Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi di annunci, fake news e comparsate mediatiche, il movimento NoVax è irrotto prepotentemente sulla scena.
La manifestazione dello scorso 9 ottobre ha messo in luce la potenzialità non solo complottistiche, ma anche eversive dei vaccino-scettici e i legami del movimento con frange estremiste neofasciste.
Il professor Andrea Molle – docente di Scienze Politiche alla Chapman University di Orange, California, esperto del panorama dei movimenti complottisti internazionali e coautore di una pubblicazione sulle minacce economico-industriali legate al movimento No-Vax per l’Osservatorio per la Sicurezza del Sistema Industriale Strategico Nazionale (OSSISNa) prova a far luce sull’ideologia, le tattiche, i legami e le minacce apportate dal movimento NoVax al nostro paese
Professor Molle, i NoVax rappresentano una minaccia?
Dipende prima di tutto da cosa vogliamo intendere per “minaccia”. Se intendiamo un rallentamento diretto della campagna vaccinale o delle altre misure di contenimento della pandemia, credo che ormai i giochi siano fatti e l’azione dei NoVax sia più rivolta ad ottenere attenzione mediatica. Se invece intendiamo una minaccia per il sistema industriale, le filiere farmaceutiche, l’ordine pubblico e la stabilità politica, c’è la possibilità concreta che il movimento possa incidere dannosamente anche in futuro: il movimento NoVax non inizia, e certamente non finirà, con il COVID19. Con una precisazione: non possiamo certo parlare di tutto il movimento NoVax come minaccia, ma dobbiamo preoccuparci di una minoranza che sta crescendo al suo interno. Una minoranza che, peraltro, è composta da individui che operano all’interno di un circuito più ampio di organizzazioni estremiste e con obiettivi che non si limitano alle vaccinazioni. Insomma, la maggioranza di chi protesta contro i vaccini, per paura o per ignoranza, non ha in mente di fomentare un’insurrezione. Con questi il dialogo è ancora possibile.
Come si riuniscono, coordinano e chi comanda i manifestanti in piazza?
Non è un movimento verticale con una precisa catena di comando e una struttura organizzativa capillare, ma una rete complessa di gruppi e organizzazioni, più o meno strutturate e diversamente politicizzate. Anche per questo è facile per movimenti maggiormente organizzati, come Forza Nuova o i Centri Sociali torinesi, infiltrarsi al loro interno e prenderne le redini, anche solo temporaneamente. Quello NoVax è un movimento che nasce in rete e si sviluppa per contagio, attraverso reticoli sociali amicali e familiari. Si ritrova fisicamente unito, in occasione di manifestazioni di piazza come quella di Roma, ma rimane distinto al suo interno in cellule più o meno autonome che, sebbene si identifichino nella stessa retorica, hanno una diversa composizione sociale e strategie spesso divergenti.
Ad esempio?
Non possiamo certo pensare che le cosiddette mamme #novax condividano gli stessi interessi di IoApro. Ovviamente ciò fa sì che gli equilibri di potere, e dunque le catene di comando, siano molto fluide. Da un lato abbiamo inoltre diverse personalità, o influencer, italiane e internazionali che producono gran parte dei contenuti e direzionano l’agenda del movimento. Si tratta di individui ai margini della comunità scientifica, come di personalità dello spettacolo più o meno decadute e politici in cerca di visibilità a basso costo. Dall’altra però, nelle manifestazioni, il movimento si affida per forza di cose a gruppi che hanno già maturato un’esperienza nel campo della logistica della mobilitazione di piazza. Nel caso di Roma è stata Forza Nuova, con l’appoggio di altri gruppi, a gestire la manifestazione mentre nel caso di Torino e Milano sono stati i Centri Sociali coadiuvati da diversi gruppi anarchici.
Come ha fatto l’estrema destra a inserirsi in maniera dominante nella rete no vax?
La storia dell’estrema destra, ma anche dell’estrema sinistra, non è nuova a questo genere di contaminazioni. È un mondo versatile e veloce nel riadattare la propria identità alle esigenze populiste, in particolare quando il messaggio si sovrappone ad una critica al capitalismo e all’attuale sistema multilaterale, cooperativo, delle relazioni internazionali. Si è recentemente evoluto nel solco dell’esperienza americana della cosiddetta “new right” lanciata da Richard Viguerie, uno dei pionieri della propaganda politica, e poi ulteriormente sviluppata da Steve Bannon, già stratega politico di Donald Trump, vedeva già nei movimenti anti-sistema la testa di ponte per accelerare il collasso delle istituzioni politiche ed economiche contemporanee, al fine di rifondare la società dalle sue fondamenta. Non a caso, molti movimenti di estrema destra italiana hanno contatti, più o meno ufficiali, con movimenti suprematisti e neonazisti statunitensi. Un fenomeno agevolato dallo stesso Bannon. Esistono sicuramente una stretta comunicazione e una strategia comune tra movimenti di estrema destra e con il mondo cospirazionista. È anche ragionevole assumere che vi siano obiettivi comuni e che grazie a loro operi l’interferenza di governi ostili e gruppi interessati a destabilizzare i governi occidentali e la cooperazione internazionale. Basta guardare ai nomi delle persone coinvolte, alle aziende informatiche che ospitano i messaggi e alle fonti di finanziamento.
Quali movimenti ci sono dietro la galassia eterogenea degli scettici verso li vaccino?
Qui il discorso allarga la cornice di riferimento contemporaneamente al mondo tradizionale dello scetticismo verso i vaccini e alla nuova ondata di complottismo, sulla falsariga del movimento americano QAnon. L’elenco è davvero molto lungo, ma al di là delle sigle va tenuto conto che il NoVax serve oggi come cavallo di Troia per un discorso più ampio di critica alla società e di sua destabilizzazione. E come tale è diventato un punto nevralgico nella strategia di reclutamento e azione di molti movimenti anti-establishment.
I gilet gialli possono essere il modello di riferimento per le modalità di protesta, da un punto di vista tecnico dello stare in piazza, per i no vax?
Sicuramente il modello e l’esperienza maturata dai Gillet Gialli, che agiscono da quasi 3 anni in Francia, può portare un contributo in termini operativi. Ma si tratta di un’organizzazione che, per quando attiva nel paese transalpino, non ha attecchito molto in Italia. Sicuramente quindi nel caso della Francia possiamo dire che il complottismo alla QAnon è penetrato e si è avvalso delle strutture dei Gilets jaunes, ma nel caso dell’Italia non è avvenuto così. Uno dei nodi di ingresso di QAnon è stato invece l’insieme dei cosiddetti gruppi “contro Bibbiano” che ha dipinto la politica come un mondo fatto di “manipolatori” e “pedofili” adottando diversi tropi della narrazione complottista d’oltreoceano. In Germania invece il complottismo è passato – oltre che dai partiti di estrema destra – spesso anche attraverso il movimento ecologista, mentre in Inghilterra ha aiutato la vittoria della Brexit.
Esiste una rete internazionale di movimenti che fomentano il complottismo?
Non esiste un coordinamento stretto e verticistico dotato di strutture di comando internazionali. Ma esiste, unitamente alla narrazione condivisa almeno nei sui elementi principali (ad esempio l’esistenza di una cabala di “poteri forti”), una fitta rete di rapporti internazionali tra queste organizzazioni che agiscono in contesti sociali diversi. Le similitudini sono in parte dovute all’intenso scambio di informazioni, reso possibile dalle moderne tecnologie comunicative, così come da processi di “selezione naturale”, e cioè che queste “cellule” locali tendono ad adottare le strategie che risultano più efficaci. Un po’ come succede nel jihadismo.