Perché potrebbe interessarti? Gregorio De Falco, ex senatore del Movimento 5 Stelle, parla dei continui cambiamenti della forza politica che lo fece eleggere in Parlamento, espellendolo dopo pochi mesi. «Ci spingevano all’isolamento», dice nell’intervista a True-news.it. Con un giudizio tranchant anche sul nuovo corso di Giuseppe Conte e sul ripensamento in materia di autonomia differenziata.
Un “bluff”. Questo è il giudizio sul Movimento 5 Stelle che consegna nell’intervista a Truenews.it Gregorio De Falco, ex senatore eletto proprio con i pentastellati nella scorsa legislatura. “Ci sono stati solo escamotage per ottenere un grande consenso», dice parlando del M5S e senza mostrare grande apprezzamento nemmeno per la linea di Giuseppe Conte: “Pensano solo al regolamento», vedendo “opportunismo elettorale”. Un esempio? “I governi Conte avevano l’autonomia differenziata nel programma”.
Il Movimento 5 Stelle ha rivisto ancora le proprie regole interne. Pensa sia un passo in avanti o meno?
Da sempre i 5 Stelle sono impegnati a cambiare il loro regolamento. E pensare che loro erano per il non regolamento, il non statuto, il non partito. Ma si capisce che era solo un bluff. E dico purtroppo, perché ci siamo caduti in tanti.
A volte le viene da pensare “però noi ci avevamo visto giusto”?
Era chiaro fin dall’inizio, quando siamo stati espulsi. Dal punto di vista formale, avrebbero avuto ragione loro, spingendo all’isolamento del deputato o del senatore all’interno della Camera di appartenenza crea un depotenziamento del ruolo parlamentare. Viene resa vana ogni forma di resistenza, di tentativo di esercitare il mandato.
Ma almeno apprezza lo spostamento su una linea più progressista voluta da Giuseppe Conte?
La linea è marcatamente opportunista. Non è opportunismo nemmeno più politico, ma solo elettorale. Si va alla ricerca del consenso.
Ritiene possibile che ci possano essere futuri riposizionamenti del Movimento 5 Stelle?
Per le Regionali no, ormai il dado è tratto. Continuerà ad avere una propria visibilità, ma senza poter modificare il quadro politico. Faccio un esempio: i governi Conte hanno sempre messo l’autonomia differenziata tra i punti di programma, nonostante non fosse un elemento qualificante della strategia politica del Movimento 5 Stelle. Lo inserirono come parte del programma di governo con la Lega, ma oggi si oppongono. Aggiungo: finalmente. E giustamente. Perché sarebbe un cambiamento disastroso per il sistema politico e istituzionale italiano.
Anche questo è opportunismo?
Lo è adesso, ma come lo era quando si fece il governo con la Lega. All’epoca non si spiega nemmeno che la riforma non era all’ordine del giorno.
Ha citato le Regionali, cosa immagina che possa accadere dopo il voto in Lombardia e nel Lazio?
Passata la tornata elettorale, viene meno il motivo per cercare la propria visibilità. È possibile un riavvicinamento delle forze di opposizione al governo Meloni. La immagino come una presa di atto della sconfitta che verrà.
Quindi si torna al campo largo?
È plausibile, ma non scontato. Ci sono vari fattori da considerare. Ricordo che sia dalla parte del Pd che dei 5 Stelle non c’è mai stata una coerenza nell’azione politica. Penso agli appelli alla Costituzione. Il Movimento aveva aperto all’autonomia differenziata, ma il centrosinistra – nel 2001 – ha cambiato il Titolo V della Costituzione, andando contro il dettato della prima parte della Carta. Quella riforma è in contrasto con i primi articoli, la parte fondamentale della Costituzionale. Non è un elemento secondario. E tornando ai 5 Stelle vorrei aggiungere una riflessione.
Quale?
Non si batteranno mai per dare voce e libertà ai rappresentanti degli elettori. Il Movimento ha concorso alle modifiche del regolamento al Senato che va in tutt’altra direzione. Sembra un tema secondario, ma è centrale nella vita istituzionale della Repubblica. È una violazione della Costituzione che non può essere posta come problema a nessuno, se non alle Camere stesse. Questo priva gli eletti di qualsiasi velleità di rappresentanza. L’espulsione dal gruppo parlamentare cancella la possibilità, anche di dote economica, per portare avanti il mandato.
Di fronte a questi comportamenti, cosa pensa del Movimento 5 Stelle, avendolo visto da vicino?
Ha rappresentato un disagio verso la politica, nei confronti degli sprechi. È il motivo per cui con tanti altri ci abbiamo creduto. Sembrava essere il punto di svolta con i cittadini che si mobilitavano per interessarsi della vita politica. Invece ci sono stati solo escamotage per ottenere un grande consenso e senza alcun riferimento a valori etici di cui pure si parlava. C’erano delle idee e non un’ideologia. E anche il progetto della democrazia diretta sui singoli temi ha dimostrato di non essere applicabile. Per quello i padri costituenti non vollero il mandato imperativo.
Alla fine era davvero solo anti-politica?
È una definizione sbrigativa, che non coglie la complessità. Il punto è che è stata forgiata una considerazione negativa delle Camere. I 5 Stelle, in particolare, hanno raffigurato in maniera negativa delle assemblee, che invece sono chiamate a rappresentare i cittadini. Il disprezzo ha colpito gli eletti, non chi esercita il potere esecutivo. La campagna per il taglio dei parlamentari ha fatto risparmiare una cinquantina di milioni di euro ed è andata, per loro, a buon fine. Ma non ha certo migliorato la qualità della democrazia.