Age verification per accedere a siti per adulti o dedicati al gioco d’azzardo: i giovani troveranno il modo di aggirare l’ostacolo. I “boomer” sono condannati
L’age verification sembra prendere sempre più piede: la necessità di verificare l’età degli utenti per accedere a siti porno o gioco d’azzardo sembra essere una priorità che non si può più ignorare. Considerata quindi la possibilità di inserire il proprio spid o la carta d’identità ad ogni sessione di utilizzo dei siti vietati ai minori. Ma queste soluzioni sono reali o servono solo a dare l’impressione che si stia facendo qualcosa per impedire ai più giovani di collegarsi a Pornhub? Personalmente non pensavo che l’onanismo collettivo fosse un problema delle Stato.
Ma allora da gennaio si dovrà usare lo SPID per accedere ai siti pornografici? Non esattamente eh.
La notizia, che ha iniziato a circolare negli ultimi giorni, deriva dall’approvazione da parte dell’Agcom dello schema di regolamento che stabilisce le modalità per verificare l’età degli internauti. Il tutto rientra nella Age Verification, ovvero l’obbligo per le piattaforme online di impedire l’accesso a contenuti non adatti ai minori, introdotto dal decreto Caivano per i contenuti di intrattenimento per adulti. Insomma quelli un po’ zozzi. Tutto pur di non introdurre l’educazione sessuale nelle scuole eh.
Se la verifica dell’età appare la soluzione migliore
Si è parlato di soluzioni come la scansione della carta d’identità, il controllo incrociato con i database dell’anagrafe, il riscontro con le carte di credito e persino la verifica tramite numero di cellulare. Tuttavia, molte di queste opzioni presentano grossi problemi di privacy, tecnologia e sono un po’ macchinose. Così, la soluzione promossa dalle linee guida Agcom, approvate il 7 ottobre e ora in attesa del via libera da Bruxelles, è quella della verifica dell’età effettuata da un ente terzo.
In sintesi, per garantire la riservatezza, l’Agcom prevede un sistema di “doppio anonimato”, in cui i fornitori di contenuti non possono sapere per quale servizio viene eseguita la verifica dell’età, né possono associare due prove di maggiore età alla stessa persona. Il sistema prevede l’intervento di soggetti terzi indipendenti e certificati, che verificano l’età degli utenti tramite un processo in due fasi: identificazione e autenticazione. Ogni sessione (e ribadisco, ogni sessione) di utilizzo del servizio richiede dunque questo doppio passaggio per l’accesso ai contenuti regolamentati, come appunto, quelli “osè”. Tradotto in parole povere: ogni volta che uno o una ha un istinto porcino sarà costretto a prendere la carta d’identità per poterlo soddisfare. Mi permetto di essere perplessa. A questo punto, viene spontaneo chiedersi: è davvero una soluzione efficace? O si tratta semplicemente di far vedere che qualcosa si sta facendo?
I giovani aggireranno i blocchi. I boomer, invece…
Le misure di controllo potrebbero rendere l’accesso ai contenuti vietati più complesso per alcuni, ma è surreale pensare che i nativi digitali, cresciuti a beveroni proteici e tecnologia, non conoscano l’uso delle VPN o non sappiano come aggirare questi blocchi. Chiunque abbia un minimo di conoscenze tecnologiche può facilmente usare strumenti che offrono l’anonimato, come VPN, TOR o il deep web, rendendo di fatto inutile ogni tentativo di blocco su siti come Telegram, Discord o altre piattaforme.
L’unica vera conseguenza di queste nuove regole sarà probabilmente la corsa allo SPID da parte di chi non ha mai sentito parlare di VPN: i cosiddetti “boomer”. Loro saranno coloro che, non volendo rimanere fuori, si adegueranno alla burocrazia del sistema, mentre i più giovani, già avvezzi a internet, continueranno a fare ciò che hanno sempre fatto, aggirando i blocchi senza la benché minima difficoltà. A questo punto però viene spontaneo chiedersi: perché non esigere la stessa verifica dell’identità anche per i social network? Piattaforme come Facebook o Instagram sono da sempre terreno fertile per shitstorm, hate speech e simil risse condominiali ma digital; eppure non si vedono proposte altrettanto stringenti per l’accesso a questi spazi virtuali. È qui che si esprime la vera contraddizione. Si vuole proteggere i minori dai contenuti espliciti dei siti pornografici, ma si tollerano comportamenti tossici sui social, dove bullismo, minacce e diffamazioni spesso passano inosservati o restano impuniti.
Chiedere un’identificazione obbligatoria per accedere ai social, allo stesso modo di quanto si prevede per i contenuti a luci rosse, potrebbe contribuire a ridurre l’anonimato dannoso, responsabilizzare gli utenti e trasformare in vapore acqueo i cosiddetti leoni da tastiera. Già me li vedo, in un angolo a miagolare. Ho il sospetto che anche a questo giro le aspettative per creare un mondo virtuale più sano, verranno malamente deluse.