di Sara Greta Passarin
Grillini laziali in Giunta con il centrosinistra, il patto è (quasi) fatto. Si aspetta solo il via libera di Rousseau (scontato) ma i vertici di M5S e Pd hanno ormai raggiunto un accordo. La direzione regionale del Pd del Lazio, a larga maggioranza, ha infatti dato il suo ok all’alleanza giallorosa regionale. L’esperienza a cui si guarda, naturalmente, è quella del Governo Conte II e Nicola Zingaretti, segretario del Pd e presidente della Regione Lazio, é il principale sponsor dell’operazione. Agli esponenti grillini, secondo gli ultimi rumors, sarebbero destinati due assessorati: uno potrebbe essere quello alla transizione ecologica (allargando le deleghe dell’assessorato all’ambiente) e l’altro quello che raggruppa le competenze di turismo ed enti locali. Una discussione iniziata anche perché Alessandra Sartore, ex assessora al bilancio del Lazio, é stata nominata sottosegretaria con Draghi e ha lasciato una casella libera. Difficile però che il Pd possa cedere la delega al bilancio, più facile che possa arrivare in quella casella un tecnico d’area gradito ad entrambi i partiti.
Un modo per tenere in piedi, dopo la caduta del governo giallorosso, un’alleanza ogni giorno più traballante. E poco importa se, agli occhi degli elettori, potrebbe sembrare in Regione Lazio una fusione a freddo.
Quel che è certo è che, tra le candidate ad entrare in Giunta, c’è la “Faraona” Roberta Lombardi: pioniera del patto giallorosso (anche quando nessuno ci credeva) e capogruppo del M5S in Regione, potrebbe avere l’assessorato alla transizione ecologica. L’altra grillina destinata ad entrare in Giunta, ancora una volta donna, è la fedelissima di Di Maio, Valentina Corrado. Un modo come un altro, per l’ex leader, di tenere un occhio vigile anche sugli affari regionali.
Sacrificare Roma per Napoli?
L’alleanza in Regione Lazio però, secondo le malelingue, avrebbe anche un altro obiettivo: scalzare Virginia Raggi dalla corsa a sindaco di Roma. Con questa offerta dalle parti del Nazareno, non se ne fa mistero, si spera di persuadere i cinque stelle a più miti consigli sulla Capitale. Ufficialmente questa versione è smentita (“quanto accade in Regione Lazio non ha a che vedere con accordi comunali“, ha fatto sapere proprio Zingaretti) ma in fondo in fondo la speranza c’è. Con la vecchia regola che in politica non muore mai: noi concediamo qualcosa qua, voi cedete qualcosina di là.
Un’impresa che se a prima vista pare difficile (specie dopo che Beppe Grillo ha blindato Raggi con un tweet) non è affatto impossibile. A molti campani del Movimento, a cominciare da Di Maio e Fico, non dispiacerebbe sacrificare Roma per avere un proprio sindaco a Napoli. E di certo il sacrificio di Raggi non dispiacerebbe a Roberta Lombardi, da sempre nemica di Raggi, che a Roma spinge per un candidato condiviso con il Pd. Una riflessione nei Cinque Stelle, a questo riguardo, è in corso da mesi e non è nemmeno più un segreto. La stessa Raggi per ufficializzare la candidatura, temendo di essere fatta fuori da “giochini politici”, ha chiesto ai vertici un voto su Rousseau tra gli iscritti. Ma un passo di lato della sindaca della Capitale, dalla base in primo luogo, non sarebbe per nulla ben visto. Motivo per cui in casa grillina il dossier è scottante e ci si muove con i piedi di piombo.
Malpancisti nel Pd
Acque agitate in realtà, specie nell’ultimo mese, si registrano anche all’interno del Pd dove sono in corso riposizionamenti e lotte sotterranee. Molte delle quali sfociano nella richiesta di un nuovo congresso entro l’anno. L’area dei Giovani Turchi del partito guidata da Matteo Orfini per esempio (ostile ai grillini e al progetto del segretario del Pd) ritiene l’ingresso in Giunta dei Cinque Stelle un errore politico (ancor più in assenza di un accordo su Roma). Poi c’è l’area moderata-riformista di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che nel partito ha un certo peso, che ritiene l’ingresso dei grillini del Lazio in Giunta “sbagliato nei tempi e nei modi”. La soluzione? Guardare al centro per un rilancio del partito. Inoltre, come se non bastasse, a storcere il naso nel Pd c’è anche quello che, venendo da lontano, viene chiamato il “Partito dei sindaci”. Giorgio Gori e Dario Nardella, esponenti più in vista di questa linea, ritengono che ciò che Conte ha rappresentato ormai appartenga al passato e che sia necessario guardare al futuro. Pensiero in larga parte condiviso anche da ex renziani come Andrea Marcucci, oggi capogruppo del Pd al Senato. Non un buon inizio per ricomporre l’alleanza giallorossa.