 Stelle nel Lazio. Dopo il voto ritenete davvero possibile riprendere un dialogo?
Andiamo con ordine per ricostruire le ragioni di questo percorso. Dal 22 ottobre, dopo un’assemblea nazionale a cui ha partecipato Giuseppe Conte, abbiamo deciso di costruire un progetto politico, chiamato Coordinamento 2050. Abbiamo richiamato la data presente nel simbolo del M5S con il nuovo corso di Conte. È una decisione che nasce da una presa d’atto: il voto per le Politiche ha detto che non devono esserci più alleanze sotto la centralità del Pd. Pensiamo che ci sia bisogno di una sinistra moderna, che raccolga il consenso degli elettori di sinistra che si sono riconosciuti nella leadership di Conte.
È il primo passo di un nuovo partito nazionale?
Il Polo progressista è una proposta per le Regionali nel Lazio ed è primo embrione di un ragionamento nazionale, che avrà un seguito. Il campo largo per contendere il Paese alle destre non può essere più monolitico con il Pd che se la suona e se la canta. Ogni voto al Polo progressista facilita un’alleanza futura.
Non è più logico entrare nel Movimento 5 Stelle?
Conserveremo uno spazio autonomo. Non è utile entrare nel M5S, è necessario costruire un polo progressista ed ecologista, alleato del Movimento.
Ce n’è davvero bisogno?
Lo facciamo per dare voce e casa ai delusi del centrosinistra e lo facciamo in modo chiaro e limpido con Conte. L’esperienza del governo giallorosso, chiusa frettolosamente per le manovre di Renzi e di parte del Pd, va riproposta.
Qual è la risposta all’appello al voto utile lanciato dal centrosinistra che sostiene la candidatura di D’Amato?
Bisogna ricostruire le ragioni per cui non c’è l’alleanza nella Regione Lazio. Il Pd si è allineato alla candidatura alla presidenza di D’Amato, rompendo in maniera unilaterale un tavolo a cui partecipavamo sia noi che i 5 Stelle. È stato subito un diktat fatto da Calenda. C’è poi un altro tema: la decisione di costruire a Roma un inceneritore. È il Pd che ha seguito una strategia solitaria. Il voto utile lo ha sprecato proprio il Partito democratico.
Quindi cade il senso del voto utile?
Il voto a D’Amato non è un voto utile, ma a favore di un inciucio. Sulle questioni fondamentali, penso al termovalorizzatore, all’autostrada Roma-Latina e la sanità, centrodestra e Pd con gli alleati sono molto vicini.
Allora Rocca e D’Amato pari sono?
Non sono la stessa cosa, sarebbe una forzatura. Ma sui nodi politici di questa campagna elettorale dicono la stessa cosa, giusto con qualche distinguo. Nemmeno troppi. Perciò il voto utile è quello della coerenza e del rispetto dei contenuti. Le persone, che sono già lontane dalla politica, chiedono il rispetto delle promesse. Non serve fare confusione, altrimenti non vanno a votare.
Torniamo al punto di partenza. Il Pd non vi rispetta, alcuni hanno scelto di lasciare il centrosinistra. Come si sanano tutte queste divisioni, prodotte anche sul piano personale, se davvero l’intenzione è un’alleanza larga dopo il voto?
Non c’è alcun elemento personale. Io stimo D’Amato, ho fatto con lui un’esperienza in consiglio regionale. Non c’è astio, ma solo una considerazione politica: ha sbagliato a farsi candidare da Calenda. Siamo, però, convinti che vada ricostruita un’alleanza. Molto dipenderà da come andrà il congresso del Pd. A patto che capisca un fatto: ci si siede intorno al tavolo da pari. È finita l’epoca in cui il Partito democratico è il perno della coalizione e decide cosa fare con gli altri alleati.
L’alleanza dipende da chi vincerà il congresso, dunque. Più facile dialogare con Schlein rispetto a Bonaccini?
Entrambe sono persone intelligenti e giocano la partita per la leadership con lo scopo di vincere le prossime elezioni. Sono consapevoli che occorre un’alleanza. Il punto è capire quale sarà il loro approccio nel confronto. Partiamo da un punto: Non si possono avere dei sudditi, ma degli alleati.
Nella coalizione è immaginabile la presenza del terzo polo?
Deve scegliere da che parte stare. Spesso sembra più vicino al centrodestra che al centrosinistra. Anche per questo motivo non abbiamo compreso la ragione per cui il Pd ha scelto D’Amato per accettare la proposta unilaterale avanzata di Renzi e Calenda.