Perchè leggere questo articolo? Il professor Leonida Miglio, già presidente di PoliS Lombardia e figlio di Gianfranco, ideologo della Lega Nord, solleva interrogativi cruciali riguardo alla governance centralizzata del Pnrr. Ai microfoni di True-News.it, sottolinea invece l’importanza di concedere maggior spazio alle autonomie regionali.
“Come può un Pnrr governato centralmente produrre risultati concreti nei tempi previsti?”. A chiederselo è Leonida Miglio, già presidente di PoliS Lombardia ed esperto di politiche attuative. Ma non di politica, quella la lascia al padre Gianfranco, politologo ideatore della Lega Nord. Miglio, oggi professore di Fisica della Materia presso l’Università di Milano-Bicocca, solleva dubbi sull’efficacia di una governance centralizzata. Per lui, è invece necessario raggiungere un “autonomia concertata”, che ammetta una non divisiva ma opportuna declinazione regionale e territoriale al fine di raggiungere gli obiettivi del Pnrr.
La mancata concertazione tra Stato ed enti territoriali mina l’autonomia
Il tema, dunque, è la necessità di concedere maggiore spazio alle autonomie e al regionalismo differenziato, fondamentali per centrare e concretizzare gli obiettivi del Pnrr adattandoli alle specifiche esigenze dei territori. Ma nel contesto italiano, come ricordato dal professor Miglio, “non esiste una sede di concertazione tra Stato ed enti territoriali con poteri decisionali e normativi. Che assicuri una cooperazione efficace e necessaria per implementare qualsiasi politica di autonomia.”
Miglio auspica una maggiore attenzione da parte dei partiti politici verso una declinazione regionale non divisiva, mirata a soddisfare le specifiche esigenze dei territori. Perché “l’autonomia non è una bandiera in cui avvolgersi per sancire la propria individualità. Ma una opportunità di sperimentare i percorsi più consoni alle diverse condizioni delle regioni e dei comuni, per raggiungere obiettivi che siano i medesimi. Soprattutto quelli del Pnrr”.
Attraverso un approccio più flessibile e sperimentale, ispirato alla legge regionale della Lombardia del 2015. Quella, cioè, che ha permesso una sperimentazione temporanea dell’organizzazione territoriale nella sanità. “Un modello sicuramente da migliorare, visto che i problemi di principio e di attuazione non sono mancati, ma senz’altro utile a capire cosa funziona e cosa no per raggiungere le modifiche istituzionali necessarie ad una ‘autonomia concertata’”.
E il federalismo? Miglio: “Grande assente”
Secondo il “liberal senza alcuna affiliazione di partito o movimento” – come Miglio stesso si definisce – il federalismo attualmente non c’è, né a destra né a sinistra. “I pezzi di Paese che hanno sovranità non intendono cederla. Ad eccezione di un po’ di federalismo che i Comuni potrebbero esercitare sulle città metropolitane”.
Miglio prosegue: “Attualmente si parla più di autonomia, ovvero il processo per cui, in sostanza, una Regione decide per conto suo. Bisognerà vedere come le regioni gestiranno l’autonomia differenziata. Ma finora i segnali non sono meravigliosi”. E poi affonda una stoccata al panorama politico italiano: “Quando si parte dai principi generali, è complicato passare poi alla pratica. La politica balbetta un po’, anche perchè la maggior parte di chi la fa non ha mai lavorato in vita sua. Quindi, chiaramente, ha qualche difficoltà a organizzare il lavoro degli altri”.
Sanità, serve un approccio sperimentale
I poteri in mano alle Regioni sono limitati ad alcune materie. Tra cui la sanità, settore d’interesse e d’azione per Miglio, che in qualità di presidente di PoliS – Istituto regionale per il supporto alle politiche della Lombardia – si è occupato della formazione dei medici di base e dell’affiancamento all’assessorato alla sanità. “E’ stata fatta la legge sanitaria regionale ma abbiamo visto che non ha funzionato. A mio avviso, andrebbe cambiata la filosofia che dovrebbe essere “sperimentativa”. Va bene mettere insieme case della salute e medici di base, ma poi bisogna dar loro risorse. Difficile affermare quale possa essere la ricetta giusta. Sicuramente è positivo che, col cambio generazionale, i nuovi giovani medici siano disponibili ad essere equivalenti di piccoli poli di riferimento sul territorio per i propri pazienti. Facendo più i dottori e meno i burocrati”.
Parlando di autonomia, “è necessario migliorare anche in linea sperimentale la parte pratica sulle politiche possibili, come i servizi ai cittadini. Mi piacerebbe che ci fossero 5 o 6 regioni, ognuna delle quali scegliesse una sperimentazione sanitaria più in linea con le sue corde. Per vedere dopo qualche anno quale sia la ricetta che funziona meglio. Questo però ha pochissima colorazione politica. Non ha nessuna bandiera entro cui avvolgersi”.
Miglio: “Sulla pandemia non è giusto sentenziare”
Sulla gestione della pandemia di Regione Lombardia Miglio esita. “Qualsiasi cosa si dica è sbagliata. E’ stata una prima volta per tutti. Ognuno a livello regionale ha pagaiato al meglio delle sue possibilità, non avendo esperienza e ricevendo opinioni mediche contrastanti. Non è giusto sentenziare come i vecchietti davanti ai cantieri. Penso che, inclusi errori commessi senza colpe dirette, ognuno abbia agito in base alle proprie conoscenze e risorse disponibili”. Riguardo alle inchieste sul governatore Fontana, Miglio prende le distanze. “Importa più quello che si riesce a fare. Mettere in croce Fontana lo ritengo abbastanza sbagliato”.