Perché leggere questo articolo? Zaia, Fedriga e tutti i colonnelli della Lega stanno affermando che non voteranno Vannacci. Ma così facendo non fanno che avvalorare la strategia di Salvini. Con il generale vuole pescare voti fuori dal bacino della Lega, specie in FdI. Meloni infatti teme. Se poi funzionerà, è da vedere, ma all’orizzonte non si vedono piani B per la Lega.
“Chi è lo re?” ripete più volte Diego Abatantuono nel corso di Attila – Flagello di Dio. La pellicola cult del trash italiano anni Ottanta ci permette di scomodare uno dei paragoni più sprecati della politica italiana: quello tra la Lega (un tempo Nord, ora Salvini Premier) e i barbari. Per carità, con le invasioni negli anni addietro il Carroccio ci ha giocato, sfruttandole pure in campagna elettorale. In questi giorni di commento alle liste per le Europee che portano a dispute storico-ideologiche sulla primigenia natura della Lega, però, questo meraviglioso b-movie ci permette di entrare molto nel concreto dentro le cose del Carroccio. Gli equilibri interni alla Lega, infatti, si regolano con pratiche molto simili all’ordalia. Sarà difficile porre fine al regno di Salvini.
Lega contro Lega, chi sfida Salvini all’ordalia?
La Lega è una creatura strana. Il più vecchio partito a resistere in Parlamento (dopo la Südtiroler Volkspartei) ha negli anni più volte cambiato pelle. Ha un forte radicamento alla base militante e all’ideologia, ma resta un partito verticistico. Nella Lega è il Segretario che comanda, per sostituirlo va disarcionato. Come nelle ordalie medievali: gli antichi duelli con cui i popoli germanici risolvevano le controversie.
Gli altri partiti fanno primarie, congressi o si affidano ai sondaggi. Il Carroccio no: è il partito del leader, fino a quando il segretario non viene sfidato alla prova del fuoco da un contendente. Il punto è proprio che all’orizzonte non si intravedono ancora sfidanti che lancino il guanto verso Salvini. Le bagarre interna al partito in questi giorni di Europee lo conferma. Molti notabili del partito – da Zaia a Fedriga, passando per Fontana e Centinaio – criticano Salvini, nessuno ha ancora osato sfidarlo per la segreteria.
E se Salvini avesse ragione con Vannacci?
Per assurdo, il motivo stesso della contesa interna al partito potrebbe dare ragione al segretario. Almeno su un punto. Le reazioni interne mai viste (almeno dai tempi della crisi più acuta della gestione Bossi) alla candidatura del generale Vannacci convalidano un aspetto della scelta di Salvini. Vannacci è un corpo estraneo alla Lega con cui pescare voti fuori dal tradizionale bacino elettorale leghista.
Quella di Salvini è una scommessa, una grossa ipoteca sul suo futuro politico. Al segretario leghista va però dato atto di una cosa: è un giocatore. Non si è tirato indietro rispetto alla regola prima del grande gioco della politica: per vincere bisogna prendere i voti. Può sembrare scontato, ma in Italia non lo è. Basti guardare agli accrocchi post-voto o alle ratio dietro le alleanze più improponibili degli ultimi anni. Un’altra giocatrice politica è Giorgia Meloni, che in breve ha conquistato voti dal 4 al 27 per cento. E infatti prende sul serio la candidatura di Vannacci con la Lega. Lo dimostrano gli attacchi contro il generale dei sui due “colonnelli” per eccellenza, Crosetto e La Russa, che con lei hanno fondato Fdi e che si sono scagliati contro il generalissimo a più riprese.
Al momento esiste solo la Lega di Salvini
Mai come in questo momento la segreteria di Matteo Salvini è in bilico. Una debacle elettorale alle Europee, però, potrebbe non bastare a mettere la parola “fine”. Tra il vacillare e il crollare però manca un dettaglio, non da poco. Serve un contendente. Al momento, nella Lega non esistono sfidanti. Zaia, Fedriga, Fontana e gli altri si sono limitati a esprimere perplessità, contestare. Per far terminare la segretaria Salvini, però, bisogna usurparla. Serve un atto conclamato di forza, una dichiarazione di sfida aperta. All’orda di polemiche non ha ancora fatto seguito l’ordalia.