di Sara Greta Passarin e Francesco Floris
Cinquecentotrentacinque (535) voti favorevoli alla Camera, 262 al Senato. Ora non ci sono più scuse: quale occasione migliore per approvare le leggi di iniziativa popolare? Ora i numeri in Parlamento ci sono, e pure molto ampi. Già, perché le leggi popolari, queste sconosciute, sono considerate da decenni l’ultima ruota del carro, utili allorquando portano avanti temi sentiti dai partiti. Qualche esempio? Le leggi popolari in tema di legittima difesa e di insegnamento dell’educazione civica nelle scuole; le uniche due che, ad oggi, hanno avuto l’ok dal Parlamento (entrambe nell’esperienza del Conte I). Poi più nulla, il buio totale. “Ovvio, nell’ultimo anno c’è stato il Coronavirus”, è la classica obiezione. Ma siamo sicuri che, anche per uscire dalla pandemia, le proposte popolari siano così inutili o poco valide?
Le proposte “dal basso”? Stipendi manager, gioco d’azzardo e false coop
Rispondere negativamente a questa domanda è facile, basta uno sguardo sulle leggi ferme. Una di queste chiede al Parlamento – argomento più che mai attuale – di limitare gli stipendi ai top manager di società di capitali a titolo di retribuzione e di bonus. Con la crisi economica attuale, e la fatica quotidiana delle imprese a tirare avanti, chi mai sarebbe in disaccordo? Così come sta prendendo polvere la legge che chiede di introdurre il divieto del gioco d’azzardo. Questo perché, come si legge nella premessa della proposta, il gioco d’azzardo “ha raggiunto costi sociali e personali insopportabili, compresa la rovina di tante persone fino al suicidio”. Un tema che la società civile ha parecchio a cuore, visto che un’altra proposta popolare – nei cassetti dal 2014 – chiede un riordino delle norme vigenti sul gioco d’azzardo. Impantanata è anche la legge per il contrasto alle false cooperative e quella intitolata “per un fisco più equo e giusto” che punta ad un riordino del sistema fiscale. Senza dimenticare la spinta a rivoluzionare lo statuto dei lavoratori (la proposta risale al 2016).
Cannabis, rifiuti zero, eutanasia. I numeri ci sono
Ma alle leggi di stampo fiscale ed economico se ne aggiungono altre di stampo ambientalista, sociale ed etico ormai messe alla porta e congelate. Da settembre 2013, per dirne una, giace in parlamento la proposta popolare “legge rifiuti zero”. Solo nel giugno 2018 è stata assegnata alla commissione ambiente della Camera, ma il dibattito non ha fatto passi avanti. Molto più divisiva è invece la proposta, risalente al 2016, che punta alla regolamentazione della cannabis. Una legge che tra le altre cose, se approvata, porterebbe nelle casse dello stato quasi un miliardo di euro di introiti (che potrebbero essere reinvestiti in agricoltura o distribuiti ai cittadini in difficoltà). Da destra a sinistra, europeisti e sovranisti anche nell’opinione pubblica, c’è poi chi chiede misure a sostegno dei disoccupati e dell’uscita anticipata dal lavoro o chi sollecita il referendum abrogativo per le leggi tributarie e la ratifica dei trattati internazionali. In ultimo c’è un altro dibattito che, su spinta popolare, è entrato nelle aule parlamentari: la richiesta di legalizzare l’eutanasia. Un argomento che tocca nel profondo la sensibilità personale dei parlamentari e su cui trovare un accordo risulta parecchio difficile. Ma è pur vero che fuori dai palazzi, nella vita quotidiana, i malati che ogni giorno soffrono aspettano una risposta dalla politica. La maggioranza del governo Draghi è larga, e comprende al suo interno tutti i partiti tranne FdI. Ostacoli numerici non ce ne sono. Sarà forse la volta buona?