“Un califfo senza califfato”. Questo ossimoro rappresenta probabilmente la descrizione più sintetica e allo stesso tempo più efficace di Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, il leader succeduto ad Abu Bakr al-Baghdadi alla guida dello Stato Islamico (IS) e ucciso in Siria dalle forze americane nella notte fra il 2 e il 3 febbraio. Il paradosso del “capo senza base” è stato formulato da Feras Kilani, corrispondente per la sezione in arabo della Bbc, che in un articolo per la rivista New Lines Magazine – datato aprile 2021 – tentava di spiegare chi fosse effettivamente il “secondo califfo” dell’IS, una figura la cui morte – oggi – pone serie domande sulla successione e sul futuro dell’organizzazione.
Al-Qurayshi: sulla sua morte molte più informazioni che sulla sua vita
Si potrebbe arrivare a dire che si sanno molti più dettagli sulla morte di Al-Qurayshi che sulla sua vita. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha spiegato che “le forze americane nel nord-ovest della Siria hanno condotto con successo un’operazione antiterrorismo per proteggere il popolo americano e i nostri alleati e rendere il mondo un posto più sicuro”. Soldati statunitensi, trasportati in elicottero, hanno circondato e fatto irruzione in un’abitazione nella località siriana di Atmeh, che si trova nel governatorato di Idlib e a pochi chilometri dal confine con la Turchia, in un’operazione costata la vita in tutto a 13 persone (fra cui quattro donne e sei bambini). “Grazie all’abilità e al coraggio delle nostre forze armate, abbiamo eliminato dal campo di battaglia Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, il leader dello Stato islamico”, ha spiegato il presidente americano.
Al-Qurayshi: l’IS sconfitto non ha cessato di esistere
La definizione di “califfo senza califfato” sta ad indicare il fatto che Al-Qurayshi si è ritrovato al vertice dell’IS nel momento in cui l’organizzazione aveva ormai perso la sua forma statuale e territoriale, dopo le pesanti sconfitte a opera delle Sdf curdo-arabe e della Coalizione internazionale a guida americana. Simbolicamente, infatti, si fa risalire la “sconfitta” dello Stato islamico con la caduta di Baghouz, ultima roccaforte nell’est siriano, capitolata a marzo 2019. Da allora, tuttavia, l’Is non ha improvvisamente cessato di esistere. Al contrario, il gruppo si è riorganizzato tornando ad una fase cellulare e nascosta.
Al-Baghdadi e il processo di designazione del suo successore
Al-Baghdadi – spiega Kilani – sapeva che il momento della sconfitta sul campo sarebbe arrivato e per questo aveva preso accordi in coordinamento con il suo aspirante successore, Abdullah Qardash, che in molti definivano più estremista del suo superiore. Pochi mesi dopo la sconfitta a Baghouz – come molti ricorderanno – Al-Baghdadi è apparso in un video girato in un luogo sconosciuto, che in seguito si è rivelato essere la sua residenza a Idlib. Veniva ritratto seduto per terrà, in atteggiamento e vestiario marziale, con la barba ormai canuta e dipinta di henné. Si ritiene che Qardash fosse una delle tre persone apparse nello stesso video con i volti celati dai pixel. Il 7 agosto 2019 – ricorda ancora il pezzo di New Lines – dall’Iraq sono emerse voci secondo cui Al-Baghdadi avrebbe nominato Qardash come suo successore. Due mesi dopo – il 27 ottobre 2019 – Al-Baghdadi è stato ucciso in un’operazione statunitense nella campagna di Idlib e la Shura – l’assemblea dei vertici – ha designato Abu Ibrahim al-Hashimi Al-Qurayshi come suo successore. Nei mesi successivi è stato appurato che quel nome corrispondeva alla persona di Amir Mohammed Abdul Rahman al-Mawli al-Salbi.
