Marco Lupis, scrittore, giornalista e corrispondente di guerra, da sempre impegnato nei teatri più caldi dello spazio terracqueo mondiale, ci regala quest’ultima fatica letteraria, in cui riversa un lavoro certosino, di minuziosa e lodevole analisi sulla politica estera cinese.
Il testo, “Ombre cinesi sull’Italia”, edito dalla casa editrice Rubbettino, ripercorre la politica estera cinese alla luce delle raffinate strategie geopolitiche messe in campo e dei significativi interessi economici e politici per il nostro Paese, che progressivamente hanno reso manifesto, delineandolo in tutta la sua portata, un piano di penetrazione ben orchestrato; un piano che coinvolge tutti i settori nevralgici del Bel Paese.
La Cina e la sua strategia
L’autore è un profondo conoscitore dell’Asia che, in quanto tale, vanta dalla sua parte l’indispensabile “esperienza sul campo”, atta a discernere una seria e rigorosa analisi che, via via, assume le caratteristiche di una pesante denuncia delle modalità, tipicamente asiatiche e, perciò, silenziose, di conquista dell’Italia, con l’incauto e cieco operato dei principali protagonisti dei governi italiani dell’ultimo decennio.
«Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità», con questa frase, tratta da “L’arte della guerra” di Sun Tzu, quasi a mo’ di indispensabile iniziazione del lettore a categorie mentali e culturali profondamente diverse da quelle occidentali, si apre una lunga e serrata disamina degli ultimi anni – anni decisivi –, che mettono a nudo le dinamiche di un’inarrestabile e sempre più imponente penetrazione cinese.
A cosa punta Partito Comunista Cinese
Lo scenario emergente e, al contempo, decisamente allarmante riguarda il raffinato impianto cinese, il quale al suo vertice registra la presenza dell’onnipresente e vecchio Partito Comunista Cinese (PCC) che, facendo leva su una serie molto articolata e quasi interminabile di sottostrutture e ramificazioni, estende silentemente i “suoi tentacoli” sui settori più importanti (informazione, economia, comunicazioni, cultura, politica, ecc.) dell’Italia e delle principali realtà europee.
Un esempio su tutti: la denuncia dei processi che hanno caratterizzato l’ambizioso progetto della “Nuova Via della Seta”; processi sbandierati in pompa magna come fondamentale avanzamento nelle possibilità di esportazione di beni e prodotti italiani in Cina, ma che, in realtà, hanno finito per favorire e incrementare, causando l’ennesima invasione, le importazioni di beni “Made in China”, danneggiando ulteriormente la fragile economia italiana e rivelandosi, nel complesso, il classico “cavallo di Troia”.
Lupis: “Interscambio verso la Cina è rimasto molto basso”
Come scrive Lupis: «I politici dell’epoca […] strombazzarono ai 4 venti la cosa come una grande opportunità per il nostro Paese, fulcro di straordinari scambi commerciali con Pechino, evocando immagini di enormi quantità di merci italiane che viaggiavano verso la Cina per renderci tutti ricchi e felici. La realtà si è rivelata ben diversa […] è risultato ormai chiaro a tutti, dati alla mano, che la tratta ferroviaria tanto esaltata si è rivelata nient’altro se non un’altra astuta furbata dei cinesi per invadere ulteriormente i nostri mercati europei e italiano con le loro merci, mentre il volume dell’interscambio di beni italiani verso la Cina è rimasto molto basso».
Il testo evidenzia, quindi, un’indagine giornalistica fedelmente ancorata a una lettura di eventi, dati e informazioni scevra di inquinamenti ideologici e, in quanto tale, testimone di un interessante e, a tratti, avvincente pagina di giornalismo d’inchiesta. A emergere è, soprattutto, il “modus operandi” del Partito Comunista Cinese, il quale, incurante, fuori dalla Cina, di bandiere e colori politici, tende a fagocitare, attraverso un’efficientissima e complessa rete di elementi, personaggi, società, club sportivi, ecc., coinvolgendo i rappresentanti dei principali partiti politici italiani, allettati dalle straordinarie possibilità di fortuna che il Dragone attualmente offre. Così si scopre, a voler avanzare un esempio, che diversi personaggi della politica, del mondo della finanza, del giornalismo, dell’imprenditoria non sono affatto sordi al dolce richiamo orientale, mettendo a disposizione di Pechino informazioni cruciali per l’inarrestabile opera di infiltrazione rossa.
La penetrazione raffinata di Pechino
La filosofia del Dragone si regge sul concetto del “Wu Wei”, concetto non propriamente traducibile nella lingua italiana e, in generale, nelle lingue occidentali, che, tuttavia, si potrebbe rendere con l’idea della “non azione”, ovvero “lasciare fare ad altri ciò che è utile a noi”. Il che rende manifesta, in tutta la sua importanza, la differenza tra le modalità operative occidentali e quelle cinesi.
«Ma facendo il salto dal piccolo al grande, dalla galassia quasi infinita dei negozi cinesi alle grandi aziende italiane, in queste ultime quello dei capitali e degli investitori cinesi – ormai da molti anni – ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio arrembaggio».
(Marco Lupis)
Ovviamente, dinamiche di penetrazione così raffinate non possono fare a meno di un apparato propagandistico tanto efficiente quanto silente. Di qui il ricorso alle potentissime “armi ibride” del nostro tempo: le “fake news”.
Lupis racconta l’uso cinese delle fake news
L’indagine condotta da Marco Lupis, infatti, smaschera anche una precisa linea politica che, fedele ai vecchi principi del “socialismo reale” dei vari regimi comunisti novecenteschi, ha nella macchina della propaganda e nella fabbrica di “fake news” uno dei suoi punti di forza. Pertanto, il regime di Pechino assume anche le sembianze di una gigantesca macchina di “fake news” che, attraverso la solita fittissima e quasi impenetrabile tela cinese, si diffondono a livello planetario, interessando, dunque, anche l’Italia. Proprio la fitta rete di “fake news”, che si avvale di mezzi tecnologici sempre più avanzati, si rivela fondamentale ai fini della propaganda antioccidentale, della politica di assoggettamento della minoranza Uiguri, del rafforzamento politico di Pechino a Hong Kong e a Taiwan.
Un delicato scenario geopolitico
«La verità è che la Cina ha sviluppato da tempo una sofisticata rete di agenti e collaboratori che usano anche la tecnologia dell’intelligenza artificiale per creare e diffondere notizie false, manipolate o tendenziose, con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica, danneggiare i rivali geopolitici o promuovere gli interessi del Partito Comunista Cinese».
Il quadro delineato da Marco Lupis restituisce al lettore uno scenario geopolitico decisamente delicato e amaro dove la Cina – è inutile ribadirlo – occupa un ruolo centrale e, di conseguenza, tra “soft” e “sharp power”, rappresenta l’incognita e la sfida più grandi, nel prossimo futuro, per l’Italia e per tutto l’Occidente; un’incognita e una sfida che non contemplano, però, ai fini di una piena comprensione delle stesse, categorie logico-razionali occidentali, giacché, fondamentalmente, si tratta – riprendendo e rovesciando l’espressione cinese – di provare a «misurare l’oceano con un guscio d’ostrica».