Se il Pd piange, in attesa di un congresso già infiammato dalle polemiche sul voto online, Majorino non ride. Nel momento della candidatura dell’europarlamentare alle regionali in Lombardia, come esponente del centrosinistra, la situazione dalle parti del Pd nazionale non è certo favorevole. Così come nella Milano di Sala. Circostanze che rischiano di remargli contro.
Le vicende dei suoi “compagni”, da Milano a Roma passando per Bruxelles e Strasburgo, sono più una mannaia che una stampella.
Majorino e la mossa di Sala con la Milano a 30km/h
La giunta Beppe Sala ha deciso, proprio ieri, di far muovere Milano a 30 km/h a partire dal 2024. I veicoli, quindi, non potranno superare quel limite di velocità per – ha annunciato la maggioranza di Palazzo Marino – “una città più sicura”. Ma di sicuro ci sono solo le polemiche che montano da ogni parte: da Salvini ai tassisti ai semplici automobilisti. Fino al presidente di Anci. Tutti contro Sala e la città “tartaruga”. Anche, con molta probabilità, gli elettori di centrosinistra che, seppur molto radicati a Milano, potrebbero voltare faccia al Pd il 13 e 14 febbraio. Ipotesi certo, ma i dubbi sono leciti. Come se non bastasse, uscendo da Milano, le cose non vanno certo meglio.
Majorino: il Pd e le polemiche su data congresso e votazioni online
Majorino, che si scontra con l’uscente Fontana e Letizia Moratti, è esponente del Partito Democratico che si appresta al congresso per sostituire Enrico Letta. Un appuntamento che già parte storto. A partire dal caos sulla data delle votazioni: non è certo se mantenerla il 19 febbraio o farla slittare di una settimana, quindi al 26. Il pericolo è che si avvicini troppo alla tornata elettorale Lombarda e nel Lazio, in programma il 13 e 14 febbraio.
Il Pd e i Cinque Stelle: alleati in Lombardia, ai ferri corti nel Lazio
E proprio da Roma arrivano segnali discordanti rispetto alla linea di alleanze del Pd. Che in Lombardia si è unito ai Cinque Stelle, dopo una lunga fase di trattative sui programmi, conclusasi con il placet di Giuseppe Conte e il risicato – in termini di partecipanti – voto della piattaforma pentastellata. Nel Lazio tutto il contrario. I Cinque Stelle hanno sbattuto la porta ai Dem, che candidano Alessio D’Amato in coalizione con il Terzo Polo: “Lo abbiamo detto in modo chiaro e trasparente. Con noi non serviva parlare di poltrone, serviva parlare di programmi, di progetti e dire un chiaro no all’inceneritore. Siamo coerenti con la nostra storia e non possiamo accettare un ambientalismo ad intermittenza in una colazione guidata da chi, come Renzi e Calenda, è già la stampella annunciata di questo governo”, sono le parole del capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri.
Il quadro è confusionario: in Lombardia Majorino parla dell’accordo con il M5S come di “un esperimento per il piano nazionale” ma, a Roma, pentastellati e Dem non vanno proprio d’accordo. D’Amato ha stretto un patto con Calenda e Renzi che, in Lombardia, invece, hanno rifiutato l’appoggio al Pd. Letizia Moratti corre, quindi, da sola. Insomma, una situazione contrastante che rischia di mettere in cattiva luce un Pd che già naviga nell’oscurità.
Majorino, le grane: da Panzeri a Soumahoro
E non solo nei confini italiani. Perchè in Europa, a far perdere credibilità al partito, ci ha pensato Antonio Panzeri, l’europarlamentare coinvolto nello scandalo Qatar Gate. Proprio sugli scranni di Strasburgo, siede anche Majorino. Che, subito dopo l’esplosione del caso, ha invitato il “Pd a riflettere”. Ma forse le vere riflessioni sono nelle menti dell’elettorato di centrosinistra, quasi sicuramente scioccato dai soldi incassati dall’ex sindacalista lombardo. E già tradito dalle mosse di Soumahoro.
Majorino tiene separate le questioni lombarde da quelle nazionali
Ecco perché a Majorino fa gola separare il piano lombardo da quello nazionale. La sua campagna elettorale sta puntando sugli attacchi a Fontana sulla sanità, i trasporti, da Trenord all’aumento dei biglietti di Atm. E poi le polemiche sul confronto a tre, i richiami alla gestione della pandemia. Insomma, il suo messaggio è chiaro: Majo vuole aizzare i lombardi ad abbandonare Fontana. Ma l’elettorato di sinistra, tra una Milano anti-automobilisti e un Pd perso tra polemiche e ricerca di identità, potrebbe preferire la terza opzione, Letizia Moratti.
Sottraendo voti a un Majorino che viaggia con il vento sfavorevole.