Vale la pena sottolineare che i “nomi di battaglia” scelti dai protagonisti della vicenda sono tutt’altro che casuali. Lo stesso Al-Baghdadi – al secolo Ibrahim Awad Ali al-Badri al-Samarrai – si è autoproclamato califfo prendendo a prestito il nome di Abu Bakr (immediato successore del profeta Muhammad e primo dei califfi cosiddetti “ben guidati”) e l’epiteto territoriale dal nome della capitale irachena Baghdad. Il successore, liquidato dagli americani non lontano dal primo leader dell’IS, ha scelto invece elementi ancora più radicati nell’ideologia salafita e richiami profondissimi alla vita del profeta. Al-Hashimi, infatti, è un riferimento al clan hashimita, derivante dal nome di Hashim Ibn Abd Al-Manaf (bisnonno del profeta), mentre Al-Qurayshi è una denominazione che richiama addirittura la tribù di Muhammad (i Quraysh, di cui gli Hashimiti erano un clan).
Le ultime ore di Al-Qurayshi
Dalle scarse informazioni disponibili su Ibrahim Al-Hashimi Al-Qurayshi è possibile desumere che sia nato ad ottobre del 1976 a Tal Afar, in Iraq, e che sia morto, quindi, sulla soglia dei 46 anni. L’operazione che ha portato alla sua morte contiene aspetti, in un certo senso, controversi. Solitamente, infatti, obiettivi delle organizzazioni terroristiche in Medio Oriente vengono colpiti tramite droni, non con operazioni di terra come quella condotta ad Atmeh dalle forze speciali americane. Inoltre, come evidenziano le immagini diffuse dalle fonti sul campo, l’abitazione colpita appare sinistrata da forti esplosioni, un fatto che gli americani imputano ad una cintura esplosiva fatta esplodere dallo stesso Al-Qurayshi per non farsi prendere vivo. “Abbiamo preso ogni precauzione possibile per proteggere i civili”, ha spiegato Biden, ma la decisione di al-Qurayshi di farsi saltare in aria ha vanificato gli sforzi.
Chi comanda ora lo Stato Islamico?
Chi comanda ora lo Stato Islamico, e su cosa comanda? “I membri superstiti del consiglio della Shura e del consiglio dei delegati, gli organi esecutivi e direttivi dell’Is, sono braccati e nascosti in varie regioni di Siria e Iraq. Le comunicazioni tra di loro sono lente e avvengono con corrieri”, spiega a True News Matteo Pugliese, associate research fellow dell’Istituto di studi di politica internazionale (Ispi). “Non è detto che Qurayshi abbia avuto il tempo di designare e ‘preparare’ il suo successore come Baghdadi fece con lui. Perciò forse ci vorrà tempo perché una nuova leadership prenda il timone. Ma lui ha dato disposizioni affinché i comandanti locali possano agire in autonomia soprattutto in Iraq e Siria, dove infatti hanno portato a termine operazioni complesse contro le prigioni e contro l’esercito iracheno a Diyala”, argomenta l’esperto.
Gli ambigui rapporti tra Is, Hts e Stati Uniti
La morte del “califfo senza califfato”, infine, offre anche indicazioni potenzialmente importanti sui rapporti fra le varie sigle del mondo jihadista. “E utile notare anche che Qurayshi era ritenuto nascosto al confine fra Siria e Iraq e invece, come Al Baghdadi, si trovava nel territorio di Idlib, controllato da Hayat Tahrir as-Sham (Hts), teoricamente gruppo rivale e figlio di Al Qaeda”, ragiona Pugliese. “E’ un fatto che fa sorgere i dubbi sul ruolo di Hts: o sono incompetenti e hanno permesso agli Usa di uccidere due capi dell’Is o hanno aiutato gli Usa, e allora bisogna chiedersi se lo abbiano fatto in cambio di qualche particolare politica nei confronti del “governo” di Abu Mohammad al-Julani (leader di Hts).