“La destra si batte dando risposte al disagio“. Anche il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, all’indomani del primo turno delle elezioni francesi, riconosce allo schieramento a lui avverso – per parafrasare il primo leader del Pd, Walter Veltroni – un’attenzione rispetto alla questione sociale. Salvo poi correggere il tiro nell’intervista concessa a Repubblica: “Con i populisti all’Eliseo l’Europa va in frantumi“.
Un lupo che non sbrana
Il segretario dem non sembra essersi accorto di come da anni i governi di destra sono nettamente la maggioranza in un Vecchio continente che – nonostante gli Orban e Johnson di oggi e i Berlusconi e Aznar di ieri – non sembra ancora essersi liquefatto.
Da anni a ridosso di qualsivoglia elezione – e ultimamente non sono poche – che preveda candidati di destra, si sente ripetere il mantra che allarma sul pericolo di una deriva a cui aggiungere la dicitura “populista”, “fascista” o “reazionaria”. Al lupo, al lupo! Peccato che il lupo sia già al governo nella stragrande maggioranza dei casi e non abbia ancora sbranato l’Europa.
La sinistra in Europa governa solo in 7 paesi su 30
Uno sguardo alla cartina politica del continente può illuminare su quanto la destra governista sia una realtà – spaventosa a dirsi, ma all’atto pratico non così distruttiva. Su 30 paesi – i 27 dell’Unione europea, più Svizzera, Regno Unito e Svezia – la sinistra è al governo solamente in 7 stati: Spagna, Portogallo, Malta, Svezia, Danimarca, Finlandia e da fine 2021 in Germania. Nei restanti 23 paesi – oltre i due terzi del campione – l’Europa è governata da diverse sfumature di destra.
Dopo buone affermazioni tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 hanno portato la sinistra a ottimi affermazioni elettorali – su tutte nelle elezioni federali tedesche di ottobre 2021 che hanno portato il socialdemocratico Olaf Scholz al cancellierato e in Portogallo dove il socialista António Costa è stato ampiamente rieletto – il nuovo anno è iniziato sotto differenti presagi.
Un pessimo inizio di 2022
Il 2022 non è iniziato sotto i migliori auspici per la sinistra europea. Se da un lato c’è stata l’affermazione del socialismo iberico in Portogallo, hanno fatto da contraltare i trionfi all’estremo opposto del continente di Viktor Orban in Ungheria – eletto con oltre il 50% delle preferenze per un quarto mandato – e di Aleksandar Vučić in Serbia – che non rientra nella lista di 30 paesi sopra menzionati, ma è pur sempre un governo conservatore alle porte dell’Ue.
Poi è arrivato il voto in Francia che nelle prossime due settimane vedrà affrontarsi Emmanuel Macron e Marine Le Pen: destra liberale contro destra radicale a contendersi l’Eliseo, come era già accaduto cinque anni fa. Dal voto del 2017 il nostro continente ha conosciuto cinque anni difficili, ma non sembra essere crollato, nonostante la stragrande maggioranza dei governi sia stata orientata verso destra. A partire dall’Italia, che col primo governo di Giuseppe Conte ha forse trovato nei gialloverdi una delle maggioranze, se non proprio la più destrorsa della storia della Repubblica.
Uno sguardo al 2023
Francia 2022, Italia 2023. Parlare a suocera perché nuora intenda, anche se forse abbiamo capito poco. La Francia trattiene il fiato per un voto che in molti vedono come ago della bilancia per gli equilibri politici europei. A partire dai partiti nostrani, che sono già passati all’incasso: tra chi come Enrico Letta vuole vedere Macron come argine al populismo e chi, come Lega e Fratelli d’Italia, cercano convergenze parallele con il sovranismo di Le Pen. L’esito delle urne transalpine potrebbe garantire nuovi scenari per il governo di Mario Draghi, a una anno dal voto e con i sondaggi che eleggono quello di Giorgia Meloni primo partito in Italia.
Eppure, gli scenari dopo la tornata elettorale tra il 2022 e il 2023 – che turbano gli animi di politici e opinionisti progressisti – non invertiranno i rapporti di forze in Europa, dove i governi di destra resteranno la maggioranza, anche perdendo tutte le elezioni.
Da qui al voto in Italia nella primavera della prossima primavera il nostro continente conoscerà cinque tornate elettorali: in Slovenia il 24 aprile, in Svezia l’11 settembre, in Lettonia il 1° ottobre e in Bosnia e Erzegovina il giorno successivo. Anche ipotizzando un cappotto delle sinistre – che porterebbe il risultato sul 12 a 18 – in Europa continuerà a spirare il vento della destra, come ha sempre fatto negli ultimi decenni. Letta potrebbe non essersene accorto, ma nel continente da tempo governa la destra, e l’Europa non sembra ancora essere andato in frantumi.