Per parlare di noi parliamo di Germania. Oggi Roberto Giardina, su Italia Oggi, fa un interessante pezzo dedicato al giornalismo in terra teutonica. Giardina è corrispondente a Berlino, dove ha l’ufficio nell’ex cucina del suo appartamento, e lavora da solo. Racconta, Roberto Giardina, che secondo i tedeschi il mestiere del giornalista arriva al 15esimo posto, dopo pure gli spazzini, i poliziotti e i postini. Le motivazioni sul fatto che il cronista è un lavoro poco ambito sono semplici: si scrive troppo in fretta e si teme di essere licenziati. E siamo in Germania, dove il sistema era già più stabile rispetto a noi tradizionalmente.
Quanto guadagna un giornalista in Germania?
Quanto guadagna un giornalista in Germania? Al primo impiego 32mila euro. In Italia meno, ma anche la vita costa molto meno. Insomma, il giornalista non guadagna più come un tempo, neanche lontanamente. Ma perché il mestiere è così caduto in basso? Di certo è la conseguenza di come vengono realizzate le notizie, sempre più velocemente, e con sempre meno libertà. I tedeschi, dice Giardina, hanno sempre meno fiducia nei giornali. In particolare negli ultimi anni ha pesato l’autocensura rispetto alle aggressioni di duemila arabi alle donne nel capodanno del 2015. Per cinque giorni i giornali tennero nascosta la notizia e adesso i tedeschi non si fidano.
Il giornalista non lo vuol più fare nessuno
Dunque, riassumendo: il giornalista non lo vuol più fare nessuno perché va bene i film, ma ormai i giovani sanno che fare i giornalisti vuol dire di fatto mettersi a impaginare notizie di agenzia una dopo l’altra. I lettori non comprano più i giornali perché si sono accorti che nascondono le notizie – in questo caso perché politically correct – e quindi non si fidano. Risultato: calano le copie, e i giornalisti vengono licenziati e sempre meno persone vogliono fare i giornalisti. Sarebbe pure una buona notizia, forse, perché si riequilibrerebbe un mondo in cui purtroppo l’offerta di lavoro a basso prezzo era di molto superiore alla domanda. Ma è in gioco la democrazia. E tutto quello che è stato scritto per la Germania, è bene precisarlo, si può ripetere paro paro per l’Italia e il nostro sistema editoriale.